Riceviamo da Luigia Spaccamonti e volentieri pubblichiamo
RIFORMA DELLA SCUOLA
Serie B
I nodi storici retrocessi da un impianto ancora confuso
La riforma degli ordinamenti scolastici definita dal decreto legislativo n.59 del 19 febbraio 2004 sollecita una serie di osservazioni e riflessioni.
La filosofia complessiva ispiratrice del decreto suggerisce un profilo educativo piuttosto che culturale, tutto centrato su dati identitari, svalutativi delle conoscenze specifiche in quanto elementi costituenti della formazione. Tale profilo mira «
all'educazione integrale della persona», insiste sulla preparazione alla «
convivenza civile» e sulla formazione di un modello «
di identità spirituale e materiale dell'Italia e dell'Europa», che colloca in questo contesto «
la riflessione sulla dimensione religiosa dell'esperienza umana» (allegato D). Questa identità si fonda, oltre che sulla dimensione religiosa cattolica, sulle radici nazionali, regionali e comunali italiane.
Appare del resto significativo che alla formazione del progetto siano chiamati a concorrere con il ministero, a ogni livello (anche nella determinazione dei programmi e degli orari scolastici), le famiglie, gli enti territoriali e «
l'insegnamento della religione cattolica».
Nella formazione e nella valutazione del profilo complessivo dello studente è assegnato un ruolo centrale alla figura di un coordinatore tutor scelto dalle istituzioni scolastiche, che opera «
in costante rapporto con le famiglie e con il territorio» intervenendo nelle scelte curriculari a scapito dell'autonomia dei docenti delle singole discipline. L'accesso al biennio della scuola secondaria di primo grado è sottoposto a un controllo preventivo da parte di un Servizio Nazionale di Valutazione nominato dal Miur, che porta a una forte centralizzazione la quale si traduce nella perdita di autonomia delle istituzioni scolastiche.
A questa centralizzazione burocratica corrisponde invece un'offerta formativa frammentata e discriminante, in quanto la classe ha una parte dell'orario suddiviso in tre itinerari finalizzati al «
recupero», allo «
sviluppo» e «
all'eccellenza», con l'utilizzo anche, per la scuola secondaria di primo grado, di «
contratti di prestazione d'opera con esperti in possesso di titoli definiti con decreto del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca di concerto con il ministro della Funzione pubblica».
Un forte elemento unificante di tutto il processo formativo è fornito «
dall'insegnamento della religione cattolica» (allegato C), la cui presenza disciplinare viene data per scontata come fosse obbligatoria e la cui pervasività sul piano formativo è ribadita dalle intese fra la Cei e il Miur relative alla scuola dell'infanzia e alla scuola secondaria di primo grado del 23 ottobre 2003 e del 26 maggio 2004, le quali fanno esplicito riferimento ai testi ministeriali della riforma impiegandone lo stesso linguaggio.
Nel quadro così delineato si comprende come l'
insegnamento della storia sia
assolutamente marginale e predefinito. Non solo il suo orario risulta assai ridotto, ma anche nell'indicazione dei suoi contenuti
si perde la complessità del processo storico. Viene limitato alla scuola primaria l'insegnamento della storia antica, ridotta a una narrazione di «
fiabe, miti e leggende» e privata dei suoi contenuti critici, mai più recuperati nel prosieguo dell'iter scolastico. Nella scuola secondaria di primo grado sono indicate unicamente tematiche modulari che nascono da precise scelte interpretative (ad esempio, la nascita della civiltà moderna collocata nel Medioevo, per il `500 la connessione tra «
la crisi dell'unità religiosa e la destabilizzazione del rapporto sociale» e per l'epoca contemporanea la forte insistenza sul carattere nazionale italiano).
