Ragazzi
Diana Di Francesca - 25-05-2004
Vi invio un pezzo che ho scritto qualche anno fa, si intitola infatti: "I ragazzi degli Anni 90", ma penso sia comunque attuale. Forse potrebbe dare qualche spunto di confronto e riflessione. Sono un ' ex insegnante e una tra le cose che più mi rattristano e mi preoccupano nella nostra società è l'inadeguata attenzione che si rivolge realmente ai giovani, al di là delle varie dichiarazioni di intenti.

I Ragazzi degli anni '90.

I ragazzi degli Anni '90. I ragazzi del sabato sera, dei fast food, delle discoteche, dei motorini. Insicuri e presuntuosi, disarmanti e provocatori, i nostri antagonisti e i nostri figli. Hanno proprio tutto, questi ragazzi. Hanno i giubbotti e gli zaini firmati, la moto e le chiavi di casa. Hanno l'informazione senza cultura, il divertimento senza gioia, la parola senza il concetto, il sesso senza amore. Prolungano la loro adolescenza da un rito di iniziazione ad un altro, senza immaginare che forse la sfida più coraggiosa, la più intensa avventura è entrare in relazione con gli altri e con "l'altro", tentare di capire ciò che è diverso e difficile, proprio perchè è diverso e perchè è difficile. Nessuno fa niente per loro. I mass media gli assegnano un illusorio ruolo di protagonisti, suggerendo modelli e comportamenti compatibili con la società odierna. Se hanno torto nessuno glielo dirà mai: non serve gente che pensa, serve gente che compra e il cliente ha sempre ragione. La scuola non dà strumenti di interpretazione critica, svaluta l'istruzione proponendola sempre come mezzo e mai come fine, disorienta con un'impostazione schizoide dove i valori affermati nelle 4 ore del mattino saranno contraddetti in ogni altro momento della giornata. E noi, gli adulti, i genitori, gli educatori, sprechiamo il tempo in infiniti silenzi ("non c'è bisogno di dire niente, oggi i ragazzi sono molto più maturi di ieri";"è inutile dirgli qualcosa, tanto fanno sempre quello che vogliono loro"), o in infiniti dibattiti sulle discoteche e sulle droghe, come se non fosse logico che quando questi ragazzi si accorgeranno del vuoto attorno e dentro di loro, se non avranno le risorse culturali e personali per trovare uno spazio interiore, una chiave di comunicazione della realtà, dovranno comunque, per sopravvivere, cercare i pericolosi surrogati della conoscenza e del sogno.


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