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Non solo stelle cadenti
RAB - 12-08-2004
Segnalo dal Redattore Sociale.

POVERTA'

Alla Caritas di Perugia 1.200 richieste di buoni pasto solo a luglio, soprattutto da parte di interi nuclei familiari. L'arcivescovo Chiaretti: ''Il clima di incertezza e precarietà che aggredisce le famiglie è dannoso per l’intera società''

A Perugia il 10 agosto non significa solo stelle cadenti. La festività di san Lorenzo, patrono e titolare della cattedrale della città, coincide con le celebrazioni in onore del martire ed anche con un richiamo "sociale" ed una riflessione da parte della Caritas e della Chiesa locale tutta sui disagi del territorio.
"Mentre la città si svuota, aumentano le persone, italiane e straniere, che chiedono ogni giorno buoni pasto per accedere alla mensa comunale di via Fratti: più di 1.200 si sono rivolte a noi solo nel mese di luglio" riferisce la Caritas perugino-pievese.

E non si tratta - precisano gli operatori del Centro di ascolto diocesano - di 'turisti poveri' giunti a Perugia in occasione di Umbria Jazz: sono persone italiane e straniere che vivono nella nostra città, trovandosi giorno dopo giorno sempre più in difficoltà, non riuscendo a sbarcare il lunario".

Un dato significativo rilevato nettamente dagli operatori Caritas è che "a chiedere un buono pasto sono soprattutto interi nuclei familiari, una tendenza diversa rispetto a qualche tempo fa, quando erano solo persone singole. Ciò a conferma del fatto che da un po’ di tempo, a Perugia, sono cresciute le famiglie a rischio povertà. Al nostro Centro di ascolto diocesano si recano sempre più famiglie, sia italiane che straniere, bisognose di un aiuto economico per poter andare avanti con il pagamento dell’affitto e delle bollette o per acquistare dei medicinali. Da un anno a questa parte le difficoltà economiche maggiori sono avvertite in modo particolare da giovani famiglie, che chiedono un contributo per l’acquisto di latte e pannolini per neonati".

"Iniziano ad essere sempre più frequenti – raccontano alla Caritas – gli arrivi di persone con grandi borse che contengono oggetti di famiglia da vendere per necessità ai mercatini dell’usato".

"E’ un fatto allarmante - commenta la Caritas - che rischia di passare inosservato soprattutto in estate, quando in città l’attenzione sociale cala”.

Per l'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Giuseppe Chiaretti sono "tutti sintomi d’un malessere che non è più legato solo a difficoltà momentanee o ad incapacità di autogestirsi, ma a un sotterraneo dissesto sociale non più nascondibile, e richiede seri ripensamenti di tutti sia nel mondo del commercio, ove sono avvenute deplorevoli speculazioni sul cambio della moneta, non adeguatamente controllate dagli organi di tutela; sia nella conduzione della cosa pubblica, dove non mancano sprechi e servizi clientelari; sia nella gestione della vita personale e familiare, ove devono tornare in onore parole come moderazione, sobrietà di vita, spirito di adattamento, rinuncia al superfluo, sacrificio ed anche, se non disturba la parola, dignitosa austerità, che non è affatto miseria, ma misura dell’avere. Tante volte quest’invito è risuonato per richiamare l’Occidente a maggiore serietà di comportamenti rispetto alla miseria dei paesi non ancora sviluppati economicamente, ed anzi sfruttati da poteri economici senza scrupoli e senza coscienza. Proprio in questi giorni ci giunge una nuova richiesta di aiuto dal Malawi per acquistare granaglie a causa della siccità che distrugge i raccolti: e lo faremo, auspicando che in quella regione l’organizzazione del lavoro si sviluppi sino a prevedere risorse per l’emergenza".

