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Cheikh Sarr
Anita - 21-08-2004
Vi riporto una notizia della quale si parla sulle spiagge toscane dove trascorro le vacanze, e che ho trovato ben scritta nel sito della Provincia fiorentina .
Non è l'unico caso di coraggio, in questa estate come in ogni estate, stagione delle cronache "quotidiane".
Però mi ha coplito la frase in cui il Presidente Rienzi fa appello alle scuole e alla loro responsabilità.
Da insegnante mi sono sentita toccata e non poco, non perchè non facciamo nulla a proposito di sensibilizzazione e crescita di coscienze ispirate alla solidarietà, ma per i silenzi ai quali certe volte ci arrendiamo, sommersi dalle difficoltà e dai muri che abbiamo intorno, primo fra tutti quello del comune sentire.
Al di là delle doverose considerazioni legate al multiculturalismo, non penso che il ragazzo senegalese sia più eroe della mamma che ha salvato i suoi figli o di quella che non ce l'ha fatta, e nemmeno penso giusto che gli atti di giustizia siano ritenuti "eroici": dovrebbero essere normali, ma sembra che le nostre bilance vadano alla rovescia e che un pò ci faccia comodo che il bene venga confinato nell'irraggiungibile pianeta del coraggio. Il coraggio di tutti i giorni non dovrebbe essere più considerata una "virtù" per pochi eletti.

Anita




TUTTI I COMUNI DELLA PROVINCIA DEDICHINO UNA STRADA A CHEIKH SARR

Renzi ai sindaci: “Dal giovane senegalese morto per salvare un bagnante a Castagneto Carducci un esempio per le nostre comunità

Una strada in tutti i Comuni della Provincia di Firenze per ricordare Cheikh Sarr, il giovane senegalese che sabato ha perso la vita a Castagneto Carducci per salvare un bagnante italiano, che poi si è dileguato senza nemmeno informarsi su quello che era successo al suo soccorritore.

Lo propone in una lettera inviata oggi ai 44 Sindaci il presidente della Provincia Matteo Renzi. “Quello che Cheikh ci ha dato – scrive Renzi - è un esempio di altruismo e di grande civiltà. Viviamo un tempo in cui la banalizzazione imperante ed uno strisciante razzismo portano spesso anche i nostri concittadini, specie i più giovani, a giudicare in modo superficiale le decine di migliaia di ragazzi immigrati che, spesso affrontando molti pericoli, vengono in Italia per lavorare e mantenere le loro famiglie. Quante volte, anche nelle scuole, si cede ad una banale retorica per cui gli immigrati debbono starsene a casa loro, atteggiamento che talvolta viene cavalcato con vergognosa demagogia e totale xenofobia anche da qualche politico di rilievo nazionale”.

“Sarebbe bello – commenta Renzi - poter invitare nei nostri Comuni la moglie di Cheikh e la figlia, che lui, immigrato da cinque anni nel nostro Paese, non ha mai conosciuto, e dire loro che la Toscana ha fatto tesoro di una meravigliosa lezione di coraggio e di umanità. E invito i Sindaci che accoglieranno il mio appello a portare le scolaresche dei loro comuni all'inaugurazione delle strade intitolate a Cheikh, perché tengano vivo il ricordo di una persona che a costo del sacrificio della vita ha saputo esprimere l'adesione piena a quel valore di cittadinanza solida e solidale che caratterizza la nostra terra”.




