Michele Sorbara - 07-07-2004 |
Gli emigranti di sempre senza valigia di cartone I racconti del nonno d’Ilaria, non sono altro che il resoconto di ciò che accadeva in Italia più di un secolo fa fino agli anni 50. Da allora e per molti decenni fu come un retaggio delle generazioni a seguire. Intere popolazioni del nord prima (Veneto, Trentino, Liguria), e del sud e del centro poi (Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, Molise, Abruzzo ecc. ecc.), hanno intrapreso il loro viaggio spesso senza un soldo in tasca, ma con il “fagotto” sotto il braccio oltre che la famosissima “valigia di cartone”. La disperazione della povertà, l’opprimente morso della fame, la speranza di poter lavorare e guadagnarsi un pezzetto di pane per sè e per i figli, li spingeva verso nuovi lidi, e così con il cuore in gola e la paura dell’ignoto s’imbarcavano sui bastimenti senza però dimenticare la loro Italianità. Erano contadini radicati nella terra che consideravano loro, anche se non di proprietà e che amavano tanto più quanto essa era arida e dura. Contadini che a volte non avevano visto mai il mare, ma ne affrontavano le insidie, molti vendevano il pezzetto di terra per racimolare i soldi del biglietto e chi non riusciva a comprarlo per tutta la famiglia lo acquistava solo per se stesso o per sè e per la moglie. Quanti hanno dovuto lasciare i figli affidandoli ai parenti! Quanti hanno visto le proprie famiglie spezzarsi in due, quelli che partivano e quelli che dovevano rimanere perché troppo piccoli o malati sarebbero stati di peso per il resto della famiglia! Chi non era interessato alla partenza poteva raccontare come erano strazianti le immagini d’addio lungo i moli dei porti, tra chi partiva e chi restava. L’ossessiva e costante promessa di ritornare era ripetuta continuamente come per sincerarsi e convincersi di ciò che si prometteva (quanti non sono più tornati). Queste situazioni hanno ispirato poeti e musicisti che hanno poi immortalato in canzoni e sceneggiate i momenti più romantici e disperati. Oggi non c’è più quella “valigia di cartone”, simbolo o marchio di chi emigrava, oggi non ci sono più simboli per l’emigrante. Il progresso oggi ha in massima parte limato le differenze, e quindi non ci sono più le terze classi sui treni, ma ha alimentato il latente razzismo, l’odiosa indifferenza. Le terze classi oggi esistono nel cuore e nella mente. Il povero è vero, viaggia accanto al ricco, ma solamente perché non è visto dalla cieca indifferenza. Oggi però ci sono ancora gli emigranti di sempre, quelli che non viaggiano più con la valigia di cartone , ma che con lo stesso nodo in gola e qualche centinaio d’euro in tasca, salgono sui treni per raggiungere le grandi città del nord; non dovranno affrontare lunghissime settimane di viaggio soffrendo il beccheggio dei bastimenti chiusi nelle stive, o le terribili tempeste marine o provare lo sgomento e le paure di ciò che non si conosce. Oggi i giovani e i non più giovani sono diplomati e anche laureati, non c’è più l’analfabetismo diffuso come un secolo fa o come 40 anni fa, però ci sono le stesse prevaricazioni, le stesse umiliazioni. A pensarci bene, per chi deve lasciare il proprio paese in cerca di lavoro, è più umiliante la situazione odierna perché siamo abituati a sentir parlare di democrazia, di diritti, di rispetto, di altruismo, quando invece giornalmente incontriamo egoismi, indifferenze, prevaricazioni, arroganze, illegalità, porte sbattute in faccia. Un secolo fa l’ignoranza e l’abitudine avevano plasmato i nostri nonni, che sicuramente non vivevano la mancanza di diritti e democrazia come umiliazione, avevano altro da pensare, dovevano sfamare loro stessi e la famiglia. Sono sicuro che sia stata la fame l’imput comune a tutte le grandi rivoluzioni. Una volta, i negrieri, gli sfruttatori, erano i “baroni”, oggi i loro successori sono i piccoli imprenditori i commercianti, i benestanti che non si accontentano di ciò che hanno e sfruttano i lavoratori per poter avere di più. Le leggi favoriscono lo sfruttamento della forza lavoro, un esempio alla portata di tutti è lo stabilimento della FIAT a Melfi, messa sù con i contributi dello stato e avviata con l’assunzione di operai con contratti di formazione lavoro; questi contratti dovrebbero avere una durata di tre anni, poi si dovrebbe passare al perfezionamento dell'assunzione con contratti normali. A Melfi, però, i contratti di formazione lavoro sono andati avanti per un decennio ed anche più. Ecco un altro piccolo esempio chiarificatore di sfruttamento: una ragazza è assunta presso un supermercato come aiuto cassiera. L'orario di lavoro è dalle ore16. 