Adolescenti
Irene si guardava attorno un po' smarrita, conosceva solo alcuni dei 20 ragazzi con cui si trovava a condividere la strana gara: " Le Olimpiadi della matematica ". Era stata un' idea della professoressa Ariberti. Dal momento in cui sua figlia aveva partecipato a questa competizione di cervelli matematici al Liceo scientifico, non si era data pace: alla fine aveva convinto tutti a introdurla, in via sperimentale, anche alla scuola media.
La professoressa aveva iscritto Irene senza neanche consultarla ed ora la ragazza si sentiva un po' intimorita. Ce l' avrebbe fatta ? E' vero la matematica le piaceva molto, ma sarebbe stata all' altezza delle ragazze che sedevano vicino a lei, alcune delle quali aveva sentito dire che erano veri geni ?
Finalmente arrivarono le due insegnanti con i problemi. Distribuirono le fotocopie e ricordarono le poche regole a cui tutti avrebbero dovuto attenersi.
Irene cominciò a intravedere le soluzioni mentre leggeva i quesiti. Se lo era immaginato molto più difficile: non poteva credere ai suoi occhi. Si costrinse a lavorare con calma, con metodo, verificando punto per punto. Di tanto in tanto alzava gli occhi e incrociava lo sguardo di un ragazzo di 3 E, che sembrava volesse chiederle qualcosa. Le sembrava impossibile che potesse avere delle difficoltà in un compito così facile. Si concentrò di nuovo nel lavoro: ogni tassello del mosaico stava trovando il suo posto. Aveva quasi finito quando una mano dietro la schiena le infilò qualcosa nel maglione. Si girò e il ragazzo di 3 E le fece un mezzo sorriso.
" Accidenti " pensò Irene " come faccio ad aiutarlo? Se mi beccano mi buttano fuori ". Aprì il biglietto con molta circospezione e…..per poco non scoppiò a ridere:
" Aspettami all' uscita " Un testo un po' ambiguo che la mise in agitazione.
Aveva promesso a Giulia di andare a pranzo da lei e sicuramente l' aspettava all' uscita della scuola. Non le sarebbe dispiaciuto conoscere questo ragazzo. Aveva un' aria un po' seria, ma anche simpatica.
E Paolo ? Come l' avrebbe presa ? In fondo Paolo non era stato mai molto chiaro con lei, perciò pensò che non le sarebbe dispiaciuto che la vedesse con un altro. Decise di accettare , Giulia avrebbe capito al volo. Si voltò e gli fece un leggero cenno del capo. Finì il compito e lo consegnò.
La prof. Ariberti la guardò con soddisfazione e mentre usciva capì che parlava di lei con la collega.
Come aveva previsto trovò Giulia, attorniata da un gruppo di primini, che avevano in mano il Giornalino.
- Sei diventata l' Oriana Fallaci della scuola ?-
- Certo, ho già cominciato a concedere autografi ! Piuttosto tu hai vinto la medaglia d' oro ? -
- Ancora non si sa niente, ma c' erano certe secchie della 3 F…-
- Scommetto un gelato che arrivi almeno seconda - esclamò Giulia
- Magari, grazie della fiducia. Invece non posso venire adesso con te, ti raggiungo a casa -
- Perché ?- chiese Giulia , incuriosita dall' espressione misteriosa di Irene
- Adesso non posso raccontarti tutta la storia, ma devo aspettare uno di 3 E -
Giulia , eccitatissima all' idea della nuova avventura dell' amica, inforcò la bici e partì a razzo.
Il ragazzo uscì dal portone e le si avvicinò proprio nel momento in cui Paolo stava arrivando dalla parte opposta. Irene finse di non vederlo e si avviò con questo Marco verso il duomo.
Ascoltava a metà i discorsi del ragazzo, perché continuava a chiedersi se Paolo li avesse seguiti. Non voleva girarsi, perciò finse di fermarsi davanti a una vetrina, nella speranza di veder comparire Paolo da un momento all' altro. Proseguì ancora e poi fu più forte di lei, si voltò. La strada era deserta.
- Aspetti qualcuno ? - chiese Marco
- No, mi sembrava di avere intravisto un' amica - rispose lei.
La strada le sembrò più lunga del solito. Marco era davvero simpatico, ma non c' era niente in lui che la spingesse a desiderare di frequentarlo. Si dava della stupida. Aveva agito come quelle che lei e Giulia criticavano. Le mancava l' umorismo di Paolo, la sua forma strampalata di raccontare le cose. Salutò Marco con un certo sollievo e salì di corsa le scale di Giulia.
