Biciclette
Roberta Bedosti - 07-05-2004
Adolescenti






- Sei sicuro che l ‘ avevi chiusa ? – insisteva Cristian.
- Certo che l’ avevo chiusa, non sono scemo, con tutte le bici che rubano, la lascio aperta ? - Fabrizio giocherellava col pezzetto di catena rimasto attaccato al portabiciclette, quasi cercando un improbabile indizio.
- Devi andare dal preside a fare la denuncia – suggerì Chicco.
- Chi viene con me ?- chiese Fabrizio
- Verrei io ma devo essere a casa fra un quarto d’ ora – si giustificò Chicco salendo sulla sua bici.
- Anch’io – gli fece eco Cristian
- Io vengo – esclamò Rashid
Fabrizio lo guardò con simpatia e rientrò a scuola con lui. Il preside fece la sua parte: domande, fogli, firme e i due ragazzi fecero la loro: nessuno aveva visto nulla, nessun sospetto. Uscirono sconsolati e si avviarono insieme alla fermata dell’ autobus.
- Tu non prendi l’ autobus ? Mai ? – chiese Rashid
- No, di solito vengo in bici, oppure a piedi, ma oggi è tardi. – cercò nelle tasche, poi nello zaino- Non ho neanche un biglietto e tu ? –
- Io ho l’ abbonamento. Vuoi che io trovo il biglietto ? – e senza aspettare la risposta si avvicinò al cestino della carta della fermata dell’ autobus.
- Ma cosa fai ? Vuoi cercare nella spazzatura ? -
- No spazzatura, è carta, ci sono tanti biglietti – ne estrasse qualcuno – ecco questo va bene, scade tra 10 minuti -.
Fabrizio osservò il compagno quasi con ammirazione, lui non conosceva l’ arte di arrangiarsi, ma doveva ammettere che Rashid era proprio in gamba. Si separarono più calorosamente del solito.
Rashid rinunciò a tornare al Centro, aveva avuto un’ idea.
Fece molta strada a piedi, nella città semideserta. Gli alberi erano rigogliosi, qualcuno addirittura fiorito, il fiume era ormai al suo più basso livello e aspettava la stagione delle piogge primaverili. Rashid camminava senza fretta, ogni tanto raccoglieva un sassolino e lo lanciava nell’ acqua, gli era sempre piaciuto sentire il plufff e vedere i cerchi intorno che si allargavano fino a scomparire. Sì , aveva avuto l’ idea di andare dal meccanico. Era così che alcuni suoi amici chiamavano un senegalese che lavorava in un cortile , in un quartiere un po’ degradato, in periferia.
Il meccanico aggiustava vecchie moto, auto e biciclette, si poteva trovare praticamente di tutto
Entrò nel cortile e si guardò attorno, nella speranza di trovare la bici di Fabrizio. Sapeva che qualche volta dal meccanico arrivava anche merce rubata, che lui aggiustava e rivendeva a poco prezzo.
- Che cosa cerchi ragazzo ? - esclamò il senegalese .
- Una bicicletta -
- Cene sono lì, vicino al cancello -.
- Questa mattina hanno rubato bicicletta di mio amico di scuola - poi gliela descrisse minuziosamente. L' aveva osservata spesso con un po' d' invidia e, anche se piuttosto vecchia, per lui Rashid era una bici bellissima.
Fu proprio in quel momento che entrò nel cortile un ragazzotto sui sedici anni, gridando:
- Hari questa me la paghi bene: è la migliore di questo mese ! -
Rashid si voltò di scatto e riconobbe subito la bicicletta di Fabrizio.
- Eccola! Tu sei ladro ! -
- Ehi, chi è questo impiccione ? Che cosa vuoi ? - il bulletto saltò giù dalla bici e si mise a spintonare Rashid contro il muro.
- Lascialo stare - esclamò Hari con voce ferma.
Il ragazzo gli lanciò uno sguardo perplesso, Rashid ne approfittò per liberarsi dalla stretta, balzare sulla bici e fare qualche giro nel cortile.