30 alle ore 20.30, con riposo settimanale, il salario è come da contratto collettivo nazionale; orario effettivo di lavoro cassiera a tutti gli effetti, dalle 15.30 alle 21.00 / 21.30, nessun riposo settimanale e chi protesta perde il lavoro. A margine di ciò aggiungo che in molti casi si è costretti dalle necessità di lavorare, a firmare una busta paga più sostanziosa di quanto si riceve. Questa è un’esperienza personale, ma potrei elencare una miriade di situazioni di illegalità, la cosa più brutta è che nessuno indaga, a nessuno interessa ufficializzare la verità. Si sente affermare che i giovani devono sradicarsi dalle loro radici e cercarsi il lavoro lì dove c’è e, chi non lo fa è uno sfaticato; non è vero, non è così che stanno le cose. I giovani hanno la stessa voglia di lavorare di chi un secolo fa ha lasciato la propria terra per incontrare il lavoro che apparteneva ad una lingua diversa dalla propria, dove diversi erano i modi di fare e le culture delle genti che s’incontravano. Sui volti dei nostri giovani emigranti non c’è la stessa disperazione dei loro bisnonni, non c’è la vera fame, ma, s’imbarcano lo stesso sul treno avventurandosi speranzosi e con molte più cognizioni dei loro predecessori sui quali hanno indubbiamente dei vantaggi, ma trovano ad aspettarli famelici fittacamere che chiedono anche 350 euro per un posto letto, l’alternativa è la panchina delle stazioni ferroviarie o dei parchi. Trovano ad aspettarli datori di lavoro che li sfruttano per qualche settimana e poi spesso li fanno attendere per ricevere come giusto compenso il salario maturato sempre che, come avviene sempre spesso, quel momento di lavoro non sarà considerato periodo di prova. Devono cercarsi un nuovo lavoro e intanto il tempo passa, bisogna mangiare e pagare la camera, i genitori devono inviare altri soldi. Anche queste sono esperienze personali. Di questo passo questi giovani quando matureranno i contributi previdenziali? C’è chi sostiene che i giovani devono provvedere al loro futuro con la stipulazione di assicurazioni integrative, ma con quali soldi potranno pagarsela i disoccupati e i precari o, chi lavora percependo come salario solo quanto basta per pagarsi la necessità di sopravvivere? La stagione della raccolta dura poco, ma rende una buona paga, però poi tocca fare le pulizie nei locali per due, tre forse, quando capita, anche cinque ore al giorno, a 5 euro l’ora, senza nemmeno essere regolarizzati, si ricomincia alla ricerca di nuovo lavoro, intanto bisogna bussare più volte alla porta del vecchio datore di lavoro che non li ha ancora liquidati. Le agenzie di lavoro? Le statistiche ufficiali sostengono che l’ottanta per cento dei posti di lavoro è assegnato tramite segnalazioni (raccomandazioni). Non c’è più la valigia di cartone che spesse volte era legata con lo spago per poterla tenere insieme, però ci sono ragazzi che dormono nelle stazioni, non sono ancora barboni, ma sono sul punto di diventarlo, e la strada per diventare di peggio è lì vicina, ci passano davanti ad ogni momento, in questi casi è solo la fortuna che li aiuta. Le cose non cambieranno fin tanto che la gente penserà soltanto al proprio benessere, tralasciando di soffermarsi su questi aspetti sociali che sono vere e proprie piaghe. Chi oggi è nel benessere non pensa per niente che, andando così le cose, anche loro alla fine perderanno qualcosa, e a quel punto credo purtroppo che avranno amare sorprese. Non ho volutamente fatto cenno agli emigranti del terzo mondo, ma solamente perché credo che questo sia tutto un altro discorso, anche se le cause coincidono con i nostri problemi che si chiamano “egoismi”. |
