Se la filosofia fosse una bella signora si farebbe sicuramente questa domanda:
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Che ci faccio qui? Ad inaugurare l’anno scolastico della scuole elementari? Non si fa filosofia alle elementari”
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Tutto dipende da chi insegna e da come insegna” rispoderebbe Alfonso Iacono, per l’appunto filosofo. Se chi insegna è Sergio Viti, maestro a Pietrasanta, si può fare come dimostrano ben due libri che raccontano questa incredibile esperienza.
Come insegna questo maestro? Insegna ai ragazzi a tenere gli occhi aperti, come il titolo del giornalino di classe. Ma come si insegna filosofia? Per esempio si può disegnare la filosofia, oppure scrivere la filosofia sotto forma di poesia. Come se fosse facile per un bambino delle elementari scrivere delle poesie. Oppure, più semplicemente si possono dire a ruota libera tutte le domande che ti vengono in mente.
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Perché le domande sono come le ciliegie, una tira l’altra”
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Ma allora, maestro, filosofia l’abbiamo sempre fatta. Abbiamo fatto filosofia senza saperlo”
Del resto perché un grande filosofo come Wittgenstein ha voluto fare il maestro per una anno in una scuola elementare? Forse, risponde Viti il maestro di Pietrasanta, perché ”
è alle elementari dove senso comune, certezza e ovvio cominciano a formarsi, cominciano a diventare presupposti impliciti del nostro modo di pensare e di comunicare“.
Certo il maestro Viti è stato aiutato dal fatto che Pietrasanta “
non ha niente a che vedere con le periferie del Nord e del Sud e niente a che vedere con scuole e classi affollate, con maestri disincantati, spesso a ragione a causa dello scarso riconoscimento del loro ruolo sociale e culturale, con molti genitori afflitti da problemi economici o assenti”
Ma se,come nota argutamente il professore Iacono ”
alla fine della giornata nessun bambino aveva chiesto di andare a fare pipì”, forse è lecito pensare che i bambini fossero molto interessati alla filosofia.
Sì, diamo pur per scontato l’interesse, ma la nostra signora Filosofia potrebbe continuare a domandarsi: ”
Che ci faccio qui? Perché proprio a Modena?”
Qui la risposta è proprio elementare.
Modena
dal 17 al 19 settembre sarà sede della quarta edizione del Festival della filosofia, che quest’anno avrà per argomento il mondo.
Modena la ricca (occupa il quarto posto tra le città più ricche d’Italia) da qualche tempo non vuol più dare per scontato tutto e ha cominciato a interrogarsi, a tormentarsi, a porsi delle questioni per la cui soluzione chiama i maggiori filosofi italiani e internazionali a parlarne alla gente nelle sue piazze. Una volta infettati, il virus del dubbio, dell’incertezza,del probabile, si espande a macchia d’olio ovunque.
Per questo Modena, quest’anno, vuole coinvolgere anche le scuole elementari. Perciò il nuovo assessore ha deciso di inaugurare l’anno scolastico parlando di filosofia alle maestre, con la speranza, neanche tanto nascosta, che al Festival 2005, oltre ai filosofi famosi si possano ascoltare anche filosofi bambini. Come se non bastasse questa inaugurazione si inserisce nel “
settembre pedagogico”, che l’ANCI ha voluto contro gli attacchi alla scuola pubblica da qualunque parte essi provengano.
Del resto nei bambini c’è un aspetto visionario che ben si attaglia ad un’iniziativa di questo ”settembre pedagogico” dell’era Moratti.
Come ci ricorda spesso il filosofo Edgar Morin “
bisogna puntare sull’improbabile” perché qualcosa cambi davvero.
Umberto Galimberti da Repubblica - 11-09-2004
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PERCHÉ, oltre l´inglese, non si introduce anche la filosofia nelle scuole elementari? I bambini si pongono domande filosofiche intorno ai 4 anni, età che gli psicologi definiscono dei "perché". Sono dei perché a cui di solito gli adulti non sanno rispondere o liquidano nel repertorio delle ingenuità. Ma non è così, perché a 4 anni, quindi con 2 anni d´anticipo sull´età scolare, i bambini s´aprono allo stupore del mondo e, come Aristotele insegna: «La filosofia nasce dalla meraviglia» e perciò pone domande e interrogativi.
A scuola si trasmette un sapere strutturato che non sempre corrisponde all´interrogazione che ha sollecitato la curiosità del bambino, per cui tra il sapere impartito e la domanda iniziale inevasa si produce quella distanza che genera disinteresse. Infatti non si può avere una vera partecipazione a risposte che evadono le domande con cui il bambino cerca di orientarsi nel mondo, chiedendo chi l´ha fatto, e perché è così malvagio, e che necessità c´è di morire, e perché non tutti i bambini sono bianchi, e non tutte le parole si capiscono.
Queste domande non sono ingenue, sono radicali; offrono pochi giri di parole alle risposte e vanno evase non con un discorso che dice: «Le cose stanno così», come di solito fanno i saperi che si impartiscono a scuola, ma con un discorso, come quello filosofico, che insinua il sospetto che potrebbero anche essere diversamente. Questo sospetto, che non sigilla la domanda in una risposta, ma la tiene aperta a un ventaglio di possibili risposte, tutte giustificate dalle rispettive argomentazioni, apre il campo alla pluralità delle opinioni, quindi alla tolleranza, quindi alla democrazia, figlia della tolleranza. Il sospetto, inoltre, consente alla mente di ospitare il dubbio, che evita il dogmatismo e dispone alla ricerca, che non è un corto circuito di domanda e risposta, come la televisione ogni sera diseducativamente insegna con i suoi quiz, ma è un saper stare nella domanda, finché una risposta non si presenta come plausibile e, nella sua provvisorietà, superabile.
La scuola insegna risposte, spesso a domande che non ci siamo mai poste, ma è la domanda e non la risposta il vero motore della ricerca e della costruzione del sapere. Amiche della domanda sono sia la curiosità infantile, sia la condotta filosofica. E se l´infanzia genera l´interrogazione nella sua radicalità, la filosofia insegna a mantenersi nell´interrogazione, per non seppellire il cervello tra le opinioni diffuse, che rispondono non tanto alle nostre domande, quanto al desiderio di evitare il più possibile la fatica del pensiero.
Quest´anno il Festival della filosofia di Modena promuove la filosofia tra i bambini, con l´intenzione non tanto di fornire risposte, quanto di insegnar loro l´atteggiamento filosofico, che è poi quello di non accontentarsi mai della risposta. Quando questo atteggiamento entrerà nelle nostre scuole? Se ciò non dovesse accadere dovremo dire che nelle nostre scuole, quando va bene, si impartisce solo istruzione, e non educazione della mente, con tutte le conseguenze disastrose in età adulta, come ogni giorno ci è dato constatate.
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