breve di cronaca
I favori del boss
Gazzetta del sud - 18-04-2001
Pur di avere un lavoro mi rivolgerei anche alla mafia. Questa la risposta, che sta creando scalpore e polemiche in tutta Italia, del 14 per cento degli studenti maturandi di Cefalù e delle Madonie, interpellati, attraverso un questionario distribuito nelle scuole, dai redattori della Rivista della Curia cefaludese. Il 26 per cento di quei giovani, invece, ritiene che, pur di avere un lavoro, è il caso di accantonare i sogni ed accontentarsi di quanto offre la realtà. Il 34 per cento, poi, è convinto che tuttora possa funzionare la raccomandazione classica. Inoltre, il 49,7 per cento di questi studenti non si sente pronto ad affrontare il mondo del lavoro. Di questi, il 44 per cento ne attribuisce la responsabilità alla scuola, il 23 per cento alla società, il 7 per cento alla famiglia. Infine, tre su quattro, ovvero il 73 per cento degli intervistati si è detto disposto a lasciare il proprio comune di residenza pur di avere un lavoro, ma con una postilla: per l'88 per cento se nel comune di residenza non esiste il lavoro dei sogni, la responsabilità sarebbe del governo (il 24 per cento), dei politici siciliani (il 26 per cento), degli amministratori locali (il 25 per cento), di cause diverse (il 25 per cento). Commentando il sondaggio il vicepresidente della Regione, Fabio Granata, già presidente della commissione regionale Antimafia, ha dichiarato: "Il dato che emerge, se veritiero, indicherebbe una superficialità allucinante per almeno due motivi: perché la Sicilia sta risalendo la china lentamente, ma inesorabilmente, riportando un trand positivo, ragion per cui non servono sterili lamentazioni, bensì capacità di formazione e di crescita; perché la mafia, grazie al sacrificio di molti, conta sempre meno sul territorio e in virtù anche del nuovo modello di sviluppo siciliano, il quale privilegia l'intraprendenza, l'intelligenza e la formazione. Non più il posto fisso o l'assistenzialismo, dentro i quali le mafie si sono sedimentate, ma nuove forme di sviluppo reale alle quali tutti stiamo lavorando aldilà di tanti scempiaggini". Per Leoluca Orlando, candidato dell'Ulivo per la presidenza della regione siciliana, invece, "ritorna alla memoria il tempo in cui a Palermo come a Catania e in altri centri si associava il lavoro alla mafia: questo tempo è finito, deve finire". "E' impegno della Regione del terzo millennio -ha affermato Leoluca Orlando - rispondere e dimostrare che la mafia, che purtroppo esiste ancora, porta solo morte, vergogna e sottosviluppo". Per Francesco Forgione, segretario di Rifondazione comunista, "il dato è inquietante ma comprensibile perché c'è un'Italia due velocità: il nord con la piena occupazione e la Sicilia con il 22 per cento di senza lavoro, grandi fasce di sommerso e lavoro nero minorile". Secondo Forgione "è il fallimento delle politiche di Polo e Ulivo verso il sud". "È un dato allarmante da prendere con le pinze e che andrebbe verificato con tecniche scientifiche e su basi più ampie", ha rilevato Simona Vicari, sindaco di Cefalù e componente della Commissione antimafia all'Assemblea regionale siciliana. "Escludo - ha aggiunto - che la cultura mafiosa faccia parte dei giovani delle Madonie". Per Simona Vicari, che è anche deputato all'Ars, ben più allarmante è quel 49,7 per cento di studenti che hanno risposto di non sentirsi di affrontare il mondo del lavoro. "Dimostra - ha rilevato - come la scuola non sia al passo con l'evoluzione della società ed è una sostanziale bocciatura della riforma scolastica tentata dal governo di centrosinistra, che ha privilegiato l'aspetto cosiddetto estetico e strutturale senza puntare a quello educativo e formativo. Il prossimo governo dovrà confrontarsi con una reale riforma". Dello stesso parere Maurizio Gasparri, secondo cui "la sinistra è la sola artefice di questa disfatta. Al Sud la sinistra ha fallito su tutti i fronti: non ha risolto il dramma della disoccupazione, non ha realizzato infrastrutture, non ha debellato la criminalità diffusa e organizzata, agevolando, anzi, quest'ultima con alcune scelte politico-parlamentari a dir poco discutibili". Per Gasparri "è evidente che quella fetta di giovani pronta a rivolgersi a Cosa nostra per trovare lavoro percepisce lo Stato come entità lontana e incapace di proporre soluzioni ai loro problemi".

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