Due avventure
Nico d'Aria - 28-04-2004
E-mail n° 13 da Nico d’Aria a Pianeta Terra

Oggetto: Nono viaggio

Avviso ai terrestri.
Suppongo che di solito leggiate le mie e-mail pubblicamente. Quella di oggi, meglio che ognuno di voi la legga da solo. La drammatica avventura che m’è capitata in questo pianeta, potrebbe far ridere chi non c’era, e sarà meglio ridere sottovoce, dentro di sé.


Carissimi terrestri,

Che viaggio micidiale, il nono! diventando Esploratore sapevo di sottopormi a prove di coraggio e di resistenza, ma mai avrei pensato a un simile fetore.
Quello che mi è successo forse farà impallidire le maestre e farà ridere i bambini piccoli.
Per fortuna voi siete dei giovani Scienziati Terrestri e gli scienziati sono persone serie. Ho speranza che potrò parlare di puzzette senza che perdiate la vostra serietà.
C’è poco da ridere: questa nauseante avventura è stata tremenda.
Prima di atterrare, dall’alto, sembrava tutto normale, tranne un po’ di nuvolette grigiastre.
Ho chiesto al computer se l’atmosfera era respirabile; ha risposto di sì, anche se c’erano un po’ di “idrocarburi alifatici…” Che roba è? a scuola non ce lo hanno ancora insegnato!
L’ho imparato appena ho aperto lo sportello: una zaffata di quell’odore acre di cavolo marcio e gas da cucina... E’ l’odore tipico che nasce nella pancia di chi ha masticato male: il cibo mal digerito fermenta nelle viscere e produce gas, il gas espande, si agita e si gonfia, gonfiandosi spinge, spinge verso una via di uscita… e poi la trova.
Gli Scureggini sono un popolo intelligente e lavoratore. Amano le arti e le lettere… Giocano coi figli, leggono poesie, suonano musica… hanno tutte le virtù. Peccato che hanno anche quel difetto.
Appena sceso dall’astronave, il mio traduttore automatico si è subito acceso: una graziosa ragazza si era avvicinata allo sportello, circondata da una nuvoletta di puzza.
“Buon giorno forestiero” mi diceva con un sorriso delizioso,”La vedo un po’ pallido, non sta bene?”
“Non si preoccupi, signorina, è solo che vengo da un pianeta dove gli odori sono… più delicati”
“Allora venga con me in paese, dove potremo offrirle dei profumi deliziosi!”
Mi ha portato dal Supremo Sindaco degli Scureggini. Era un bell’uomo elegante dall’aria intelligente, ma era quello che puzzava più di tutti e contribuiva personalmente alla nube tossica con potenti zaffate.
“Caro forestiero, siamo onorati di ospitare le sue sensibili narici. Voglio dimostrarle che anche noi sappiamo curare il nostro paesaggio olfattivo, per cui la prego di accompagnarmi”.
Mi ha portato in una bellissima veranda piena di fiori odorosi e piante aromatiche. “Caro forestiero, annusi questo biancospino,…senta questa rosa! … odori questa lavanda, …”
Naturalmente, anche se infilavo il naso completamente nel fiore, l’unico odore che sentivo era quello che impestava l’atmosfera; probabilmente ognuno di quei fiori profumava, ma un odore così delicato, in mezzo a tanta puzza, non si può assolutamente percepire.
Poi, continuando a fare puzze, mi ha portato in un salone dove c’era una distilleria di profumi ed essenze: centinaia di bottigline di cristallo, con scritto “verbena”, “ciclamino”, “magnolia”, “lavanda” e tanti altri nomi che non conosco.
“Senta questo!… senta quest’altro!” Apriva bottigliette, versava campioni di profumo sui miei polsi: “Le piace? Mi dica, le piace?” Ma io sentivo solo i suoi peti che impestavano l’aria.
Cosa dovevo fare? Dovevo mentire spudoratamente? Oppure dovevo offenderlo? Per non essere né bugiardo né maleducato me la cavavo rispondendo alla domanda con un’altra domanda: “Oh, con cosa lo fate?”… “Ah, dove lo producete?”…
Finalmente sono potuto ripartire, mi hanno portato all’astronave su una carrozza bellissima, rossa e oro, tirata da due cavalli che non vi dico che cosa facevano.
Quella puzza mi ha contaminato i vestiti, e per due o tre giorni non sono stato capace di sentire gli odori, le mie narici erano diventate insensibili, come bruciate.
Per fortuna adesso va meglio.

