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Il tricolore con l'inno Balilla
Il Manifesto - 15-05-2004

25 mila magliette distribuite agli studenti della provincia accompagnate da un «testo storico» che resuscita l'Italia fascista.
«Unità d'Italia» L'occasione per ritoccare la storia è il raduno degli alpini di domani. Sul caso, curato dalla Lega nazionale, esplode la polemica


FRANCESCA LONGO
TRIESTE


A Trieste tutto è Tricolore, in previsione del grande raduno nazionale degli Alpini, domani e domenica. I ragazzi di ogni scuola di qualsiasi ordine e grado si fregano le mani, in virtù di un insperato giorno di festa supplementare. E vengono beneficiati anche di gadget. I promotori del kit distribuito ovunque (una maglietta, a scelta o bianca o rossa o verde, un Tricolore, il testo dell'Inno nazionale e una scheda sulla storia d'Italia), Comitato Tricolore Trieste, hanno raggiunto col loro Progetto Italia (sponsorizzato da Comune, Provincia, Camera di Commercio e Fondazione Cassa di Risparmio, col placet, comunque del Presidente della Repubblica) circa 22.500 tra bambini, ragazzi e adolescenti di tutte le scuole della Provincia di Trieste. Le maglie serviranno in questi giorni a dar vita a un calendario di «Tricolori viventi» (bambini in alternanza - e si spera dal verde al rosso e non viceversa, come sta facendo il Comune quando appende le bandiere) da destinarsi agli italiani nel mondo. Gran finale col più grande tricolore del mondo da schierarsi, come Guinness dei primati, in piazza Unità d'Italia il prossimo 1 giugno.

L'iniziativa ha scatenato molte polemiche, dovute al fatto che le scuole hanno aderito in gran parte come si aderisce alla giornata internazionale per i malati d'otite o alla festa del quadrifoglio. Né si può chiedere di più a personale dirigenziale costretto a fare i conti con le varie riforme! Solo a distribuzione avvenuta, tutti si sono accorti di due particolari, per nulla inessenziali della vicenda.

Gli studenti, prendendo in mano, spesso per la prima volta, il testo dell'Inno Nazionale, hanno scoperto che «I bimbi d'Italia si chiaman Balilla», frase che scioccamente (ma subdolamente per altri versi) ha richiamato alla mente i trascorsi fascisti di un Paese che, sotto Tricolore e inno nazionale, dovrebbe riunirsi e non dividersi. Balilla era un genovese che il 5 dicembre 1746, sebbene adolescente, levò il sasso contro gli austriaci (e i Savoia) dando il coraggio agli adulti di farsi Repubblica. Siccome la storia a Trieste sta diventando materia equiparabile all'educazione fisica, nessuno ha pensato di illustrare il testo, rendendolo comprensibile. O magari attualizzandolo, dal momento che la Balilla, fu la macchina più ambita dagli italiani, quando Trieste -, affidata agli angloamericani dopo la guerra persa dall'Italia fascista - ancora attendeva, 50 anni fa, di farne parte. Ma se queste cose non si insegnano, è un po' difficile che un ragazzino si tuffi con voluttà a testa bassa sui libri di storia!

Il passaggio peggiore, la gaffe - quasi l'orrore - riguarda le note storiche che accompagnano il materiale distribuito tra i ragazzi (e in via preventiva tra i docenti). Li cita il testo curato dalla Lega Nazionale (e che pare sia stato sottoposto anche all'attenzione di Prefetto e Provveditorato): «1943 25 aprile- caduta del fascismo. L'8 settembre viene reso noto l'armistizio tra l'Italia e gli Alleati. L'Italia è occupata a sud dagli anglo-americani e al nord dai tedeschi. In Istria, gli slavi arrestano e infoibano molti italiani e avversari politici». E poi si passa al 1945, all'occupazione titina e via sciorinando le varie vicende della città. La Risiera di San Sabba, unico campo di concentramento in Italia con forno crematorio, via obbligata per Auschwitz per migliaia di ebrei, luogo di morte per partigiani, sloveni, croati, Rom è scomparsa. Forse perché «E' ora di smetterla di rivangare la storia e chiudere senza rancori, coi bambini» come afferma la presidente del Progetto, Floriana D'Orso?

14 maggio 2004segnalato da Pierangelo Indolfi

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 gp    - 15-05-2004
Dal Corsera

