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Che storia è, quella della scuola Moratti?
Grazia Perrone - 27-07-2004
Segnalo un intervento una riflessione articolata sui cambiamenti che le Indicazioni nazionali apporteranno ai manuali scolastici e agli obiettivi didattici che riguardano i programmi d'insegnamento della storia
L'autore è Vincenzo Guanci, Membro del Comitato direttivo scientifico di Clio'92, Associazione di insegnanti e ricercatori sulla Didattica della storia.


E' una brutta storia, "una svirilizzata favola edificante cucita intorno all' Europa cristiana, unita e solidale nella stessa identittà, senza le crociate, senza l'Inquisizione, senza Lutero, e le guerre di religione, senza la caccia agli ebrei e alle streghe, senza la rivoluzione industriale, in una parola senza conflitti nè oppressioni, di razza, di classe, di genere [...­]". Così viene definita da Adriano Prosperi in una recente lettera a "La Repubblica". Per la verità, si tratta di uno dei pochi storici che ha ritenuto di dover dire la sua sulle Indicazioni Nazionali che il Ministero dell'Istruzione ha emanato in attuazione della riforma Moratti in vigore dal 1^ settembre 2004; sembra che non interessino molto la corporazione; eppure ai tempi delle Indicazioni sul curriculum di Berlinguer-De Mauro scesero in campo in parecchi, facendosi sentire su tutti i giornali con un celebre 'manifesto dei trentatrè' e con numerosi articoli, che, talvolta, giunsero perfino a svillaneggiare i colleghi che facevano parte della Commissione ministeriale che aveva redatto quelle Indicazioni. Forse oggi questo non accade solo perchè il Ministero tiene rigorosamente celati i nominativi degli autori delle attuali Indicazioni.E' noto bensì che un importante consulente del ministro Moratti è il pedagogista Giuseppe Bertagna; ciò nonostante, come si dice: mater certa est, pater...
Ma andiamo pure a vedere quali sono le modifiche decisive rispetto all'esistente.

Alcune premesse importanti

Le Indicazioni Nazionali allegate ai decreti attuativi della legge 53 di riforma della scuola sono esplicitamente definite 'provvisorie' in quanto non possiedono quei requisiti di piena legalità che avranno solo quando saranno emanate al termine della procedura espressamente prevista dalla stessa legge 53 e finora non rispettata.
Anche quando così sarà (e a maggior ragione adesso che cosìnon è), comunque, le Indicazioni Nazionali non saranno prescrittive, trattandosi, appunto, di 'indicazioni' e non di 'programmi'; inoltre, bisogna considerare che ai sensi della legge costituzionale n. 3/2001, che ha attribuito alle Regioni nuove vaste competenze in materia d'istruzione, queste potranno, a loro volta, fornire 'indicazioni' alle scuole della propria regione; infine, va ricordato che, in base alla normativa sull'autonomia scolastica, le singole istituzioni scolastiche potranno per una quota-parte del tempo-scuola svolgere un 'curriculum d'istituto' elaborato dal Collegio dei docenti e adottato dal Consiglio d'istituto in seno al Piano dell'Offerta Formativa.
Tutto questo, però, non diminuisce di un grammo le responsabilità della ministro e dei suoi consulenti in quanto le Indicazioni Nazionali attuali costituiranno, comunque, il canovaccio cui faranno stretto riferimento gli editori dei 'libri di testo', e sappiamo quanto prezioso sia il manuale scolastico per ogni insegnante, compresi ovviamente quelli di storia. Perciò esiste il rischio altissimo e concreto che alla resa dei conti la storia che s'insegnerà nelle scuole elementari e medie dal prossimo anno scolastico sarà effettivamente quella delle Indicazioni Nazionali provvisoriamente allegate ai decreti attuativi della legge di riforma.
A ciòsi aggiunga che le modifiche strutturali previste tendono, specie nelle scuole elementari, a diminuire la specializzazione disciplinare degli insegnanti e, nel caso della storia, anche a ridurne il tempo d'insegnamento.