Ciao ,
Nico


PS.
Se ho capito bene, in certi posti della Terra succede la stessa identica cosa, ma non con gli odori, coi suoni. E’ vero?
Poveracci, se è così deve essere molto, molto peggio!

Suggerimenti per missione terrestre n°9

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E-mail n° 14 da Nico d’Aria a Pianeta Terra

Oggetto: Decimo viaggio


Carissimi terrestri,

vi sto scrivendo dal pianeta di sabbia. Alberi, animali, persone sono di sabbia. In tutto il pianeta, le sole cose che non sono di sabbia siamo io, la mia astronave e i miei strumenti.
Immaginatevi una montagna di granellini di sabbia; alta, altissima.
Quanti granelli potrebbero essere? Milioni? Miliardi? Milioni di miliardi? Miliardi di milioni di miliardi? Miliardi di miliardi di miliardi?
Immaginatevi che di granelli fossero fatti anche piante, persone, animali, oggetti.
Appena atterrato, un uomo di sabbia, su una bicicletta di sabbia, mi ha raggiunto subito. Il traduttore si è acceso.
“Benvenuto, lei è straniero?”
“Certo, buongiorno!”
“Sarebbe un buon giorno, se lei mi sapesse dire da quanti granelli di sabbia io sono fatto!”
“E’ così importante saperlo?”
“Ne va della mia vita!”
“Addirittura?”
Ogni sera viene il vento, e chiede a tutti: “di quanti granelli di sabbia sei fatto?”.
Ognuno prova: tira a indovinare e grida un numero a caso, ad esempio grida “10.123.456 !”. Naturalmente è sbagliato. Il vento lo prende e lo sbriciola in un attimo. In un soffio sbriciola piante, montagne, bambini, formiche, elefanti. La notte qui non c’è niente, solo un deserto piatto.
L’indomani torna il vento e trasforma i granelli in nuove cose e persone.
Il signore di sabbia mi spiegava: “I granelli del mio corpo domani saranno dispersi in tante altre cose: un po’ in un albero, un po’ in un palo, un po’ in un pallone di sabbia che bambini di sabbia prenderanno a calci…”
“Bambini? Figli di chi?”
“Figli di nessuno, figli solo del vento e del caso, perché un popolo che vive solo un giorno non ha memoria, non ha storie, nessuno fa famiglia in un giorno!”
“E cosa c’entra il numero di granelli?”
“Se uno sapesse il numero di granelli di cui è fatto, il vento non lo potrebbe sbriciolare!”
“E’ successo, qualche volta?”
“Mai, da migliaia di anni non è mai successo!”
Ci ho pensato su, poi ho detto: “Ma è facile, basta prendere il suo peso e dividerlo per il peso di un granello! Venga alla mia astronave, ho una bilancia”
Ma un granellino era troppo leggero, la bilancia non si muoveva neanche. Allora sono stato a contare 1000 granelli uno per uno e li ho pesati. Ho diviso quel peso per 1000 e ho detto al computer di chiamare “un granello” quel peso piccolissimo che era il risultato.
“Ecco, signore, scenda dalla bicicletta e venga a pesarsi, per favore… vediamo, lei pesa… 9.456.123 granelli…”
Emozionantissimo, ha tirato fuori un foglio di granelli e una biro di granelli e ha scritto il numero. Era felice, cantava, ballava, mi baciava le mani, mi ringraziava…