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Tanto più che la forzatura è stata accompagnata da una serie di vuoti di memoria. Primo fra tutti il silenzio totale sulla occupazione nazista e il lager di San Sabba. L'idea di partenza pareva suggestiva: distribuire a tutti gli alunni di tutte le scuole di Trieste, con il patrocinio del Comune, della Provincia e della Cassa di Risparmio, una cartelletta che ricordasse i cinquant'anni trascorsi da quel 1954 in cui Trieste, uscita stravolta e ferita dalla guerra, dalle infamie della Risiera, dall'esodo dall'Istria, dall'occupazione titina, dalla strage dei poveretti gettati nelle foibe del Carso dai partigiani jugoslavi, ritornò finalmente all'Italia. Nella valigetta bianca, decorata con un nastro tricolore e portata anche a Ciampi perché desse il suo parere, era previsto di mettere una bandierina italiana, una pergamena con l'Inno di Mameli, una maglietta bianca o rossa o verde così che il primo giugno, alla grande manifestazione in Piazza Unità, tutti gli scolari potessero disegnare insieme una grande bandiera italiana.
Il presidente della Repubblica vide e sorrise: tutto bene. Oddio, con un pizzico di malizia l'Inno di Mameli era pubblicato nella sua versione originaria e integrale, compresa quella strofa che dice «I bimbi d'Italia / si chiaman Balilla. / Il suon d'ogni squilla / i Vespri suonò». E possiamo scommettere che qualcuno cercava la reazione, assurda e sballata, di chi avrebbe automaticamente letto in chiave fascista quel cenno al Balilla che va riferito invece al ragazzo che scatenò la rivolta di Genova del 1795. L'insieme, però, era corretto, giusto, degno di una festa di tutti.
Il guaio è nato dalla scelta di allegare alla cartelletta un riassunto della storia di Trieste a partire dal 1861. Riassunto affidato alla Lega Nazionale, una organizzazione presieduta dall'avvocato Paolo Sardos Albertini nota da anni per le sue posizioni che abbinano l'amore per Trieste, l'Istria e l'Italia non solo a una forte ostilità nei confronti di Tito, dei titini e del comunismo jugoslavo ma anche a una diffidenza callosa verso gli slavi in genere. Insomma, una scelta non proprio ecumenica e di apertura per i vicini di casa croati e sloveni e ancor meno nei riguardi della comunità slovena autoctona di Trieste.
Autore della decisione? Sulla carta l'assessore all'Istruzione Angela Brandi, una pugnace esponente di An. Ma tutti a Trieste scommettono sulla manina di Roberto Menia, vice-capogruppo aennino alla Camera, assessore comunale alla Cultura e protagonista già in passato di alcuni episodi controversi. Non ancora raggiunto dalla notizia della caduta del Duce, della svolta di Fiuggi voluta da Fini e dell'ingresso della Slovenia nella Ue, il deputato neofascista, che in città qualcuno chiama ancora col soprannome di «Roberto Mena» (senza la «i») per gli agitati trascorsi giovanili quando distribuiva alle manifestazioni femministe volantini intitolati «La voce della fogna» e si rivolgeva agli slavi chiamandoli «s/ciavi de merda», non è nuovo a polemiche. Basti ricordare la scelta di festeggiare al ristorante «Tolada» l'anniversario della Marcia su Roma, il commento sprezzante verso il Papa («sono disgustato») reo di avere parlato in sloveno agli sloveni triestini, il lacerante stravolgimento del 25 Aprile o il modo in cui liquidò le proteste dei sindaci sloveni della zona a proposito delle carte d'identità bilingue: "latrati deliranti".
Certo è che, pensando forse di essere in linea con le idee dell'uomo forte di An, la Lega Nazionale ha composto una sintesi della storia di Trieste così faziosa da suonare incredibile. Due settimane prima dell'arrivo di George Bush a Roma per celebrare i 60 anni della liberazione, mentre la destra chiede alla sinistra di accantonare le polemiche in nome della riconoscenza verso gli Alleati che ci aiutarono a liberarci del fascismo e del nazismo, mentre Franco Frattini e il governo bacchettano tutti i giorni l'opposizione perché chiama «occupazione» quella in Iraq, cosa ti scrive il promemoria per gli scolari di Trieste nel paragrafo dedicato al 1943? «L'Italia è occupata a Sud dagli anglo-americani e al Nord dai tedeschi». Messi sullo stesso piano.
Senza mai nominare (non una volta, né prima né dopo) il nazismo, senza un cenno all'unico forno crematorio italiano ospitato nel campo di sterminio di San Saba, senza una virgola (non una) sulla resistenza partigiana. Ma non basta. Grande spazio (sacrosanto) alle foibe usate contro gli italiani, zero sul loro uso contro gli slavi. Grande risalto (giustissimo) ai 40 giorni di sanguinosa occupazione titina di Trieste e non un apostrofo sulla nostra invasione della Jugoslavia (gli unici cui avremmo dichiarato guerra sono la Francia, l'Inghilterra e gli Usa) o sulla creazione della provincia mussoliniana di Lubiana. E via così, di forzatura in forzatura.
Risultato: letto il riassuntino, i professori e i genitori di alcune scuole hanno rispedito tutto al mittente. E in città, con tutto l'imbarazzo che potete immaginare vista la presenza di centinaia di migliaia di alpini in festa involontariamente sfiorati dalle polemiche, è scoppiata una rissa come non si vedeva da tempo. Rissa rinvigorita dalla decisione di Sardos Albertini di mandare un fiore tricolore a Francesca Longo, la cronista che per prima aveva denunciato i fatti sul giornale In città , in cui spiegava in sostanza che quella sintesi era solo una «integrazione» ai libri di testo. Lasciando intendere che questi sono già schierati dalla parte delle sinistre.
Non bastasse, Roberto Menia ha pensato bene di presentare una interrogazione parlamentare per chiedere a Letizia Moratti di intervenire contro le scuole che avevano respinto il kit. E ci ha aggiunto un'altra interpellanza a Frattini perché richiami all'ordine il console di Fiume che si era permesso di invitare gli alpini che, pieni tutti gli hotel triestini, dormono nell'Istria slovena e croata a non esagerare con le bandiere, i cappelli, le canzoni patriottiche. Una raccomandazione di puro buonsenso e cortesia dovuta. Letta come un tradimento.

Gian Antonio Stella