Prima della riforma

I programmi nazionali in vigore fino al 31 agosto 2004, antecedenti la riforma, se è vero che costringono gli allievi a studiare per tre volte la stessa storia, danno tuttavia modo, almeno nelle scuole elementari, di impostarne l'insegnamento introducendo gradualmente i bambini alle difficoltà dell'apprendimento della storia: nel primo biennio, con un approccio al primo sapere storico (il passato personale, il passato familiare) per costruire le prime fondamentali abilità necessarie alla comprensione dei nessi presente-passato; successivamente con la costruzione a maglie larghe di una mappa del mondo per 'quadri di civiltà, dalle origini al presente. E' vero che la maggioranza dei 'sussidiari' si limita a un racconto sintetico e, spesso, incomprensibile, di alcuni eventi del passato scelti secondo un canone tanto arbitrario quanto tradizionale; ciò tuttavia non ha impedito, grazie a centinaia di insegnanti-ricercatori (e non semplici 'ripetitori di manuali'), a legioni di bambine e bambini di formarsi una concezione della storia corretta dal punto di vista scientifico e appassionante dal punto di vista del proprio apprendimento.
Questo può diventare ( e molto spesso lo è stato ) il volano per uno studio della storia nella scuola media inteso come conoscenza del divenire del mondo; vale a dire che le ragazze e i ragazzi sono in grado di affrontare con strumenti cognitivi appropriati i grandi processi di trasformazione che hanno portato il mondo, l'Europa, il nostro paese, a essere quello che sono oggi.
Insomma, i programmi della scuola elementare, risalenti al 1985, e quelli della scuola media, risalenti al 1979, andavano sicuramente rivisti e aggiornati proprio alla luce degli approdi delle ricerche e delle sperimentazione di didattica della storia avvenute in gran numero negli ultimi vent'anni; invece, come vedremo, ci si è orientati verso un'operazione tutta ideologica di vecchio stampo: la storia a scuola per veicolare valori e formare identità sulla base di una selezione di contenuti da imparare. Infatti seppure faccia bella mostra di sè un lungo elenco di 'abilità, si capisce in modo inequivocabile ( soprattutto lo capiranno bene gli editori di manuali ) che ciò che interessa veramente sono le 'conoscenze', i temi, gli argomenti da trattare.
Le 'unità d'apprendimento' dei Piani di studio personalizzati potrebbero, teoricamente, essere concepite ed elaborate per costruire intrecci sensati di testi ed esercizi per formare abilità e guidare gli allievi a costruire ciascuno la propria conoscenza storica, ma il contesto generale delle Indicazioni induce a un insegnamento della storia fortemente trasmissivo, dove 'unità d'apprendimento' sarà solo un nome nuovo per i tradizionali 'capitoli' del manuale.
Infatti, la suddivisione per anno delle 'abilitàappare, con tutta evidenza, artificiosa e priva di un filo logico che faccia pensare a una loro gradualità nell'apprendimento, alla costruzione di un curricolo delle operazioni cognitive da far svolgere agli allievi affinchè essi si impadroniscano degli strumenti della storiografia, che pure vengono citati tutti (o quasi) dalle Indicazioni: le fonti, la periodizzazione, i termini del linguaggio specifico della disciplina (ma non propriamente i concetti), gli organizzatori temporali (ma non chiaramente quelli spaziali), le diverse interpretazioni storiografiche (ma non le problematizzazioni nè i modelli di spiegazioni), per esempio.
E', invece, dalla lettura attenta della colonna relativa alle 'conoscenze' che emerge chiaramente la visione ideologica della storia come strumento da utilizzare a scuola, in uno scoperto tentativo d'indottrinamento. Stupisce, in tutta franchezza, la trasparenza del tentativo, l'arroganza evidente della proposta, talmente fuori dalla normale e unanimente condivisa concezione della storia, che lascia come esterrefatti, senza parole!
Il primo ciclo d'istruzione, l'unico veramente 'obbligatorio' (la scuola elementare e media, o meglio, primaria e secondaria di I grado) prevede lo studio della storia una sola volta per sei anni, dalla terza elementare alla terza media. Per chi non continua gli studi questa è l'unica occasione di avvicinarsi all'indagine conoscitiva sul passato, o forse, più semplicemente a qualche 'nozione' sul passato.

