breve di cronaca
I nostri figli e la scelta della scuola tra aspirazioni deluse e tradizione
Repubblica - Palermo - 05-07-2004

Man mano che le scuole chiudono i battenti per le sospirate vacanze estive, numerosi alunni hanno da sciogliere l´ultimo nodo prima di tuffarsi a mare: che indirizzo scolastico intraprendere? La questione si pone per tutti i ragazzi che hanno ottenuto il diploma di terza media e per molti che - essendo stati non-promossi alla classe successiva in istituti superiori - devono decidere se proseguire nella stessa strada o cambiare tipo di studi. Come se già tutto questo non fosse abbastanza impegnativo, poi, all´interno dello stesso istituto bisogna optare fra vari 'corsi' (più o meno sperimentali) dalla fisionomia talora marcatamente differente rispetto agli altri.
Anche i profani intuiscono senza difficoltà che si tratta di decisioni rilevanti per il successo scolastico - e dunque per la serenità complessiva - dei propri figli: ma proprio questa consapevolezza porta, talora, a errori che si ripercuotono duramente negli anni successivi. E´ ovvio infatti che i genitori non se la sentono di lasciare i figliuoli, ancora tredicenni o giù di lì, a sbrigarsela da soli; ma troppo spesso il doveroso consiglio diventa insistenza, pressione, condizionamento. Con l´effetto disastroso di inculcare nello studente l´impressione, se non proprio la persuasione ragionata, che si stia impedendo il libero fiorire di una 'vocazione' e che lo si stia manipolando in una sfera intima ed esclusiva.
L´esperienza ci attesta che un primo errore da parte dei genitori (e qui i più attenti e premurosi possono riuscire i più dannosi) è seguire quello che potremmo definire il criterio della 'fotocopia': se tuo nonno era avvocato e tuo padre pure, è ovvio che tu sei destinato a ereditare studio e clientela. Come si fa a tradire una tradizione di famiglia che sinora ha portato onori e benessere economico? Forse per ora non sei abbastanza maturo per capirlo: ma, strada facendo, te ne convincerai. Il sangue - o il Dna - non mente. Questo criterio, diffusissimo nel Meridione, lo è molto meno in altre aree europee dove non è per nulla eccezionale, né tanto meno scandaloso, che il figlio dell´avvocato scelga di fare il massaggiatore sportivo o che il figlio del medico diventi un valente elettricista. E´ vero, spesso - alla fine - funziona. Ma - al di là della cortina esteriore della rispettabilità sociale - si è davvero realizzata una persona umana? O l´essersi piegato a un mestiere che non coincide con la propria passione significa entrare nell´anticamera dell´infelicità?

Un secondo errore lo si potrebbe denominare il criterio della "rivincita": tu devi scegliere il liceo classico non perché tuo padre è un affermato professionista, ma perché avrebbe voluto diventarlo e - per varie circostanze - non c´è riuscito. Il ragazzo è così appesantito da una montagna di aspirazioni, di ambizioni che non sono le sue e che lo costringono ad affrontare fatiche di cui non avverte, esistenzialmente, il fine. Anche questo meccanismo, spesso, riesce a dare i suoi frutti materiali, esteriori: ma - se solo gettiamo uno sguardo più profondo - il figlio dell´idraulico è necessariamente più "riuscito" del padre solo perché ha in tasca una laurea ed è riuscito, magari, a entrare in una banca prestigiosa?
Se si vogliono evitare simili errori pedagogici, non resta che adottare il criterio della "responsabilità orientata". Ai ragazzi che sono di fronte alla scelta va detto innanzitutto che anche in questo campo - come in tutte le cose belle e significative della vita - le scelte vanno operate in autonomia e responsabilità. La scuola "migliore" è la scuola che si frequenta con convinzione, se non proprio con entusiasmo. La maturità non scatta da un giorno all´altro, ma si va costituendo: e anche grazie alle proprie decisioni. E´ molto più formativa l´assunzione di una decisione sbagliata (ma procedere per "prove ed errori" non è forse il segreto della conoscenza?) che non l´accettazione passiva di una decisione giusta. L´accettazione passiva di una decisione sbagliata altrui, poi, è un marchio che ci segna per il resto della vita.
Queste indicazioni di semplice buon senso - ampiamente disapplicate nella pratica quotidiana col risultato di vedere ragazzini che odiano per cinque anni il greco rimpiangendo le lezioni di programmazione informatica verso cui si sarebbero sentiti più attratti - valgono per tutti i Paesi del mondo. Dalle nostre parti si potrebbe aggiungere una notazione un po´ più contestuale. Sappiamo che, almeno a parole, insegnanti e genitori colgono l´importanza dell´educazione alla legalità e ripetono, un po´ retoricamente, che il futuro della Sicilia sta nelle coscienze delle nuove generazioni. Ebbene, il momento delle iscrizioni potrebbe diventare un´occasione preziosa in questa direzione: dunque il contrario di ciò che, quasi sempre, avviene. Molto spesso, infatti, una famiglia individua - nell´arco delle sezioni dello stesso istituto - un corso da preferire o per la configurazione curriculare o per la qualità dei docenti che vi insegnano. Nel caso che quella sezione dovesse risultare particolarmente gettonata, dovrebbero scattare dei criteri oggettivi di selezione. Invece, che cosa accade in pratica? Che si ricorre all´amicizia (anche indiretta) col preside, col professore, col segretario o col bidello per ottenere che il nome del proprio figlio risulti tra i prescelti. Che tali pratiche clientetari arrivino in porto o che rimangano tentativi incompiuti, in ogni caso il messaggio all´adolescente arriva: in questo mondo va avanti chi è raccomandato. Così, sin dal primissimo passo dentro il suo nuovo mondo sociale, il ragazzo è avvertito: tutte le tavole rotonde sulla legalità e le conferenze contro il sistema mafioso che ti proporremo servono a indicare degli splendidi ideali a cui le figure di riferimento a te più vicine (genitori e insegnanti) non credono, almeno da rispettarli quando si tratta, in concreto, di subordinare gli interessi privati alle regole pubbliche.

AUGUSTO CAVADI

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