Giulia stava cucinando spaghetti alla carbonara al ritmo di un mambo, proveniente dal piano di sotto. La signora del 4° piano, di origine sudamericana inondava tutto il palazzo di salsa, merengue con qualche incursione nella bossanova. Oggi era il giorno del mambo.
Quando Irene suonò il campanello Giulia stava colando gli spaghetti o meglio stava lottando con la pentola dai manici arroventati e uno strofinaccio per non bruciarsi le mani. Alla seconda scampanellata si precipitò alla porta.
- Che cosa stai combinando ? Sei uscita dalla sauna ? -
- No, è il vapore della pasta - rispose Giulia già schizzata in cucina a recuperare gli spaghetti abbandonati.
- Posso entrare ? - chiese Irene - da dove viene questa musica ? -.
- Dalla discoteca brasiliana del piano di sotto. Non venire qui a curiosare: le cuoche hanno i loro segreti. Dimmi del tipo di 3 E -.
Irene aveva preso in mano una foto di Giulia coi genitori.
- Bella questa foto, l' hai fatta a capodanno ? -
- Sì, a Ortisei, c ' era una neve perfetta per sciare. Non cambiare discorso -.
Irene aveva poco da dire o forse non aveva voglia di parlare. Si avvicinò a un giacinto rosa e ne aspirò il profumo. Chiuse gli occhi e per un attimo si ritrovò negli odori del bosco, quando con la madre e il fratellino andavano a funghi.
- E' pronto puoi entrare! - la voce di Giulia la fece sobbalzare, si sedette e cominciò a mangiare. Irene si accorse che l' amica la osservava con attenzione.
- Ho capito una schifezza - azzardò alla fine Giulia -.
- No, sono buonissimi, anzi mi devi dare la ricetta - la rassicurò Irene.
- Non gli spaghetti, il bello della 3 E -
- Si chiama Marco e…..non è affatto una schifezza…..solo che…-
- Solo che " Paolo è meglio "- concluse Giulia imitando il tono di voce dell' amica.
Irene lanciò il tovagliolo, che Giulia scansò abilmente e che finì sul cestino della frutta.
- Quando sono andata via con Marco, stava arrivando Paolo - comunicò Irene tristemente.
- Evviva!! Paolo vi ha visti !! - cominciò a piroettare Giulia al ritmo di un samba - Paolo vi ha visti ! -
- La vuoi smettere ! - urlò Irene quasi con le lacrime agli occhi.
Giulia si accorse di avere esagerato. Prese ancora un po' di spaghetti.
- Che ne dici di finire questo capolavoro ?-
Finalmente Irene tornò a sorridere.
- Beh, se ti va male come giornalista potresti sempre fare la cuoca -
- Già, forse è un lavoro più facile - e per un po' continuarono a masticare in silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri, senza avere il coraggio di farne partecipe l' amica.
Di colpo la musica cessò e il silenzio sembrò insopportabile.
- Si può sapere come fai a risolvere sempre i problemi ? sbottò Giulia.
- Ti ricordi quel film che mi hai prestato ?-
- Genio Ribelle con Matt Demmon ? -
- Sì quello. Ecco io… non sono certo come lui. Lui era un genio, però è un po' così: io vedo subito le soluzioni. I numeri mi ballano davanti e…. e trovano il loro posto-
- Beata te, i miei crescono, crescono e alla fine non so dove metterli. Qualche volta ho paura di aprire l' armadio, perché temo di trovare tutti i numeri di tutte le espressioni di tutti gli anni che mi crollano addosso e mi soffocano -.
Irene scoppiò a ridere all' idea di Giulia sommersa da una caterva di numeri finalmente liberati.
- Potresti scrivere una storia per il prossimo numero del Giornalino -.
- E' vero, sai quante povere vittime dell' Ariberti si identificherebbero in quella prigione matematica- .
- Non è colpa dell' Ariberti se non capisci la matematica. Sei tu che non riesci a trovare la tua strada per capirla -.
Giulia ripensò alle ore passate a lottare con parentesi, frazioni, potenze e si chiese se esistesse, per lei, una strada, una via d' accesso come sosteneva Irene.
- Potrei scrivere non una storia, ma dieci storie, un libro intero sulle vasche che perdono, i corridori che fanno troppi giri, le sfere in equilibrio precario su base cilindrica…potrei ambientarlo in un circo…-
- Se farai la giornalista avrai poco a che fare con la matematica - la consolò Irene.