Ma io non ero tanto sicuro: il calcolo dei mille granelli è facile, uno per mille, diviso mille, fa uno. Ma erano proprio mille esatti? Mentre contavo, era facile sbagliare: e se fossero 999, o 1001? Se contandoli uno mi fosse rimasto nell’unghia? Se un granello fosse stato rotto e ne avessi contato uno dove ce n’era solo mezzo? … e come posso essere certo che i granelli pesano tutti uguale? … e cosa succede se la bilancia è sporca anche di un pelino?…
Di nascosto, senza farmi vedere dal signore di sabbia che cantava contento, ho chiesto al computer: “se c’è un errore di un granello ogni mille, quante altre soluzioni potrebbero essere quella giusta?” La risposta è stata: “Ci sono 9.456 possibilità di numeri”.
L’uomo di sabbia era contento e felice, ma io capivo che quella sera, gridando il suo numero, avrebbe sbagliato, di poco ma avrebbe sbagliato.
“Per favore, pesi anche la mia bicicletta! Così se sopravvivo, potrò andare in bicicletta!”
Ho pesato la bicicletta.
E’ arrivata una formica, pesava solo un migliaio di granelli. E’ arrivato un gatto, pesava 456.123 granelli. Poi un elefante: pesava un numero esagerato, che si scrive con 10 cifre.
Adesso c’è una fila di persone e animali che è lunga più di un chilometro. Ho lasciato a disposizione la bilancia e ognuno si pesa da solo.
Sto scrivendo a voi terrestri perché sono spaventato, ho bisogno di parlarne con qualcuno: loro sono tutti felici, credono che il numero che grideranno sia giusto esatto esatto. Io invece so che ogni un numero si avvicina molto a quello giusto, ma non è perfettamente preciso.
Forse tutte queste persone che adesso stanno cantando e ballando di gioia, stasera moriranno sgretolate. Il loro unico pensiero prima di morire sarà che io li ho imbrogliati. Forse. Forse invece qualcuno si salverà… e allora avrò salvato qualche vita e sarò un eroe…
La sera si sta avvicinando.
Nella prossima e-mail vi racconterò come è andata a finire.

Per adesso vi saluto,
Nico.


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E-mail n° 15 da Nico d’Aria a Pianeta Terra

Oggetto: dal Pianeta di Sabbia, secondo giorno


Eccomi, cari terrestri.

