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Tagliola irachena
Rossana Rossanda - 15-04-2004
I rapporti internazionali stanno arretrando a quattro secoli fa, a prima del Trattato di Westfalia che segnava la fine dell'impero e metteva qualche regola ai rapporti tra gli stati. Le guerre venivano dichiarate e concluse e implicavano un rischio fra tutti gli sfidanti, delle paci rispondevano gli stati. Sparivano gli eserciti mercenari. Molto più tardi gli stati si sarebbero dati alcune convenzioni sui limiti della reciproca ferocia, i civili, i prigionieri. E dopo la seconda guerra mondiale con le Nazioni Unite si dotavano di un foro che si prefiggeva di risolvere le controversie internazionali senza guerre. Tutto questo oggi è andato in pezzi. Alla caduta dell'Urss doveva seguire un ordine mondiale, ed invece seguita una crescente deregulation, con lo smisurato allargarsi delle possibilità e velleità di intervento della sola superpotenza rimasta in campo, gli Stati Uniti. E l'inatteso risollevarsi contro di essa - in mancanza di quella idea civilizzatrice del conflitto che era stata il socialismo - di resistenze arcaiche, nazionaliste, etniche, furenti e disastrose. Questo è il risultato della decisione unilaterale degli Usa di ridefinire a loro guisa lo scacchiere mediorientale, decisivo sotto il profilo delle risorse petrolifere e per il controllo dell'Asia, dove cresce la sola potenza in grado di creargli in futuro delle difficoltà, la Cina. L'avventura irachena non è stata la conseguenza dell'11 settembre, ha avuto in esso il sanguinoso pretesto per marciare su Baghdad, quando l'Iraq non c'entrava per niente. Siamo oggi di fronte a una situazione inedita: quella degli eserciti americano e inglese impelagati in una guerriglia che per arroganza non avevano previsto e che non sono in grado di sottomettere, perché è il solo punto sul quale si unificano contro gli occupanti le diverse etnie e religioni del paese. Gli Stati Uniti rischiano di dover moltiplicare come nel Vietnam il loro contingente, mettendo in conto molte perdite o di doversene andare, subendo una sconfitta bruciante sul terreno militare e politico.

Credere di passare impunemente sopra a qualsiasi regola si è rivelato un boomerang. Sul piano mondiale gli Stati Uniti sono assieme esposti e isolati. Sul piano della deterrenza, l'esibizione di mezzi invincibili ha suscitato un terrorismo di dimensioni mai conosciute, relativamente facili da mettere in atto e il solo che un esercito non può battere. La tesi dello scontro di civiltà ha alimentato un fondamentalismo islamico mai forte come oggi. Sarà assai difficile che l'Onu si assuma il compito di far fronte a questo disastro, e perdipiù sotto il comando di chi l'ha provocato. Non solo, ma siamo davanti, come già era successo nelle guerre africane, ad un'altra stupefacente regressione: sono tornati gli eserciti privati, con la fornitura di mercenari alle istituzioni e alla quantità di interessi diretti e indiretti che si sono precipitati a spartirsi l'Iraq da quando Bush l'ha dichiarato vinto. Sono il simbolo, i venditori di professionalità nell'uccidere al miglior offerente, della deregulation e della privatizzazione di tutto, guerra inclusa e sono loro che vengono sequestrati dalle milizie irachene per premere sui paesi di provenienza. Mentre scriviamo sembra che ci sia già una prima vittima. La risposta della fermezza, che per gli Stati Uniti significa aumentare l'intervento armato come a Falluja, uccidendo e perdendo uomini, appare in Italia una ridicola gesticolazione, cui, quasi fossimo al sequestro di Moro nel 1978, si starebbero orientando anche i Ds.

In queste ore non sappiamo che cosa potrà risultare dalla mediazione iraniana fra Al Sadr e americani. In ogni caso essa non riguarderà che gli sciiti e appare ben lontana dal risolvere la crisi. Bush e Blair ci hanno ficcati in una tagliola dalla quale i governi più seri si divincolano, ritirando i cittadini e probabilmente, se ne hanno, le forze. Noi, italiani, no. Quanto all'Europa, sembra incapace di esercitare una qualsiasi pressione perché l'occupazione cessi e avanzare una proposta che, assieme alle forze regionali, avvii un tentativo di dialogo per sanare il sanabile. Non viene da Bruxelles, non viene dall'Internazionale socialista. E non è l'ultima delle sconfitte cui ci ha trascinato il codismo alla Casa Bianca.