- Non ne sarei tanto sicura credo che mi perseguiterà tutta la vita, comunque ormai ho deciso: farò il Liceo Classico, perché è l' unica scuola in cui la matematica conta come l ' educazione fisica - concluse Giulia - Ora per festeggiare ti faccio assaggiare la torta di compleanno di mio padre -.
- Io invece farò il Liceo scientifico e poi ? -
Irene uscì sul balcone. Il sole era proprio caldo e le viole sembravano goderselo un mondo. Nel palazzo di fronte c' era un bel gattone nero acciambellato su una sedia e una bambina seduta in mezzo ai suoi giochi che cercava di coinvolgere il povero micio, infilandogli in testa il cappellino del bambolotto. La voce di Giulia la richiamò alla realtà.
- Potresti fare matematica, medicina, biologia, chimica. Hai un intero mondo scientifico che ti aspetta. Pensa a me che posso solo scegliere se scrivere le mie sciocchezze o quelle degli altri. Allora devo servire il dessert in terrazzo? -
Irene rientrò in cucina. Sentì un improvviso moto d' affetto per quell' amica così speciale. L' idea che forse si sarebbero un po' perse di vista la faceva soffriva.
- Devi farmi una promessa solenne - esclamò Irene.
- Aspetta - la interruppe Giulia - ho una cosa adatta a una promessa solenne - , aprì il frigo, prese una bottiglia di spumante e ne versò un po' nei bicchieri.
- Promettiamo che saremo sempre amiche -
- Sempre - fece eco Giulia alzando il bicchiere.
Dopo poco, con le guance rosse e gli occhi brillanti, avevano dimenticato i discorsi impegnati sul futuro e ridacchiavano sui loro bersagli preferiti: i professori.
Paolo stava tornando in classe, senza fretta, anzi studiando un’ andatura abbastanza naturale, ma in realtà lentissima. Voleva ritardare il più possibile l’ inevitabile umiliazione davanti alla prof. Ariberti. Non sapeva più che cosa fare, aveva passato il pomeriggio a sgobbare sul libro di matematica, ma più cercava di capirci qualcosa e più tutto s’ ingarbugliava.
Improvvisamente nella sua classe esplose un boato: urla e gridolini di gioia invasero il corridoio. Paolo si bloccò, fulminato da na speranza: “ Un urlo così selvaggio poteva significare una sola cosa Ariberti assente “ Spalancò la porta ed ebbe la conferma immediata: la classe era in visibilio e in cattedra era seduta la prof….Gentili !
“ Sì! Sì, sì! “ pensò il ragazzo “ qualche volta gli dei accettano i sacrifici “. Infatti da un’ intera settimana non mangiava cioccolata.
- Prof, non si sa…prof….- Ines con la mano alzata cercava di superare, senza molto successo, le voci dei compagni, finché l ‘ insegnante accese l’ episcopio e spense la luce.. Ines tornò alla carica.
- Prof, non si sa chi ha vinto le Olimpiadi di matematica ? –
- Oh, sì mi stavo dimenticando – guardò Irene sorridendo – la nostra campionessa è Irene -.
Giulia e Maria si precipitarono ad abbracciare l ‘amica e Paolo le imitò. Era la prima volta che poteva tenerla così vicina ed anche se in mezzo a un così vasto pubblico, per un attimo, fu come se fossero soli e felici.
Poi furono tutti proiettati a Firenze, meta della prossima gita scolastica. Nel buio caldo e compiacente della moderna lanterna magica ognuno sognò il suo pezzo di storia.
Ines e Isabella facevano progetti di shopping sul Ponte Vecchio. Maria e Chicco conteggiavano gli eventuali ingressi a musei, chiese e al Campanile di Giotto. Veronica sognava di camminare sulle rive dell’ Arno con Fabrizio e Rashid sperava di rivedere qualche vecchio compagno di viaggio. Paolo prese la mano di Irene, appoggiata sul ginocchio, e la strinse forte. La ragazza non staccò gli occhi dalla cupola del Brunelleschi, ma sorrise e arrossì.
- Prof, - interruppe Cristian, che non riusciva più a star fermo – vedremo tutte queste chiese e questi musei ? –
- Sarà difficile in due giorni - lo tranquillizzò l’ insegnante.
John stava confabulando con Jachima e alla fine si decise ad alzare la mano.
- Ho sentito che la 3 B, l’ anno scorso, è andata anche in discoteca. Ci andremo anche noi ? –
La prof. Gentili spense l’ episcopio. Si era resa conto che la parola magica era stata pronunciata, ormai nessuno avrebbe più ascoltato le sue spiegazioni: tutti pensavano a che cosa avrebbero indossato, che tipo di musica avrebbero ballato e soprattutto fino a che ora.