Politici no: guitti, saltimbanchi, giullari e ciarlatani.
Giuseppe Aragno - 11-09-2004
Il destino dei popoli è talora beffardo. Meniamo vanto per i natali dati a Machiavelli - nasce con lui una scienza della politica autonoma dalla morale - e dobbiamo dolerci per aver messo insieme la peggiore accozzaglia di politicanti che la storia ricordi: mercanti del tempio camuffati da cristiani centristi di destra e di sinistra, che farebbero arrossire persino quell’anima santa di Ignazio da Loyola, e una patacca che si dice destra, riciclata e transfuga, indecorosa e prona dinanzi a padroni indigeni e stranieri, che balbetta di economia, contrabbanda tradizioni golpiste per riforme istituzionali e insegue sogni militari di miserabile grandezza americana. Una patacca che si dice destra, ma non sa chi sia Croce ed avrebbe le vertigini all’altezza di un qualunque Gentile; questa destra di governo che esprime la sua esatta cifra culturale nella doppiezza di Fini, nel rigore orbo di Fisichella e negli sbracamenti di Giuliano Ferrara e copre di vergogna non dico Einaudi, ma il ben più modesto Malagodi. Al confronto, Rudinì e Pelloux acquistano grandezza di statisti.
Il destino dei popoli è davvero beffardo. Ci onoriamo di aver dato i natali ad Antonio Labriola - maestro del pensiero marxista in Europa - e ci troviamo a fare i conti con una sinistra infingarda, senz’anima e dottrina, che naviga a vista, dopo aver venduto per meno del prezzo di Giuda storia e valori agli usurai del capitale.
Sarebbe, questa contraddizione, un banale paradosso - la vita viaggia spesso sui binari del controsenso - se la caduta del muro di Berlino e il collasso del socialismo reale non avessero prodotto la profonda crisi di valori in cui si dibatte il sistema capitalistico. Qualcosa di cui sorridere con un filo di amarezza, se la sofferenza del sistema “vittorioso” non richiedesse un altissimo sforzo di comprensione e strumenti di analisi adeguati. Siamo, invece, al pensiero unico e Marcuse se la ride nel vederlo agire e ragionare il suo “uomo ad una dimensione": lo sentite Casini? Nazionalismo, bolscevismo e terrorismo, tutto sullo stesso piano mette questo genio politico e, novello Vico, alla vigilia del terzo "undici settembre", fonda su un tale principio di unità la sua “scienza nuova” .Anche questo è un paradosso: il sogno socialista è svanito, ma nessuna dottrina ha riempito il vuoto lasciato dal materialismo storico che, di fatto, mentre la vertigine di un abisso sembra ammaliarci, potrebbe essere ancora prezioso strumento di analisi, in grado di sgombrare il campo da chiacchiere e formulette di propagandisti e spostare l'attenzione sulla dolorosa concretezza dei fatti.
Lo so. Ci saranno mille Soloni pronti a contestare e pare di sentirli: il capitalismo non è imploso e non è stato travolto dalle rivoluzioni socialiste! Il socialismo lo abbiamo visto all'opera e te lo raccomando! La sola economia possibile è quella di mercato!
Lo so, sarà facile ridere: le classi non ci sono più, sosterranno i soliti studiosi della società, travestiti da storici. Ma è davvero così? E imprenditori e lavoratori formano un unico ceto sociale? Certo, gli insediamenti industriali sono stati delocalizzati - si sta nei luoghi della disperazione, dove la fame contratta il salario - ma le fabbriche sul pianeta esistono ed esiste una classe operaia.
Il capitalismo e i suoi corollari - imperialismo, colonialismo, sfruttamento e guerra - operano, li vediamo agire, agonizzanti e nello stesso tempo vivi, tenendosi sui binari che gli sono propri: quelli che in buona misura Marx e Lenin individuarono correttamente. Il terrorismo. Diavolo, ma la guerra è terrorismo! Non puoi fare la graduatoria: prima lotta al terrorismo, poi lotta contro la guerra. E' puerile. Peggio: è un sostegno alla barbarie degli aggressori, un sostegno alla guerra. Altro che pacifismo. Occorrerebbe essere netti e partire da un punto irrinunciabile: il rifiuto di prestarsi al gioco della commozione cieca ed unilaterale.