ROSSANA ROSSANDA
per il Manifesto
15 aprile 2004

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 Gianni Mereghetti    - 15-04-2004
Una sconfitta dell'umano

E' forte il dolore che ho provato alla notizia dell’uccisione di uno degli ostaggi italiani, cui potrebbe seguire quella degli altri ancora nelle mani dei terroristi irakeni. Ad un uomo è stata tolta la vita, e non v’è ragione di un atto così barbaro; a lui e ai suoi famigliari va l’invocazione dello sguardo misericordioso di Dio e della sua pace.

E’ una sconfitta dell’umano che ancora una volta abbia prevalso la logica della morte, quella che un fanatismo ideologico da anni sta seminando, sperando di piegare così la convivenza internazionale al suo progetto.

A fronte di tanta crudeltà la risposta che viene da chi nell’impetuoso dilagare della violenza ha conservato un cuore umano è fatta di commozione, preghiera, solidale impegno per la pace.

Siamo in un momento grave per la storia del mondo, la vita degli uomini sembra non valere più nulla, la violenza ideologica, che si pensava crollata con il Muro di Berlino, è sempre più incombente e colpisce in modo inaudito.

Questo momento così grave chiede a noi uomini di pace un grande sacrificio perché il mondo che abbiamo costruito, e nel quale domina la vita, diventi speranza per tutti, anche per quanti tradiscono il loro cuore commettendo atti, che nulla hanno a che fare con la dignità dell’essere umano.

In questa direzione, come ha detto Giovanni Paolo II nel suo messaggio pasquale, assume un’importanza capitale l’impegno delle «istituzioni internazionali», in vista di «un'organizzazione più ordinata e pacifica del mondo».

 red    - 22-04-2004
Mozione per il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq

La scelta di Zapatero di ritirare nei prossimi giorni le truppe dall’Iraq imprime un’accelerazione straordinaria a tutta la vicenda iraquena, pone la possibilità di una forte iniziativa europea, può determinare quella svolta della quale in molti hanno parlato e parlano.
Il nuovo governo spagnolo si è assunto la responsabilità politica e morale di rompere l’ alleanza con l’amministrazione Bush determinante alla guerra contro l’Iraq, alla mortificazione delle Nazioni Unite e alla divisione dell’Europa. E’, quindi, una scelta che può contribuire a isolare l’avventurismo del presidente degli Stati Uniti, a dare nuovo impulso, forza e unità all’iniziativa europea, a dare nuova dignità e funzione alle Nazioni Unite e a permettere nuove condizioni per la lotta al terrorismo internazionale.
La scelta del premier spagnolo parte da un dato ormai incontrovertibile: il 30 giugno è ormai una data priva di significato politico, politicamente virtuale. Le ragioni sono evidenti. Dall’incontro Bush - Blair non è emerso nulla di nuovo. L’ONU è poco più di una invocazione, il comando reale, la sicurezza e la ricostruzione del paese restano saldamente nelle mani degli Stati Uniti. La scelta di Bush di sostenere la proposta di Sharon che cancella i confini del 1967 e ignora i milioni di profughi palestinesi, preclude ogni soluzione pacifica del conflitto fra Israeliani e Palestinesi, destabilizza ancor più l’intero Medioriente e umilia tutte le iniziative multilaterali sin qui fatte a partire dalla stessa “Road Map”. Sono scelte gravi, all’ombra della tragedia che si sta consumando in Iraq, dove è in corso una vera e propria guerra con migliaia di morti fra i civili Iraqueni, dove nessuno controlla più la sicurezza del paese , dove le forze più radicali e violente hanno acquistato potere e consenso grazie a una guerra sbagliata e un dopoguerra dissennato . Il dramma degli ostaggi italiani deve ricordarci non solo la violenza cieca e distruttiva del terrorismo,ma, anche l’enormità della tragedia civile e umana che ogni giorno si vive nel paese Iraqueno. L’obiettivo di un futuro di pace e democratico per l’Iraq oggi passa per altre vie.
Zapatero prende atto di questa situazione, ritira le truppe spagnole e fa la sola scelta realistica possibile, la sola che può spingere a un mutamento di rotta l’amministrazione U.S.A., la sola che parla a quella parte grande dell’Europa e del mondo che era ed è contro la guerra, la sola che può innescare quel circuito virtuoso utile a dare centralità alle Nazioni Unite e un nuovo protagonismo all’Europa, la sola in grado di isolare e a battere il terrorismo. Il resto sono parole che non spostano di un centimetro la realtà. Non raccogliere l’iniziativa del presidente spagnolo, non collegarsi a quel sentimento di pace che attraversa gran parte dell’opinione pubblica europea e italiana sarebbe un grave errore.
Per questo oggi è giusto chiedere la convocazione del Parlamento, per questo è giusto tornare a chiedere una svolta radicale perché la guerra finisca davvero, per questo è ormai maturo il tempo che il centro - sinistra unito chieda con una mozione parlamentare oggi e non domani il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq.