Vediamo più nel dettaglio:

- La terza elementare è dedicata allo studio della preistoria. Vero è che si inizia con "la Terra prima dell'uomo", ma questo è notoriamente un argomento di scienze, di geologia, in quanto la storia si occupa per statuto epistemologico del passato dell'umanità, non di quello della Terra! E si finisce con i "miti e leggende delle origini": di chi? dell'uomo? dell'Universo? E', forse, un invito a mettere a confronto la teoria creazionista con quella evoluzionista? e, in ogni caso, cosa c'entra la disciplina 'storia'?

- In quarta e quinta elementare si studia il mondo antico: le civiltà dell'Antico Oriente, le civiltà fenicia e giudaica e delle popolazioni italiche "in età preclassicaĦ" la civiltà greca, la civiltà romana, la "nascita della religione cristiana, le sue peculiarità e il suo sviluppoĦ". Tutto con un'importante avvertenza ai docenti: "In relazione al contesto fisico, sociale, economico, tecnologico, culturale e religioso, scegliere fatti, personaggi esemplari evocativi di valori, eventi ed istituzioni caratterizzanti: [...­]".

Capito? Siamo tornati ai programmi del 1955: i 'medaglioni' di personaggi dell'antichità i cui comportamenti venivano additati come esemplari alle bambine e ai bambini; riavremo Cornelia e Muzio Scevola?
Temiamo davvero che i nuovi sussidiari somiglieranno in modo impressionante a quelli dei nostri genitori, nei quali l'aneddotica la faceva da padrone, formando un'immagine della storia nei bambini molto lontana dalla ricerca storiografica.
Quale idea del mondo antico si faranno le nuove generazioni? Si badi bene che per chi non proseguirà gli studi questo sarà l'unico contatto con la classicità, con quel mondo classico nel quale trovano i suoi primi fondamenti la nostra cultura e l'intera civiltà europea e occidentale (o almeno tutti così dicono!)

Non compare alcuna differenza tra la storia insegnata nella scuola elementare e nella scuola media; è significativa, a questo proposito, l'introduzione all'elenco dei temi, la medesima: "In relazione al contesto fisico, sociale, economico, tecnologico, culturale e religioso, scegliere fatti, personaggi esemplari evocativi di valori, eventi ed istituzioni caratterizzanti: [...­]". Del resto la parola 'curriculum' non compare nelle Indicazioni: nessuna curricolazione delle conoscenze, nessun accorgimento pedagogico-didattico, vengono previsti per accompagnare il salto dalla scuola primaria alla scuola secondaria (di I grado)!

Crescendo, maturando, i bambini e le bambine, continueranno a studiare - anche quando saranno ormai 'ragazzi' e 'ragazze' - la stessa storia, allo stesso modo, cambiando solo argomento. E ciò che appare davvero ideologicamente orientato è proprio l'elenco degli argomenti, soprattutto, come segnala A. Prosperi, nelle omissioni, che stravolgono perfino ogni tradizione manualistica della scuola italiana del dopoguerra: scompare praticamente la 'storia moderna', non c'è la 'conquista' coloniale dell'America e del resto del mondo da parte dell'Europa ma solamente 'la scoperta dell'altro', scompare l'industrializzazione, per non parlare della povertà tematica sul Novecento e dell'assenza dell'indispensabile visione a scala mondiale del passato per capire, da un lato, il mondo attuale, e, dall'altro, l'utilità della storia!

In conclusione, bisogna dire le cose come stanno: l'insegnamento della storia s'inserisce coerentemente nel quadro dell'intera riforma morattiana della scuola, una riforma autenticamente 'reazionaria', il cui intero impianto lascia trasparire con evidenza l'intento di chiudere, quanto più è possibile, ogni spazio alle ricerche e sperimentazioni di didattica applicata degli ultimi due decenni. Le aperture ideologiche, echi di una popperiana 'società aperta', dei vecchi programmi sono chiuse. E' finita. Quello che il Ministero dell'Istruzione indica ai docenti e alle case editrici dei testi scolastici è un vero e proprio 'passato di Stato'!



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