Il dubbio
Giuseppe Aragno - 29-05-2004
Dallo Speciale Racconti




- Non puoi farci entrare tutto il mare in quel buco, bambino!
Così mi fa Agostino, mentre riempio secchielli su secchielli.
Lo guardo. Col sole alle spalle, è un'ombra senza volto.
Tutto il mio mare è quello che entrerà nei secchielli e nel buco che ho scavato, penso tra me e me continuando a versare la mia acqua. Intanto, nella parete buia e friabile del buco s'è fatto strada un verme.
- Due dita di mare nel buco sono un grande oceano per lui, dico ad Agostino. Tutto il mare di un verme.
- Ma è solo un verme, replica Agostino, spazientito.
Si vede che non ha molta pazienza, penso stupito, mentre tiro fuori dalla sabbia l'animaletto senza pensarci due volte. Il sole lo acceca e si torce tra le mie dita indifferenti, mentre lo infilo in un pacchetto di carta umida:
- Buono per la pesca, sussurro.
Agostino si fa pensoso.
- E' una creatura di Dio. Lo infilzerai al tuo amo, mi fa disapprovando. Non ci pensi al suo dolore e al dolore del pesce quando lo ucciderà e sarà ucciso?

Il sole alle sue spalle s'è incurvato verso il mare e gli vedo il volto irsuto: ha capelli ricci e neri, naso aquilino e uno sguardo aguzzo che non sa essere conciliante. Gli occhi lucenti di certezze non sanno insegnare. Danno ordini, penserei, se avessi più anni e più certezze. Ma sono giovanissimo a confronto di Agostino e siamo noi due soli: non c'è un bambino tra noi più piccolo che mi faccia vecchio e con qualche certezza.
Il vento porta via le parole di Agostino. Mi rimane il fastidio.

- E' vero che sei un santo? gli chiedo.
- Lo sarò, quando il tempo mio verrà.
- Verrà il tempo? Ne sembri davvero sicuro...
E' chino ora e mi guarda negli occhi come volesse leggermi nell'anima, ma si vede che non riesce.
Lo sorprendo: - Penserai che non ho un'anima ora! Lo penserai senza dubbi, come pensi che l'infinito che non entra in un buco, sta bene nella nostra testa.
Anche quando sono santi, gli uomini misurano tutto su se stessi e quelle sono le misure giuste. Le sole misure. Eppure io sono bambino perché Agostino è adulto, ma Agostino sarebbe giovane se io fossi vecchio e potrei diventare una tentazione se invece d'un bambino fossi una bella donna.
Nessuno tra noi, né io, né Agostino, né il pesce che morirà col verme, nessuno sa se vive o sogna, se c'è un tempo comune per tutti, o se ognuno ha un suo tempo.
Nessuno.




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 Emanuela Cerutti    - 29-05-2004
Ho scoperto Hugues Decointet durante uno di quei "percorsi" a metà tra l'artistico ed il popolare che rendono Parigi irripetibile esperienza del possibile.
Decointet si interroga sull'immagine, sulle sue trasfornazioni e sulle diverse tecniche di riproduzione che possono esprimerla attraverso sovrapposizioni, intrecci, piani e prospettive che cambiano.
In "Blu (Pasolini forse)" riprende dal Decameron la microsequenza di 2 minuti e mezzo di una mano che dipinge. Ne ottiene 64 fotografie che sfumano una nell'altra sfidando il movimento e scomponendolo nelle immobilità che lo rappresentano. E sfidando l'immobilità, dandole la vita che solo il movimento concede: teoria e prassi che si cercano (si inseguono) senza mai completamente raggiungersi.
Sfumature. Solo un artista, un pittore, un poeta, un compositore, possono permettersi il crinale senza scivolare lungo una delle chine. E parlarci, così, della vita.
Non potevo che regalare questa immagine al bambino dei secchielli.

In Art-to-date l'intera sequenza