Paolo Cento, Famiano Crucianelli, Franco Giordano, Pietro Folena e altri deputati pacifisti ai capigruppo dell'opposizione

 Manlio Dinucci    - 22-04-2004
La privatizzazione della guerra

In Iraq l'uso dei mercenari dimostra il fallimento dell'«irachizzazione» del conflitto



Il manifesto, 14 aprile 2004

La Dts Security, per la quale lavorano i quattro italiani catturati in Iraq, ha il proprio quartier generale a Newington in Virginia. Da lì fornisce «sicurezza» ai propri clienti, soprattutto grosse multinazionali, dagli Stati uniti all'Oman, dall’Uzbekistan all’Iraq. Poiché essa garantisce i suoi servizi in qualsiasi situazione, anche di guerra, il suo personale è composto di specialisti provenienti dalle forze scelte di vari eserciti. A simbolo della sua efficienza, la Dts Security, che vanta oltre vent’anni di esperienza, ha messo nel suo sito, al posto del solito puntatore del mouse, quello di un mirino telescopico di un fucile di alta precisione. In Iraq, essa fa parte della quindicina di compagnie fornitrici di «sicurezza», assoldate direttamente o indirettamente dal Pentagono come «contrattiste militari private» per sorvegliare installazioni, scortare convogli e addestrare il «nuovo esercito iracheno». La maggiore è la statunitense Blackwater che, composta di cinque compagnie specializzate, «ha stabilito una presenza globale, fornendo addestramento e soluzioni tattiche per il
21mo secolo». Tra i suoi clienti, oltre a società multinazionali, vanta il Dipartimento della difesa e il Dipartimento di stato degli Stati uniti d’America.
Un'altra importante compagnia che opera in Iraq per conto del Pentagono è la Vinnell Corp., affiliata della Northrop Grumman, una delle principali industrie belliche. Avendo molti compiti da svolgere, ha subappaltato l’addestramento delle truppe irachene a Kirkush a un’altra società statunitense, la Mpri di Alexandria (Virginia), che ha già partecipato alla formazione dei nuovi eserciti di Croazia e Bosnia.
Operano in Iraq anche compagnie britanniche, come la Erinys, il cui compito è la sorveglianza delle installazioni petrolifere, e la Global Risk, che fornisce «protezione armata» alla «Autorità provvisoria della coalizione».
Nessuno conosce con esattezza il numero dei «moderni mercenari» (come li definisce The New York Times) che operano in Iraq per conto di queste compagnie private. Le stime vanno da 15 a 20 mila, ma potrebbero essere anche di più. Molti sono stati reclutati, soprattutto dalla Blackwater, in Cile: tra questi vi sono «commandos addestrati, sotto il governo militare di Augusto Pinochet, in speciali campi a Santiago e in North Carolina negli Usa» (The Guardian, 5 marzo). Le loro paghe annue vanno da 70.000 a 250.000 dollari, ma sicuramente ricevono anche premi extra.
Essi vengono infatti impiegati in vere e proprie azioni di combattimento. Lo conferma il fatto che, il 4 aprile, «un attacco della milizia irachena contro il quartier generale del governo Usa a Najaf è
stato respinto non dai militari statunitensi, ma dai commandos della Blackwater» (The Washington Post, 6 aprile).
Tale impiego dei commandos delle compagnie private sta crescendo, di pari passo con la disgregazione del «nuovo esercito iracheno». Alla cerimonia di fine corso del secondo battaglione iracheno (620 uomini), il 6 gennaio, il generale Sanchez, comandante statunitense delle forze
terrestri, aveva affermato: «Questi soldati sono molto fieri, molto impegnati. Ho alte aspettative che contribuiranno a riportare la sicurezza e la stabilità in Iraq». Ma quando il secondo battaglione ha
ricevuto qualche giorno fa l’ordine di andare a combattere contro gli insorti di Fallujah, si è rifiutato dichiarando: «Non siamo stati reclutati per combattere gli iracheni». Secondo The Washington Post (11 aprile), negli ultimi giorni il 20-25% dell'esercito e della polizia irachena ha disertato o è addirittura passato dalla parte di chi avrebbe dovuto combattere. Da qui la crescente importanza dei «moderni mercenari» delle compagnie private, cui vengono affidati compiti che avrebbero dovuto svolgere gli iracheni reclutati.
Questa «privatizzazione della guerra» rappresenta però il fallimento della strategia dell'amministrazione Bush: il piano di creare un governo ossequiente che, con un proprio esercito, avrebbe dovuto «ripristinare la sicurezza e la stabilità» in un Iraq sotto il controllo politico, militare ed economico degli Stati Uniti, sta crollando come un castello di carte. E le stesse forze statunitensi sono sempre più in difficoltà. In questo clima, in cui il morale dei soldati sta visibilmente calando, molti hanno solo il desiderio di tornare a casa. Altri, sapendo qual è la busta paga dei commandos delle compagnie private, pensano sicuramente che, se si deve rischiare, è meglio farlo con un contratto da oltre 200mila dollari di una delle moderne compagnie di ventura.