"E tuttavia – aggiunge il presule – quest’invito alla sobrietà deve oggi risuonare con chiarezza anche per comportamenti personali e collettivi di tutti noi. Certo il clima di incertezza e di precarietà che aggredisce le famiglie è gravemente dannoso per l’intera società. C’è bisogno d’una presa di coscienza meno effimera della situazione, che riveda leggi e comportamenti che non possono più essere quelli dello spreco o delle concessioni ai ceti più forti. Dicendo questo, non intendo spezzare lance a favore d’una parte politica o d’un’altra, ma semmai richiamare l’attenzione anche dei poteri politici sulla necessità d’un equilibrio ponderato e non fittizio sulle scelte che si dovranno fare. Personalmente ho sempre ritenuto che la bontà e l’eticità d’una scelta politica ed economica si misura in primo luogo dalla quota di beni riservata ai poveri, e cioè a chi è nel vero bisogno".


LAVORO

Il 47% dei disoccupati del mondo sono giovani tra i 15 e i 24 anni. Lo rivela lo studio dell'Ilo sulle tendenze del mercato del lavoro giovanile. La disoccupazione giovanile è cresciuta del 26,8% negli ultimi 10 anni

Nel 2003, erano circa 186 milioni i disoccupati nel mondo: quasi la metà di questi sono giovani tra i 15 e i 24 anni. È quanto emerge da uno studio dell’ILO (International Labour Organization), presentato in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà domani. La ricerca, intitolata “Global Employment Trends for Youth 2004” , prende in esame l’evoluzione del mercato del lavoro giovanile negli ultimi dieci anni, rilevando la preoccupante e continua crescita della disoccupazione tra i ragazzi. Nel 2003, infatti, il numero complessivo di giovani senza lavoro ha registrato un incremento del 26,8% rispetto al totale complessivo riferito all’ultima decade. Così oggi, pur rappresentando solo il 25% della popolazione lavoratrice, i giovani costituiscono ben il 47% dei disoccupati. La situazione è particolarmente grave nei paesi dell’Africa Medio-Orientale e settentrionale, dove la percentuale complessiva di giovani senza lavoro è pari al 25,6%; seguono l’Africa sub-sahariana (21%), le cosiddette economie in transizione (18,6%), l’America Latina e i Carabi (16,6%), il Sud-Est Asiatico (16,4%), l’Asia Meridionale (13,9%), le economie industrializzate (13,4%) e l’Asia Orientale (7%). Solo nei Paesi industrializzati, la percentuale di giovani senza lavoro, pur essendo consistente, ha registrato un lieve decremento rispetto alla scorsa decade, passando dal 15,4% del 1993 al 13,4% del 2003.

La disoccupazione colpisce dunque i giovani in misura molto maggiore rispetto agli adulti: nei Paesi in via di sviluppo, dove vive ben l’85% della popolazione giovanile mondiale, la disoccupazione dei giovani è 3,8 volte superiore a quella degli adulti. Cresce quindi la dipendenza dei giovani dalle famiglie di origine e, allo stesso tempo, il rischio che siano coinvolti in attività illecite.

Alla base della crescita significativa della disoccupazione giovanile si trova l’incremento della popolazione giovanile negli ultimi 10 anni (+ 10,5%), accompagnato da un irrilevante aumento delle opportunità lavorative (+ 0,2%). Dallo studio dell’ILO emerge anche un altro dato allarmante: i giovani rappresentano non solo un’alta percentuale della popolazione disoccupata, ma pure una parte consistente dei lavoratori “poveri”. Dei 550 milioni di persone che guadagnano meno di un dollaro al giorno, infatti, ben 130 milioni sono giovani.

“Ridurre la disoccupazione giovanile e, di conseguenza, la vulnerabilità e il sentimento di esclusione che da essa derivano, sarebbe un contributo significativo all’economia globale”, ha commentato Juan Somavia, Direttore Generale dell’ILO. L’Organizzazione ha infatti calcolato che, dimezzando il tasso di disoccupazione giovanile, si arricchirebbe il GDP globale (Gross Domestic Product) di almeno 2,2 trilioni di dollari: pari a circa il 4% del GDP complessivo del 2003. “Stiamo sprecando una riserva importante di energia e talenti della generazione di giovani più istruita che il mondo abbia mai avuto”, ha detto ancora Somavia, per cui “ampliare le possibilità dei giovani di trovare e conservare un posto di lavoro decente è assolutamente vitale per realizzare i Milenium Development Goals stabiliti dalle Nazioni Unite”.


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