Il decreto sul reclutamento degli insegnanti, un blitz estivo
Alba Sasso, Piera Capitelli, Giovanna Grignaffini - 21-07-2004
La bozza di decreto delegato sulla formazione dei docenti, che riguarda fra l’altro le modalità di reclutamento degli insegnanti, stravolge completamente il sistema delle graduatorie pubbliche, stabilendo nuove regole d’accesso alla professione.

Il provvedimento, il quinto decreto attuativo della riforma Moratti non ancora presentato in Consiglio dei Ministri, è un vero e proprio blitz estivo: a scuole chiuse si operano scelte devastanti per il mondo della scuola.

Le regole del reclutamento vengono cambiate, mettendo in discussione il principio costituzionale dell’accesso al pubblico impiego mediante concorso e introducendo il sistema della chiamata diretta. In questo modo, non solo non verranno garantite quelle condizioni di trasparenza e di imparzialità richieste dalla Costituzione per l’accesso ai pubblici uffici, ma soprattutto verranno attuate assunzioni a termine, senza diritti e senza garanzie, procedendo così sulla strada della precarizzazione dei rapporti di lavoro all’interno della scuola italiana.

Questa è la risposta del governo alla richiesta di maggiori certezze espressa dalle tante proteste dei docenti precari che si sono susseguite in tutti questi mesi.

Anche di questo si discuterà nell’iniziativa promossa dal gruppo parlamentare dei Democratici di Sinistra della Camera dei Deputati venerdì 23 luglio alle ore 9.30 presso la sala del Refettorio a Roma.


Alba Sasso
Piera Capitelli
Giovanna Grignaffini


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 ilaria ricciotti    - 21-07-2004
Ogni giorno che passa, le indecenze lievitano a dismisura.
Tanto la classe docente è in vacanza!
A quanti interesserà,
ciò che a settembre succederà?




 Comuncato Cgl scuola    - 22-07-2004
Assunzione degli insegnanti: il progetto del Ministro viola la Costituzione

Comunicato stampa di Enrico Panini
Segretario generale FLC Cgil


Lo schema di Decreto per l’assunzione degli insegnanti (art.5 Legge 53/’03), predisposto dal Ministro dell’Istruzione, viola la Costituzione.

Come ha recentissimamente ribadito la Corte Costituzionale (a proposito di una legge della Regione Valle d’Aosta), l’assunzione nei ruoli dello Stato non può che avvenire tramite un pubblico concorso.

Ciò a salvaguardia di diritti fondamentali posti a tutela dei lavoratori (quali la libertà di insegnamento, il diritto a non essere discriminati sulla base dei propri convincimenti ideali, ecc.) e per affermare l’imparzialità del datore di lavoro pubblico.

Consigliamo, a fronte delle chiare norme costituzionali, di non cercare scorciatoie o mettere in campo fumisterie inaccettabili!

Non solo.

Il progetto del Ministro, pienamente coerente con la linea di Forza Italia, che già nella precedente legislatura presentò – primo firmatario l’on. Berlusconi e sottoscritto dai parlamentari dell’attuale maggioranza - un Disegno di Legge per l’assunzione diretta degli insegnanti da parte dei Consigli di Amministrazione delle scuole, suona come una provocazione per le decine di migliaia di docenti oggi inseriti nelle graduatorie permanenti.

Per loro il Governo non intende effettuare le oltre 100.000 immissioni in ruolo nel triennio stabilite dal Parlamento perché ora vuole cambiare le regole del gioco.

Se il progetto del Ministro andrà avanti, tutto sarà più precario: i docenti; i diritti degli studenti; il futuro della scuola pubblica, la libertà di insegnamento.

Se il Ministro Moratti cercava un’altra occasione per aumentare il già esteso fronte del conflitto con i lavoratori della scuola c’è sicuramente riuscita.

Non possiamo fare a meno, però, di chiederci perché debba continuare ancora da parte del Ministro dell’Istruzione questa ricerca esasperata del conflitto su tutto.