Mentre vi scrivevo l’ultima e-mail tutte le persone di sabbia e gli animali di sabbia si stavano pesando. Che paura! La sera il vento sarebbe venuto a sbriciolare tutti: avrebbe chiesto “di quanti granelli sei fatto?” e avrebbe sbriciolato tutti quelli che non sapevano rispondere. Finalmente ognuno sapeva il numero di granelli del proprio corpo, il numero quasi esatto. E’ quel “quasi” che mi terrorizzava, bastava sbagliare di un solo granello in un numero di milioni, per perdere la vita!
Al tramonto, puntuale e terribile, è arrivato il vento.
Ha cominciato a sbriciolare montagne e città: a ogni cosa che incontrava chiedeva “di quanti granelli sei fatta?” Lo domandava ai comodini, al grattaceli, agli apribottiglie, ai salvagenti, ai frullatori, naturalmente le cose inanimate non rispondevano e diventavano una nuvoletta di granelli.
Finalmente incontrò la formica che si era pesata, lei guardò il foglietto su cui aveva scritto il suo peso e gridò “1.212”. Il vento sghignazzò e disse “fuochino!” e la uccise trasformandola in un soffio di granelli volteggianti nell’aria.
Lo sapevo: quello era circa il numero giusto, ma il numero esatto non si poteva calcolare. Tutti i miei amici restarono terrorizzati. Capirono in quel momento che la loro vita stava per finire. Il vento incontrò una zanzara, “di quanti granelli sei fatta?” e lei “934!” “Ha! Ha! fuochino!” anche il suo numero era sbagliato, di poco ma sbagliato: sbriciolata…
Stava avvicinandosi all’elefante. L’elefante non aveva nessun foglietto col proprio numero, non lo aveva preparato perché aveva pensato: “tanto, ho una memoria di ferro, figuriamoci se me lo dimentico!”. Ma adesso era così spaventato che non se lo ricordava. Si ricordava solo che si scriveva con 10 cifre. Quando il vento si avvicinò e gli chiese “di quanti granelli sei fatto?” riuscì a dire solo “un numero di 10 cifre”.
Sembrava un errore e invece fu la salvezza.
Il vento si fermò arrabbiatissimo: “Canaglia d’un elefante, non vale, il tuo numero non è sbagliato, quindi è giusto, ma così non vale! Ti ucciderò lo stesso!” e cominciò a soffiare, soffiare… ma l’elefante non si sbriciolava, anzi diventava sempre più vivo, di carne, color elefante, con proboscide, zanne, orecchie, codino… Tutto vero, tutto vivo e saltellante di gioia! Alzò in alto la proboscide e lanciò nell’aria un barrito potente di trionfo, che per tutti significò: possiamo farcela, possiamo salvarci!
Arrabbiatissimo, il vento distrusse un paio di montagne, poi incontrò la farfalla. “Ha! Ha! farfalla, di quanti granelli sei fatta?” la farfallina terrorizzata guardò il suo bigliettino, c’era scritto 5.612. Ma anche se era spaventata, non aveva smesso di far funzionare il cervello; non gridò quel numero, disse solo “un numero di quattro cifre!”
“Svergognata d’una farfalla! Cosa credete, di essere diventati tutti furbi? il tuo numero non è sbagliato, ma io ti ucciderò lo stesso!” e cominciò a soffiare contro la farfalla forte, sempre più forte. Non ci crederete: la farfalla non è certo forte e pesante come un elefante, eppure quel terribile vento che poteva sbriciolare le montagne, non riusciva a farle un bel niente. Anzi, più il vento soffiava, più le sue ali color sabbia diventavano gialle, rosse e azzurre. Le antenne, non più di sabbia, adesso erano dei filini frementi di una sensibilità raffinatissima, capaci di sentire ogni tremito dell’aria.
Il vento era sempre più arrabbiato.
Arrivò il turno del signore in bicicletta.
“Lo so che c’è di mezzo il tuo zampino, ti ho visto come ti sei fatto sobillare da quel forestiero! ma adesso ti sistemo io! Dimmi, di quanti granelli sei fatto?”
“io compreso i miei vestiti, le mie scarpe, il cappello e la mia bicicletta con tanto di campanello e di pompa per gonfiare le gomme pesiamo esattamente un numero di sette cifre”
“Maledizione!” e cominciò a soffiare, soffiare, soffiare… ma non gli faceva niente. Semplicemente il signore si teneva il cappello color sabbia, perché non volasse via man mano che diventava rosso. Poi i capelli color sabbia diventarono neri; poi la pelle, da color sabbia divenne dorata e gli occhi divennero azzurri. Il vestito divenne un elegantissimo completo grigio e la bicicletta divenne lucida di acciaio e smalto rosso, col sellino viola e i catarifrangenti arancione.
Naturalmente tutti avevano capito il sistema: ad esempio i bambini si salvarono con il loro pallone e il vento arrabbiatissimo soffiava , soffiava, ma riusciva solo a spettinarli un po’.
Quella notte, sul deserto, c’erano persone e animali che festeggiavano, ballavano, danzavano.
Poi dormirono sdraiati per terra. Qualcuno diceva “…che bello, avere un corpo fatto di carne… però ci vorrebbe un materasso” “… però ci vorrebbe un cuscino” “ che freddo, … ci vorrebbe qualche coperta…” Il freddo e il duro erano novità, per loro, perché la sabbia non sente il freddo e non sta mai scomoda. Soprattutto la sabbia non ha fame.
La mattina qualcuno disse “Ah, adesso ci vorrebbe un bel caffè”
Arrivò il vento, che cominciò a costruire con la sabbia montagne, lucertole, carretti, lampioni, formiche, eccetera, come sempre… appena vide i sopravvissuti si mise a ridere “ecco i furboni che credono di avermi fatto fesso! Adesso vi sistemo io. Volete un caffè? Eccolo!” in un soffio fece una caffettiera di sabbia e versò del caffè di sabbia in tazzine di sabbia. “Bevetelo, se ci riuscite!”

Che problema! Del caffè puoi fare a meno ma del cibo, no! Ho offerto tutte le riserve di cibo dell’astronave, ma divise in centinaia di razioni, ciascuno ha ottenuto poche briciole. Adesso sono passate poche ore e i bambini piangono di fame. Anche noi grandi abbiamo fame. Anche gli animali. Il vento, dispettoso, fa con la sabbia pastasciutte, insalate, torte, caraffe di acqua di fonte e vini prelibati, che nessuno può mangiare né bere. E per far rabbia agli animali crea pascoli di sabbia, immangiabili e torrentelli di sabbia, imbevibili…

Adesso vi devo salutare. Stiamo per fare una riunione, per decidere come fare a procurarci del cibo.

Secondo voi, come potremmo fare?

Vi scrivo presto,
Nico


Suggerimenti per missione terrestre n° 10 e 11



continua


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