- Tu ladro vai in prigione e anche tu: c' è denuncia del preside - e dopo l' ultimo giro imboccò il cancello e uscì veloce, tra lo stupore dei due , che restarono a guardarlo a bocca aperta.
Era tanto tempo che Rashid non saliva su una bici che all' inizio sbandò , poi ritrovò l' equilibrio e pedalò veloce, sempre più veloce.
Risentì la voce della madre quando lo inseguiva preoccupata e lo sgridava per le acrobazie pericolose. Guidava senza mani, davanti a una folla di piccolini che applaudivano e lo rincorrevano per provare. Lui era orgoglioso della piccola bicicletta che aveva ereditato dal cugino. Aveva imparato dal nonno a pulirla, oliare la catena, far brillare il campanello.
Entrò nel parco, si perse per strade e viottoli, piegandosi sotto i rami, aspirando a pieni polmoni il forte odore d' aglio selvatico. Che gioia se avesse avuto una bici tutta sua ! Anche le regole del Centro gli sarebbero sembrate meno rigide e, forse, avrebbe potuto portare in canna Samanta.
" In fondo " pensò " nessuno sa che l' ho trovata ".
Rivide Fabrizio arrabbiato, triste, ma anche rassegnato.
" Lui è ricco " concluse " forse, se gliela riporto, mi darà qualcosa ".
Tornò al Centro, dove dovette giustificare l' assenza. Nascose la bici sotto gli alberi in fondo al cortile e si sdraiò sul prato. Che fare ? Non poteva tenerla nascosta in eterno.
- Fai la lucertola ? - la voce di Jachima lo fece sobbalzare - Dove hai mangiato oggi ?-.
- Sono andato in giro - rispose lui evasivo.
- Ti ho visto con Fabrizio. Bravo, sono tutti andati via. Facciamo i compiti ? - e lo guardò coi suoi grandi occhi scuri.
- Ho trovato la bici -
Le parole gli erano uscite dalla bocca da sole, senza controllo. La ragazza sorrise soddisfatta.
- Dove l' hai messa ? -
- L' ho nascosta…..non c' è catena…..e….qualcuno - non finì la frase, ma la ragazza sembrava aver capito molto bene.
Si alzarono e la portarono in Segreteria, al sicuro. Rashid accarezzò il manubrio, il campanello un po' schiacciato, si accorse che mancava anche la luce. All' improvviso ebbe un' idea che realizzò con l' aiuto di Jachima.
Il mattino successivo tutta la 3C era attorno a Fabrizio per ammirare la sua nuova bici.
- Però se non ti rubavano la bici, non te ne regalavano una nuova - osservò Cristian
- Non è vero. L'altra era vecchia e mi avevano promesso questa per il mio compleanno - rispose Fabrizio.
- Ma tu compi gli anni a giugno - intervenne Veronica
- Beh, mese più , mese meno - concluse orgoglioso Fabrizio cercando di chiudere la catena.
- Ehi, guardate Rashid! - urlò Cristian
Il ragazzo stava entrando su una bella bici rossa con Jachima sulla canna. Frenò davanti a Fabrizio.
- Ho trovato tua bici - esclamò Rashid sorridente e aiutando Jachima a scendere - e l'abbiamo un po' ripulita -.
- Caspita sembra nuova - esclamò Giulia.
- Adesso hai due bici, una potresti venderla - suggerì Paolo.
Fabrizio era rimasto senza parole, prese la sua vecchia bici e l' accarezzò come una vecchia amica.
- Rashid, quanto mi dai per questo ferro vecchio ? -
Al ragazzo occorse qualche istante e l' intervento di qualche interprete per capire tutta la storia ed afferrare la proposta del compagno, ma alla fine sorrise e suggerì:
- Tutta la vernice, il lavoro e…posso darti 10 euro -
- Mi sembra un 'offerta onesta - commentò Fabrizio chiudendo entrambe le bici con la sua catena nuova.






- Che ne dici di un po' di patatine da Mc Donald ?- chiese Maurizio allacciandosi le scarpe.
- Perché no ? Dopo tutte queste cadute - rispose Paolo - infilandosi i jeans.