Roma, 21 luglio 2001



 Anna Pizzuti    - 24-07-2004
Dall'Unità

L’ultimo mostro: la devolution dei professori


MARINA BOSCAINO


Come tutti gli anni la sorpresa non si è fatta attendere. L’estate è la stagione che la lady di ferro dell’Istruzione preferisce per sferrare colpi micidiali sugli insegnanti italiani. Il caos di un anno di malagestione - di anni di malagestione -, di decisioni e contrordini sulla sorte dei precari, e di elencazioni di dati che ci informano di quanto la scuola italiana sperperi - avendo un rapporto docenti-studenti superiore rispetto ai paesi europei - inducono il ministro a confezione l’inesorabile pacco sorpresa per gli insegnanti italiani: buone vacanze! La sua fissazione, si sa, è stata fino ad ora il taglio; e lei è una donna di parola, non si può negare: trentaduemila i posti in meno (docenti e non) annunciati dalla Finanziaria 2002 che sarebbero dovuti scomparire in tre anni. Detto fatto: a colpi di accorpamenti di cattedre, di insegnanti-tutor alle elementari, di tagli sul sostegno, di 18 ore obbligatorie, gli insegnanti che vanno in pensione e il cui posto non viene reintegrato. È un lavoro paziente, ma che dà i suoi frutti. Nel frattempo è di nuovo estate. Tra meno di un mese e mezzo riaprono le scuole e regna l’incertezza più completa. Lo slittamento della pubblicazione delle graduatorie al 20 agosto condanna chi non è di ruolo al consuento, ulteriore mese di incertezza. Il decreto legge approvato in aprile convertito in legge in giugno sui criteri del rinnovo anno scolastico deve essere modificato in merito al doppio punteggio per il servizio nelle scuole di montagna e alla possibilità di sommare i punti maturati insegnando discipline diverse (e quindi facendo valere graduatorie e appartenenze a più classi di concorso). Insomma, i soliti errori, la solita approssimazione, il caos di sempre.
Qualcosa di nuovo però c’è. E l’ormai naturale diffidenza nei confronti delle novità firmate Moratti ancora una volta si dimostra fondata. È quando ci sono provvedimenti che affondano più profondamente di altri la propria ragione di essere nella sua ideologia che siamo più preoccupati. Perché il sistema ideologico Moratti fa tremare. Qualcosa di ben più pericoloso dei gravi ritardi che umiliano i precari e dei gravissimi tagli che comunque ci parlano dell’idea di una scuola in cui la qualità dell’insegnamento è paradossalmente l’ultimo dei criteri considerati. Ora l’attenzione del ministro è concentrata sulla riforma del reclutamento del personale docente: soppressione delle graduatorie (quelle esistenti andranno ad esaurimento) e creazione di un albo regionale a cui le singole scuole attingeranno per chiamata diretta. La Moratti, l’ha dimostrato varie volte, ha un vero e proprio istinto da pioniera. Il suo zelo pragmatista le impone di anticipare provvedimenti ancora non approvati; due anni fa inventò - sempre d’estate - una sperimentazione del suo progetto di riforma i cui risultati non mai stati pubblicati. Ma che, intanto, ebbe l’indiscutibile merito di «muovere» qualcosa, mentre l’approvazione della delega languiva per l’immensa opposizione (anche interna). Oggi la signora Moratti propone candidamente alle parti sociali un decreto che anticipa la scuola della devolution, forse per rassicurare, almeno per ciò che riguarda l’istruzione, i colleghi leghisti che scalpitano. Che scuola è quella che prevede la chiamata diretta, individuando in sostanza 21 diversi sistemi di reclutamento? È una scuola che - prima di tutto - snatura il senso dell’aggettivo «pubblico». Lo distrugge, lo devolve, lo abroga nella sua sostanza come un inutile orpello, come uno scomodo vincolo. È una scuola che individua criteri per la soluzione dei suoi insegnanti molto lontani dal concetto di esigibilità dei diritti per tutti: perché i diritti degli insegnanti non saranno esigibili da tutti gli insegnanti. Né quelli degli studenti. Perché è una scuola che antepone l’appartenenza - ad una comunità, ad un sistema culturale, ad una confessione religiosa - al merito, ai titoli, alle capacità. È una scuola in cui le conoscenze non s’intendono nel senso di ciò che conosci, ma di chi conosci. È una scuola che dice come insegnare e che cosa insegnare se si vuole lavorare. E sottrae allo Stato il ruolo di garante che le ha permesso - pure nelle carenze e nelle imperfezioni - di realizzare un progetto di crescita culturale e civile per tutti i cittadini di questa nazione. È una scuola non di tutti e non per tutti, perché seleziona gli educatori in base a criteri soggettivi, non universali. E quali altri poi? La simpatia personale? I trascorsi privati? Il colore degli occhi? O della pelle? Che limita, circoscrive la libertà di insegnamento e, di conseguenza, di apprendimento degli allievi. È una scuola che non forma, che indica precisi paletti entro cui esercitare una parvenza di libertà. Come «l’antropologia cristiana», alla quale si ispira. Come la divaricazione tra istruzione e formazione professionale. Come la subdola dizione diritto-dovere, che di fatto abbassa l’obbligo scolastico. Come l’anticipo, solo per alcuni. Come l’immissione e il ruolo degli insegnanti di religione, dipendenti pubblici scelti dalla curia. Violazioni di democrazia che ci stanno abituando - noi italiani - ad ingoiare, chi con rabbia, chi con rassegnazione, chi con indifferenza, ma che stanno inesorabilmente distruggendo la scuola pubblica nel nostro paese.