malaisi reano - 15-07-2004 |
Quando ero bambino mia madre non faceva che ripetere a me e a mio fratello che dovevamo studiare. Lo studio era il nostro lasciapassare verso un'esistenza migliore. Dovevamo imparare a parlare bene per difenderci meglio, per non sentire il disagio che lei, figlia di contadini, sentiva ogni volta che doveva esprimere un opinione o anche solo di fronte all'impiegato di un qualche ufficio. Dovevamo prendere una laurea per avere un lavoro meglio pagato, meno faticoso, piu' pulito di quello di nostro padre che trascorreva gran parte della vita immerso nell'olio e negli scarichi dei macchinari delle sue fabbriche. Mia madre aveva ragione. Studiare mi ha reso piu' ricco. Ho una vita migliore di quella dei miei genitori ; piu' interessi, maggiori opportunità di relazione, nessun ufficio che mi spaventi. Ma guadagno molto meno di mio padre, oggi in pensione. Quella laurea l'ho conseguita e con il massimo dei voti. Volevo fare l'insegnante ed ho affrontato il concorso che lo stato ha indetto per selezionare i suoi insegnanti .L'ho superato. Mi hanno chiamato per delle supplenze . I miei colleghi, il preside, i miei studenti, mi hanno fatto capire che avevo le qualita' per fare quel lavoro. Le emozioni positive e l'entusiasmo che mi hanno attraversato in quei mesi mi hanno confermato che quella era la mia strada. Poi arrivano le riforme, le scuole di specializzazione, le graduatorie, le normative che cambiano, la consapevolezza che una cattedra si conquista a prezzo di tutte le energie necessarie per poterlo essere un insegnante. Poi passano gli anni e devi vivere anche quando la graduatoria è ferma. Trovo un altro lavoro; mi occupo di disabilità mentale. Lavoro faticoso, affascinante e mal pagato. Non riesco però a spiegare a mia madre come mai malgrado tutti i libri letti, malgrado abbia fatto tutte le cose per bene, non mi posso permettere di pagare l'affitto. |
Michele - 18-07-2004 |
Leggere su queste pagine o altrove, magari conoscere personalmente o per vie traverse, realtà amare o peggio ancora irrisolvibili, mi rattrista e sempre mi sollecita a respingere con forza l’accettazione della spietata “globalizzazione economica”. Da una parte abbiamo l’opulenza di intere famiglie, che hanno avuto con le “conoscenze” adeguate, l’opportunità di sistemarsi a vita nel mondo del lavoro e che quindi hanno la possibilità di scialacquare e sprecare spesso e volentieri in esigenze superflue dettate dallo “status simbol”.Dall’altra, i disoccupati cronici, i disoccupati forzati, i precari. I primi, sono persone che non trovano lavoro solo perché non hanno requisiti o abilitazioni adeguate alle richieste (una volta l’imprenditore assumeva e formava il dipendente, mentre oggi si delega volutamente all’iniziativa personale), e così stando le cose non troveranno mai un impiego se lo stato non provvede alla loro formazione. Credo però che questa sia anche una scusa, per continuare ad utilizzare il metodo delle raccomandazioni, infatti, le statistiche dicono, che una percentuale altissima di posti di lavoro disponibili, sono occupati con la logica della “segnalazione”. I secondi, vittime dell’uragano “New Economy” che ha spazzato posti di lavoro per ridimensionamento delle maestranze, e industrie che spesse volte hanno chiuso battenti per riaprirli in nazioni povere dove il costo del lavoro è bassissimo, sono costantemente in cerca disperata di una collocazione nel mondo del lavoro. Questi ex lavoratori hanno spesso superato la soglia dei 40 anni e malgrado abbiano una formazione non rientrano nei piani delle industrie che preferiscono i giovani(forse perché più facilmente “addomesticabili” rispetto a chi era sindacalizzato). I terzi, sono manna per industriali e imprenditori, essendo condizionabili e sempre a disposizione e quindi, senza tutela sul mercato a buon prezzo. La nuova legge sul lavoro anziché favorire l’incremento di posti di lavoro a tempo indeterminato, facilita lo sfruttamento del precariato e del sommerso. Soffermarsi sulle mille sfaccettature della realtà dei fatti è inutile. Grazie alla