Quello che penso lo dico. Poi si ripristini il Sant'Uffizio e si metta mano al rogo: eretica è da sempre la ragione critica. Per quanto mi riguarda, non chiedo liberazioni di ostaggi. La pietà e il rispetto per la vita hanno un irrinunciabile valore etico, ma non ha senso farne un cardine del ragionamento politico, mentre è in corso una guerra. Perché noi siamo in guerra e c’è chi l’ha voluta. Che ne faccio degli ostaggi? Me ne distacco. Sarà anche orrendo, ma è questa la via - li uso, dovremmo dire, se non apparisse atroce - li scarico, lacerandomi dentro, addosso a chi ha voluto che accadesse. Donne, volontari pacifisti, bambini, occorre una pietà feroce: gli ostaggi di oggi in cambio della vita degli ostaggi di domani. Perché altri di certo ce ne saranno e non si può ignorarlo. Se davvero si prova pietà, è in mano a chi ha voluto che fossero presi che occorre consegnare gli ostaggi - essi se ne fanno schermo - e puntare l’indice con forza. Contro chi? Ma è chiaro! Contro i padri del mostro: Bush, Blair e il nostrano venditore di tappeti. Sono costoro i terroristi.
Cos’è questa follia delle posizioni uniche, quest’oltraggio infinito alla ragione e al diritto? Chi ha voluto la guerra ha voluto gli ostaggi. Io non darei tregua in Parlamento, sui giornali nostri, nelle piazze. Moltiplicherei per mille l'appoggio alla resistenza irachena e denuncerei le evidenti manovre che si mettono in atto per delegittimarla. Questo farei: guerra alla guerra, non pace e pacifismo. Noi invece facciamo da stuoino a Putin e Bush, che stringono patti scellerati, e ci riduciamo a lacchè degli inglesi: massacrate i ceceni, forza, con tutti i mezzi: noi siamo qui che protestiamo contro il terrorismo. Torturate i prigionieri a Guantanamo, coraggio, che noi siamo impegnati contro l'orrore. Togliete il pane, l'acqua e le medicine ai bambini del terzo mondo, fatene soldati feroci, commerciate con i loro organi, schiavizzateli nelle zone franche. Animo, potete: noi abbiamo da accendere candele per le bombe umane. Inchiodate su interminabili filari di croci due terzi dell'umanità, mentre noi ci opponiamo al terrorismo. Potete, vi diamo mano libera: oscurate la fama di Attila e dei Lanzichenecchi. Noi siamo in piazza...
Ma come si può? E come ci si può illudere di modificare la terribile realtà che incombe sulle nostre teste col rito dei cortei, con gli interventi televisivi e i dibattiti da Vespa?
Occorre organizzare la ribellione di massa, occorre ragionare nei tempi lunghi, gettare i semi e far crescere il dissenso, prevedendo che ci faranno la guerra e ce la faranno fare – e noi, pacifisti o no, noi la faremo, volenti o nolenti, la faremo, se ci costringeranno - sapendo che ci metteranno l'etichetta: i cattivi maestri, i terroristi. Lo faranno, così come oggi organizzano rapimenti e li addossano alla guerriglia. Il resto, si sa, non è difficile: basta trovare il Bertinotti di turno che, folgorato sulla via di Damasco, faccia il francescano, parli agli uccellini e copra a sinistra le spalle ai terroristi di Stato. Quelli più pericolosi.
Et voilà: il gioco è fatto.
Qui tiro le somme. Non mi curo degli ortodossi che inevitabilmente strepiteranno scandalizzati. Checché se ne voglia, il primo nemico è la finta sinistra. Lo sanno così bene al Ministero dell'Interno che, “scoprendo” le nuove BR, quelle nate dal nulla, che fanno? Le “immaginano” intente a colpire D’Antona e Biagi: obiettivi di centro sinistra. Così possono essere credibili. Solo così. Dei brigatisti veri, infatti, liquiderebbe anzitutto i conti con i "collaborazionisti".
Dico sciocchezze? Può darsi. Ma solo dio sa quanto mi dispiaccia di essere troppo vecchio per non poter sperimentare e verificare concretamente, alla prova dei fatti, percorsi alternativi.
Altri lo faranno.
Non ci sarò, ma in questa direzione conducono i fatti.


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