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 Anna Pizzuti    - 21-08-2004
In bilico tra la retorica nazionalista degli inni, delle bandiere e delle telecronache a volte troppo parziali e quella del luogo comune positivo dell’esaltazione degli sport che costano sacrificio e che vengono ignorati per quattro anni, ma che, se portano medaglie ci fanno diventare tutti tiratori di arco o di fioretto, le Olimpiadi stanno andando avanti a distribuire medaglie. E occupano, sempre con le medaglie, giornali e telegiornali. Magari immediatamente dopo o immediatamente accanto ai titoli ed alle immagini disperate dell’Irak. Quei titoli e quelle immagini che la censura lascia passare, ovviamente (Cosa è veramente accaduto a Nassirya, prima che il reporter americano venisse rapito? Cosa stanno facendo lì i soldati italiani? Quale pace possono portare le bombe che cadono?) Con quel contrasto tra guerra e pace, tra bombe e corone di rami di ulivo, che nemmeno la retorica olimpica più vieta ha più il coraggio di ricordare. Nessuna telecronaca, nessun inno, nessuna corona d’ulivo, e, mi sembra, quasi nessuno spazio su giornali e telegiornali per un’altra medaglia: quella al merito civile che il Presidente della Repubblica ha conferito a Cheik Sarr, il ragazzo senegalese di 27 anni, morto annegato alla vigilia di ferragosto sul litorale livornese, dopo aver salvato un bagnante che rischiava di annegare. Troppo facile e scontato, il confronto, tra questa medaglia e le altre. Eppure, secondo me, da sottolineare. Per tanti motivi, ma anche perché mi offre l’occasione per raccontare una storia analoga, della quale sono stata – indirettamente - testimone. Si chiamava Cristian, madre italiana, padre giamaicano-canadese, ed è arrivato in una mia seconda media di tanti anni fa. Costretto a cambiare scuola perché messo a disagio dai compagni. Che per lui la vita nella nostra cittadina non fosse facile ce ne siamo accorti poche settimane dopo. All’uscita dalla scuola, di nuovo un’aggressione, perché giocando insieme agli altri lo stupido gioco di carnevale con le bombolette della schiuma da barba, aveva sporcato l’auto di un mio civilissimo concittadino. Che, naturalmente, se l’è presa con lui solo. L’aggressione, la denuncia, gli stringono ancora di più i compagni intorno e crescono l’amicizia e l’affetto. Al primo anno delle superiori, però, Cristian si perde, gli amici della scuola media non gli stanno più bene, la scuola non gli sta bene e gli è facile accusare la madre della doppia difficoltà con la quale l’ha fatto nascere ed attribuire a queste difficoltà alcune scelte sue difficilmente accettabili. Alla fine convince la madre che il suo posto è in Canada, con il padre. E parte e dimostra di aver ragione: riprende gli studi e si diploma. E il diploma va festeggiato. Con una gita in canoa sul lago. Lui e due o tre amici. Cristian nuota benissimo, quindi non indossa il giubbetto salvagente. I suoi amici sì, ma non fa molta differenza. Quando la canoa si rovescia, sono proprio questi giubbetti che non funzionano bene a tirare sotto i ragazzi che li hanno indossati. E Cristian li salva. Tutti, tranne l’ultimo, che lo trascina con sé. La mamma mi ha mostrato poi gli articoli dei giornali locali che raccontavano quello che era accaduto. Non ricordo se Cristian abbia ricevuto qualche medaglia, ma gratitudine sì. Quella gratitudine che a Ckein è mancata e che non credo sarà compensata dalla medaglia. Ai funerali del ragazzo senegalese, insieme alla bandiera del suo paese, c’era anche la bandiera della pace. Quella che non riesce a sventolare, nonostante sia acceso il fuoco di Olimpia.

 Sid il bradipo    - 21-08-2004
Sul blog Istintivamente c'è questo racconto:

Un senegalese salva un italiano che sta annegando, nel mare di Castagneto Carducci, dalle parti di Livorno. Ma mentre lo trascina a riva, viene travolto da un'onda, annaspa e sparisce nei flutti. L'altro vede tutto, ma sparisce, senza dire niente a nessuno. E senza nemmeno porsi il problema di dover ringraziare il morto.

Il senegalese si chiamava Cheikh (come un mio vecchio amico). Cheick Sarr, aveva 27 anni e una moglie in Senegal, che lo aspettava a Natale per fargli vedere per la prima volta la bimba Yasin, che ha 10 mesi. Il corpo è stato ritrovato in serata. Nessun commento dalle teste di cuoio anti-immigrati, al governo. A ricordare l'eroe, più che la retorica, valgano le parole del fratello Khadim, muratore come lo scomparso: "Stanotte ho sognato Cheick. Sorrideva. Mi ha detto di non essere pentito e che si tufferebbe in quel mare in tempesta altre mille volte. Era orgoglioso di avere salvato un uomo. Gli spiaceva solo per Yasin". Poi due parole per l'italiano salvato: "Mi piacerebbe conoscerlo. Non gli chiederei niente. Lo abbraccerei in silenzio. Perché sono certo che in lui c'è anche un po' di vita di Cheick".



Magari è tutto inventato, sta di fatto che nel branco si fa così avrebbe detto Manfred, il mammuth dell'era glaciale e anche Diego, la tigre sciabola.
Sono d'accordo Anita: bisognerebbe farlo sempre. E' il modo migliore per essere amici.
Ciao Cheikh.