1984 vs 2004
Grazia Perrone - 27-09-2004
Non sono affatto sorpresa nell'apprendere (cfr. corsera 25 settembre nota a firma di Beppe Severgnini) che il libro più apprezzato dai ragazzi (e dalle ragazze) sarebbe "1984" di Gerge Orwell.

Non ne sono sorpresa perché Orwell (da sempre) è uno dei miei autori preferiti. E non solo per il, celeberrimo, libro che rappresenta, un po', il compendio, la summa della sua straordinaria esperienza di vita (e di lotta).

Se, con La fattoria degli animali, l'idea di fondo che traspare in tutta l'opera orwelliana è la rappresentazione - in forma allegorica - dei meccanismi che sottendono l'instaurazione della menzogna e della schiavitù in qualsiasi organizzazione gerarchica e autoritaria (anche quella "rivoluzionaria") in 1984 si evidenzia il ruolo (e la funzione) svolta dall'ideologia nella creazione di una falsa coscienza al servizio del potere.

Potere che giustifica di credere in una cosa e nel suo - esatto - contrario secondo i mutevoli rapporti di forza in cui, chi è detentore del potere, viene a trovarsi. Tutto ciò avviene attraverso il controllo mediatico e la manipolazione della verità storica.

In altri termini l'interpretazione della Storia non più come magistra vitae, bensì come ... magistra imperi!.

Ma è un altro il libro di Orwell ad affascinarmi.

Quell'Omaggio alla Catalogna che - fin dalle prime battute - penetra il lettore nel clima emotivo creato dai sentimenti che inondarono Eric (l'io narrante) una volta giunto nella Barcellona rivoluzionaria.

L'atmosfera di solidarietà di quei giorni di luglio, la simpatia, la serenità che tranquillamente circolavano per le strade di una città che - sebbene insorta - era ben lungi dall'esimersi al fuoco franchista.

(,,,)"La città - scrive Orwell - aveva un aspetto disordinato e squallido, strade e palazzi avevano bisogno di riparazioni, le vie, nottetempo, erano oscurate per il pericolo di incursione aeree, i negozi in gran parte miseri e sprovveduti. La carne scarseggiava e il latte era praticamente introvabile, difettavano carbone zucchero e farina e c'era una grande penuria di pane (...) Tuttavia da quello che si poteva giudicare, il popolo era soddisfatto e pieno di speranze. Non c'era disoccupazione e il costo della vita era ancora estremamente basso, si vedevano pochissime persone palesemente ridotte alla vera miseria e non c'erano neppure accattoni, ad eccezione degli zingari. Soprattutto si sentiva nell'aria una gran fiducia nella rivoluzione e nel futuro, l'impressione di essere improvvisamente emersi in un'era di uguaglianza e di libertà .

Ecco. In queste poche righe s'intravede lo "stile" che - in 180 pagine fitte fitte - accompagnerà la descrizione della Catalogna insorta. Nulla è romanzato e non vi sono i buoni.

Né i cattivi.

Certo, Orwell vuole che la rivoluzione sociale vinca sulle truppe franchiste perché è portatrice di uguaglianza e di libertà rispetto alla barbarie del caudillo, ma comprende che gli scarafaggi, i topi, i pidocchi, la morte in combattimento sono elementi comuni ad entrambe le trincee ... pur essendo consapevole che è, indubbiamente, più facile sopportarli quando si sa di dover combattere (e morire!) solo per se stessi e non per instaurare un nuovo potere.

Da questo libro straordinario è stato tratto un film (Tierra y Libertad) che ha avuto scarsa fortuna in Italia mentre in Spagna (quando è stato proiettato) ha suscitato opposte reazioni ... specie quando una parte del pubblico intonava la canzone (inserita nel film) della Colonna Durruti. Una delle ultime formazioni "partigiane" ad accettare la militarizzazione imposta da Mosca attraverso i suoi consiglieri

Unità "partigiana" che fu - quasi totalmente - decimata.

Dai franchisti (prima); dagli stalinisti (dopo).

Ora. questo passato scomodo, ritorna.

Nelle fosse comuni.

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