Non è ancora disponibile a tutt'oggi l'allegato relativo all'organizzazione della scuola secondaria di secondo grado, anche se alcune informazioni generali intorno alla sua strutturazione sono già circolate. Appare indispensabile a questo proposito che sia
evitata una impostazione generale del tipo di quella sopra descritta; che sia
evitata la frammentazione in otto diversi curricula di storia per gli otto licei previsti; che sia
mantenuto un quadro di riferimento complessivo spazio-temporale all'interno del quale collocare le singole unità di approfondimento. Si ritiene quindi necessaria la correzione dell'impostazione presente negli allegati già varati e l'avvio di serie consultazioni sulla strutturazione della scuola secondaria di secondo grado, in modo che l'istruzione pubblica garantisca non un discutibile profilo educativo-pedagogico, ma la formazione critico-culturale dei cittadini.
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Primi firmatari i docenti della Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze:
Serena Bianchetti, Bruna Bocchini, Lucia Felici, Paolo Marrassini, Rita Mazzei, Franca Pecchioli, Giuliano Pinto, Mario G. Rossi, Simonetta Soldani, Franek Sznura, Gabriele Turi
Articolo apparso sul Manifesto del 19 giugno
ilaria ricciotti - 25-06-2004
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Non è soltanto la storia nelle sue linee guida ad essere gettata nel cestino, ma la storia della scuola italiana e con essa tutto ciò che fino ad ora si è costruito, sperimentato per il bene degli alunni, di tutti gli alunni nel rispetto della Costituzione. |
Claudia Fanti - 25-06-2004
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La storia? una favoletta!
Da La Repubblica:
"I PROFESSORI”
Parte da Bologna la rivolta contro i programmi della riforma:
"La Moratti ha ridotto la storia a una favoletta"
sintetizza in modo bruciante: «La storia ridotta a una favoletta». I suoi colleghi, storici bolognesi, ma anche rappresen-tanti di altri Atenei e delle associazioni nazionali, la Sisme (gli storici moderni) e il Sisco (i contemporaneisti), non sono da meno. Da Bologna parte la rivolta degli storici contro i programmi della riforma Moratti. Alberto de Bernardi, direttore del dipartimento di Discipline storiche, riassume la critica: «La Moratti? Sarebbe stato un ottimo ministro nell'Unione sovietica, è una testa autoritaria, non una testa democratica». Gli storici se la prendono con i nuovi programmi per la scuola primaria e secondaria: «Sono legati alla cultura del ministro che è quella del cattolicesimo reazionario». De Bernardi mette in fila il dissenso: «Primo: c'è un'idea della storia eurocentrica, ideologica, tutta giocata sul nesso storia-identità e non invece come educazione a cogliere nel passato le radici delle differenze e palestra per offrire strumenti di dialogo culturale.
Secondo: la storia proposta della Moratti è erudizione del passato, archeologia, viene abolito il mondo contemporaneo». Terzo, «è un tentativo di rimuovere dalla storia il conflitto costruendo un mondo pacificato attorno a grandi valori come la Chiesa, lo Stato. L'unico dramma è stato il comunismo, tutto il resto è lenta e pacifica evoluzione. Peccato che manchino il fascismo, l'imperialismo, lo schiavismo...».
Insomma, ci sono tutte le premesse per scatenare una nuova querelle dopo il caso della cancellazione, poi rientrata, di Darwin e delle sue teorie dai libri di testo. Gli storici ne hanno discusso ieri in San Giovanni in Monte, con gli insegnanti, durante un seminario sui nuovi programmi emanati dal Ministero. «Bisogna rimarcare che la elaborazione è stata clandestina», si legge in un lungo documento di introduzione al seminario che porta la firma di un altro storico del dipartimento, Ivo Mattozzi. Per Prodi, fratello di Romano, «viene penalizzata la formazione umana». «Marginalizzando la storia si creano degli sradicati -insiste - anche il mondo industriale insiste solo sul mercato e il consumo, senza capire l'importanza della storia nella formazione della coscienza critica del cittadino».
(il. ve.)
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