volontà del mondo imprenditoriale, di volere continuare a vivere all’ombra dei privilegi come nel passato, a fronte di situazioni di regresso nell’economia, l’unica prospettiva di una buona fetta della popolazione è quella di sopravvivere. L’esperienza non mi permette di essere ottimista e quindi, vivo la vita con molto astio verso certi comportamenti oramai globalizzati. Le cose non possono cambiare perché, in effetti, la percentuale di chi vive male o precariamente è troppo piccola perché spinga un popolo a cambiare, se pure con l’arma del voto, una classe politica inetta e affarista per proprio tornaconto. Bisogna anche rilevare che proprio per preservare i propri privilegi i ceti medi e medio alti automaticamente si coalizzano, per rafforzare questo stato di cose. Il progresso tecnologico ha favorito l’evoluzione e il benessere dell’essere umano, ma questo non ha prodotto un incremento della sua intelligenza, lo ha solo spinto ad essere più egoista ed appariscente. Non faccio una colpa a chi onestamente investe i propri soldi e ne trae guadagno, o a chi con l’abilità della propria arte o conoscenza riesce onestamente ad arricchirsi, questo non solo è lecito, etico e morale, ma anche stimolo per il mercato. Dico solo che la realtà è ricca di disonesti che approfittano delle proprie abilità e del personale sapere. Allora avevano ragione da vendere i nostri genitori, quando ci stimolavano allo studio. Il sapere da forza quando l’intelligenza è adeguata alle conoscenze, facilita la comunicazione e le scelte di vita ma, è anche vero che chi ha scelto di imparare un mestiere, ha acquisito altre conoscenze che lo hanno reso forte in quel campo e dunque non ricattabile. Purtroppo è il vivere nella collettività che condiziona la persona onesta, laureato o analfabeta che sia deve sottostare al disonesto colto o analfabeta che per avere l’opportunità di dissipare in superfluo, fa carte false per mantenere una situazione sociale come, questa odierna. Lo studio arricchisce (non sempre, un povero d’intelligenza sarà sempre povero, almeno nell’anima) a prescindere, ma da solo non rende migliore la vita, che certamente era più consona all’uomo, quando io ero bambino che oggi nella condizione di pensionato. I valori soprattutto erano come sacramenti, anche se i disonesti esistevano anche allora, mentre oggi che l’età media della vita è raddoppiata, che la tecnologia ci fa comunicare e spostare con molta più facilità o che in campo sanitario si sono fatti progressi prima impensabili, l’etica, la morale non esiste quasi più, ma è solo soggettiva. Le opportunità di relazione si sono ampliate, ma per poterle mantenere occorre essere nelle condizioni economiche di farlo, bisogna essere visibili e appariscenti. Credo che nel momento in cui, non si riesce più ad essere visibile e appariscente come prima, le relazioni muoiono e si entra nel limbo degli invisibili, grazie all’indifferenza di chi invece riesce a conservare uno stato sociale adeguato. I miei genitori, pur essendo vissuti nell’ambito rionale di una piccola cittadina, hanno avuto possibilità relazionali superiori alle mie, senza avere a disposizione i mezzi tecnologici ed economici che io ho oggi. Non c’erano a qui tempi, tra loro, conoscenti ed amici, ingiuste sperequazioni, forse perché l’umiltà rendeva gli uomini migliori e la frugalità forzata del tenore di vita accomunava. Credo che la forza delle idee e delle opinioni sia sempre efficace a prescindere dall’espressione linguistica, la cultura contadina, anche se espressa nella forma dialettale, ha sempre il suo valore. So di contadini che amavano l’opera e ne ho conosciuti che sapevano snocciolare la divina commedia anche se semi analfabeti. Il lavoro oggi è più pulito per ciò che riguarda l’aspetto esteriore, ma indubbiamente è più intossicante di un tempo, le fabbriche a vederle hanno un aspetto migliore, ma gli scarichi che rilasciano nell’aria e nelle condotte sono molto più inquinanti di, quando l’inquinamento era causato dal carbone. La migliore capacità espressiva, le migliorate condizioni di lavoro, la migliore disponibilità di servizi accessori