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Torture: non solo America
Bg Social Forum - 12-05-2004
Editoriale del quotidiano basco GARA

Impressionanti immagini delle torture inflitte da soldati statunitensi e britannici a prigionieri iracheni hanno girato il mondo negli ultimi giorni,
suscitando dichiarazioni di condanna ed orrore per l'atteggiamento inumano e vile che riflettono. La crudezza dei documenti grafici ha obbligato i massimi
dirigenti di Stati Uniti e Gran Bretagna a mostrare la loro profonda ripugnanza per il modo nel quale erano stati trattati quei prigionieri ma, contemporaneamente, essi hanno sottolineato il carattere eccezionale delle torture denunciate, assicurando che non si tratta di una pratica generalizzata e che non si può giudicare in funzione di esse l'insieme degli eserciti occupanti. Si è annunciata anche l'apertura di indagini su quanto accaduto. Sostenere l'eccezionalità dei casi di torture che possono essere dimostrati, è una norma
comune dei governi denunciati per azioni tanto aberranti. Non c'è dubbio che quando immagini di questo tipo possono essere pubblicate, è perché la tortura è generalizzata e quanti la praticano hanno una certa sensazione di impunità.

Quanto all'atteggiamento dei mezzi di comunicazione davanti alla tortura, bisogna evidenziare che i giornali e televisioni dello Stato spagnolo, che ora hanno riportato a profusione le immagini degli abusi delle truppe statunitensi e britanniche, non hanno esitato ad occultare, per esempio, la fotografia del viso di Unai Romano dopo il suo passaggio dal commissariato. In quell'occasione non si generò nessun tipo di allarme sociale ed il Governo spagnolo non si vide neanche nella necessità di rilasciare una dichiarazione per assicurare che si trattava di un fatto eccezionale, sul quale si sarebbe indagato e che si sarebbero appurate le responsabilità. Il silenzio dei mezzi di comunicazione davanti alla tortura è una delle cause della sua persistenza.
Questo stesso fine settimana, è passata praticamente inosservata l'archiviazione per "mancanza di indizi" della denuncia di Ainara Gorostiaga, cittadina che ha passato due anni imprigionata, come conseguenza della sua autoaccusa per la morte di un consigliere comunale, formulata durante il periodo di isolamento assoluto. La decisione giudiziaria si basa sul fatto che non è sufficiente la dichiarazione dell'accusata ­che però è stata sufficiente per incarcerarla­, perché la relazione del medico legale non evidenzia tracce di maltrattamenti. Un studio indipendente, elaborato da medici danesi, pubblicato sulla principale rivista di medicina forense degli USA, dimostra l'inconsistenza scientifica di molte relazioni dei medici legali della Audiencia Nacional (Tribunale Speciale spagnolo, N.d.T.) e la loro condotta svogliata. L'orrore causato dalle immagini dell'Iraq dovrebbe fare riflettere coloro che contribuiscono ad alzare un muro di impunità su pratiche simili nello Stato spagnolo.

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 Ricky    - 16-05-2004
In realtà, non abbiamo visto immagini di torture fisiche vere e proprie, quanto di 'torture' morali e psicologiche, che se quei disgraziati fossero stati dei terroristi se la sarebbero riso sotto i baffi. Odiose vessazioni.
State certi che se la tortura fisica è utilizzata, non lo è certo su quei tipi di prigionieri, e non ne vedremo mai le foto!
Di ben diversa entità e brutalità le torture e gli omicidi eseguiti dai fanatici religiosi antiamericani e antisemiti. Si fa fatica a vedere queste immagini in certa stampa, nonostante gli sforzi per farsi pubblicità da parte loro, i cosiddetti"resistenti" ( tanto cari agli inviati della Rai in Irak, così impegnati in disinformare sulle reali complessità dello scenario, conseguenti nel loro infaticabile impegno antiamericano!).

 http://it.news.yahoo.com/040516/201/2sh7d.html    - 16-05-2004
Washington, 16 mag. - (Adnkronos) -

Era ''divertente'' umiliare i prigionieri e scattare foto mentre venivano torturati. A dichiararlo, secondo quanto si legge sul ''The New York Times'', è stata Lynndie England, la soldatessa americana fotografata mentre seviziava i detenuti iracheni del carcere di Abu Ghraib. ''Credevamo che fosse divertente e quindi scattavamo delle foto'', ha detto la soldatessa lo scorso 5 maggio descrivendo la pratica delle torture come una routine, a volte un diversivo, ma mai un ordine imposto dall'alto.
La England, 21 anni ed in attesa di un bambino da un commilitone, ha ammesso di aver stretto una cinghia al collo di un detenuto e di averlo costretto a strisciare per terra, o a correre con altri, per ''circa 4 - 6 ore'', aggiungendo che un altro militare, per intimorire i detenuti incappucciati, lanciava sulle loro teste un pallone da football, mentre un altro dava loro calci fino a ferirli a sangue, per poi ''cucire loro di persona le ferite, se erano serie''. Alla domanda se abbia mai abusato fisicamente dei prigionieri, la England, in stato di libertà vigilata, risponde: ''Sì, ho camminato su alcuni detenuti, li spingevo o li strattonavo, ma non ho fatto nulla di estremo''. La soldatessa, che deve rispondere di quattro capi di imputazione - tra cui aggressioni e maltrattamenti reiterati contro detenuti iracheni - ha anche raccontato come il sergente Ivan Frederick scagliasse violenti pugni contro i detenuti o ''facesse altre cose normali, come gettarsi sopra di loro o spingerli''.