- Beh, le prime volte il judo è massacrante, ma dopo ti dà grande soddisfazione -.
- Se lo dici tu... per ora mi sento come se mi avessero bastonato, non so se è lo sport che fa per me -
- Certo. Non vorrai restare in eterno attaccato al calcio ? - replicò Maurizio con convinzione - il judo è un' altra cosa. Ad esempio Marco, il maestro, non è come il mister che ti parla solo di gol, di schemi di gioco, di pressing. Lui è..è diverso -.
- Cioè è gay ? -
- Stupido ! Quando ti spiega una posizione ti fa sempre capire come devi entrare in contatto con l' altra persona. Il tatami non è solo un tappeto, è….è un punto d' incontro -.
- Accidenti ti stai dando alla filosofia ! - esclamò Paolo e guardò verso l' alto, pollice e medio a contatto, imitando la posizione yoga del loto .
Scherzava, scherzava era il suo solito modo di nascondersi, di sottrarsi. In realtà aveva capito benissimo ciò che intendeva Maurizio, anzi aveva avvertito anche lui un' atmosfera particolare, una speciale concentrazione che aveva mai provato in nessun altro allenamento sportivo, ma si guardava bene dal riconoscerlo. Certo che quel Marco sapeva parlare. Sceglieva le parole accuratamente e quello che diceva restava dentro, anzi continuava a risuonare anche al di fuori della palestra. Paolo avrebbe voluto avere un decimo di quella sicurezza, quando si trovava con Irene.
- Tu da quando tempo fai judo ? - chiese bruscamente per cambiare discorso.
- Saranno quattro, no cinque anni. Ho cominciato alle elementari, ma all ' inizio era un po' un gioco. Solo quest' anno credo di cominciare a capire i discorsi del maestro -.
Si chiusero la porta alle spalle e si ritrovarono nel piccolo giardino che profumava di tiglio. Prima di buttarsi nel traffico restarono un attimo in silenzio, come se volessero trattenere qualcosa che stavano imparando a condividere.
Una volta lontani dall' oasi di pace furono risucchiati dal caos di Mc Donald e dai soliti discorsi scolastici.
- A che scuola ti sei iscritto ? - chiese Paolo con la bocca piena di patatine.
- Al Liceo Classico -.
- Uuuh, ti troverai con Giulia….-
- Spero proprio di no -.
- Perché ? -
- Non mi piacerebbe avere la ragazza in classe. Sai come sono i compagni, battutine scontate discorsi idioti -.
- Ti capisco benissimo - rispose Paolo pensando a quanti sforzi facesse per nascondere a tutta la classe il suo amore per Irene.
- E tu ? Sempre Liceo Artistico ?-
- Sì, ma se non mi tiro su in matematica…….mi sa che sarà dura..-
- Potresti farti aiutare da Irene - lo interruppe Maurizio - così uniresti l' utile al dilettevole -.
- Veramente ci avevo pensato, ma non ho avuto il coraggio di chiederglielo -
- Perché ? E' timida, riservata, ma, secondo me, non aspetta altro che tu faccia il primo passo -.
- Non ne sono tanto sicuro, l' altro giorno l' ho vista andare a casa con Marco Ridolfi, sai il matematico della 3E ? Lui la sta marcando -.
- Non ci credo. Quando siamo andati al cinema ti guardava in un modo……-
- Ma dai ! -
- Credimi, avresti dovuto avere più coraggio e baciarla - concluse Maurizio.
Già, forse Maurizio aveva ragione, ma quando era vicino a Irene perdeva la sua solita grinta.
- Comunque io adesso vado a prendere Giulia che è proprio da Irene a studiare matematica . Tu vieni su e butti lì la proposta -
Detto così sembrava facile. Paolo guardò l' amico un po' perplesso, poi sorrise e risalì sulla bici.
- Va bene tu però mi dai una mano…e…-
Maurizio gli allungò la mano, gliela strinse, ridacchiando, e Paolo gli sferrò un pugno sulla spalla, poi si allontanarono veloci, lanciandosi in sfide di equilibri precari: senza mani, senza piedi, impennate.

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