anche se non sempre di buona qualità, non risponde certo ad una migliore qualità di vita proprio per via della sperequazione retributiva che a molti permette di avere anche il superfluo e ad altri non permette di pagare l’affitto. Negli apparati statali e anche in enti privati, ci sono lavoratori che percepiscono stipendi che nulla hanno a che fare con le corrispondenti mansioni, senza contare poi lo sfruttamento, per restare nell’ambito dell’insegnamento, nelle scuole private d’insegnanti che a volte sono costretti a lavorare solo per la maturazione di punteggio. Non è semplice per un genitore, messo davanti all’evidenza, accettare che un figlio nonostante i sacrifici e l’impegno, non riesca a pagarsi l’affitto di casa. Per troppo tempo ha avuto fiducia nella logica delle cose, oggi invece il mondo intero va contro corrente e noi genitori ci sentiamo a disagio perché siamo consapevoli che i mali del mondo sono indissolubilmente legati al comportamento dell’essere umano |
ilaria ricciotti - 18-07-2004 |
Dopo gli spaccati di vita comunicati sia da Michele che da Reano ,ed indirettamente le inferenze deducibili dalle loro opinioni, debbo dire che provo tristezza ed anche rabbia. Il mondo a mio avviso non può andare avanti così. Noi adulti non possiamo lasciare ai giovani false speranze, false illusioni e sogni irrealizzabili. Non possiamo lasciare come nostra eredità neanche tanta corruzione, ingiustizia ed illegalità. Dovremmo, per essere chiamati uomini, riappropriarci di quei valori che sembrano siano stati sepolti, e di quelle virtù che distinguono il vero uomo dal BRUTO. Però a mio avviso non bisogna neanche perdere la speranza; mai, perchè presto arriverà la primavera dei popoli, ed i giovani potranno sorridere alla vita e realizzare i loro sogni. A proposito, soltanto noi tre abbiamo qualcosa da dire in merito? |
ilaria ricciotti - 20-07-2004 |
A proposito di quanto esplicitato sopra, quali sarebbero le risposte che la maggioranza di governo ed i politici che stanno all'opposizione darebbero in merito? Saremmo grati se ricevessimo da loro dei commenti sia in riferimento alle storie presentate che alle riflessioni e considerazioni da noi esternate. Speriamo che qualcuno di lor signori rispondano prima di andare in vacanza. |
ilaria ricciotti - 22-07-2004 |
Invio i Link che mi sono stati gentilmente segnalati da Barbara Ronchetti ,collaboratrice del Dipartimento Lavoro (Segreteria DS), in merito a: 1) Progetto Occupazionale DS Link http://www.dsonline.it/stampa/speciali/futurodellavoro/index.asp 2)Intervista di Cesare Damiano a Roberto Rossi Link htt:www.dsonline.it/aree/lavoro/documenti/dettaglio.asp?id_doc=19630 Entrambi valgono la pena di essere visitati. |
Giampiera Giandomenico - 28-07-2004 |
A commento dell'articolo e del tema affrontato, propongo, come ha fatto il Dipartimento lavoro della Direzione DS, di visitare il sito www.margheritaonline dove, tra le proposte elaborate dal Dipartimento Lavoro (responsabile Tiziano Treu) potrete trovare in particolare Il Libro Bianco Nero del Mezzogiorno e Le proposte della Margherita per un nuovo welfare. che , credo, siano abbastanza esaustive sulla posizione di un partito di maggioranza sul problema lavoro e occupazione, specie al Sud. |
ilaria ricciotti - 31-07-2004 |
Cari lettori, cosa ne pensate dei siti segnalati dal dipartimento lavoro DS e Margherita in riferimento al tema che ho sottoposto ad entrambi? Ciò che reputo strano, da quando mi è stato dato l'incarico di gestire questa rubrica è che nessuno degli opinionisti abituali e dei lettori saltuari apporti il suo importante contributo. La cosa è alquanto anomala, ma anche significativa. Conosco infatti diversi lettori che avrebbero da raccontare tantissime ed aberranti storie lavorative. Storie di ingiustizie, di angherie e di disperazione. Conosco lettori che potrebbero trasmetterci utilissime informazioni sui diritti ed i doveri di un lavoratore o di chi il lavoro lo sta cercando. Ma, tutti tacciono. Perchè? Forse "fuoriregistro"non viene letto quando si è in vacanza? Comunque, io e "i forasacchiani" tenaci andremo avanti lo stesso. |