 Bg Social Forum    - 23-04-2004
Subject: CHIARIMENTO su ACLI e MERCENARI

Come già detto in riunione nazionale ieri, chiedo un chiarimento presso il Comitato Nazionale Fermiamo la guerra circa le attività di formazione e addestramento di "operatori per la sicurezza" da parte della ACLI in società con la Logansltd, società israeliana.

Il chiarimento è d'obbligo perchè:
a) se non sbaglio le ACLI fanno parte del Comitato Nazionale Fermiamo la Guerra;
b) hanno predicato più volte la retorica della non-violenza e vari biasimi pubblici contro le componenti più radicali del movimento contro la guerra senza se e senza ma, accusandole di presunti comportamenti violenti;
c) costruiscono, attraverso il progetto SCUDO un pensiero VIOLENTO e una pratica VIOLENTA fondati sull'idea di una strategia armata per la sicurezza e attraverso l'addestramento di Rambo privati.

Non ho bisogno di aggiungere lo scandalo e l'indignazione che tutto ciò mi ha provocato. Ogni commento è davvero superfluo.La cosa ha già fatto scandalo ed è uscita anche sui giornali (Il Manifesto e Il Messaggero).
Ringrazio Piero Bernocchi per avere, per primo, sollevato il caso. Basta leggere con attenzione i documenti che invio nei tre allegati a questa mia.
Il primo è il testo della interrogazione parlamentare che i deputati Deiana, Gianni, Mascia e RussoSpena hanno indirizzato sulla vicenda del progetto SCUDO al Ministero degli Interni. Il secondo è il documento pubblicitario della Logans e il terzo è il progetto SCUDO delle ACLI. Se volete approfondire la ricerca visitate questi siti: www.logansltd.com, www.enaip.it .

STIAMO ATTENTI NOI PACIFISTI: A CAUSA DELLA TORSIONE DEL CONCETTO DI PRIVATIZZAZIONE DELLA GUERRA E DEI CONCETTI DI DIFESA E SICUREZZA ADESSO GLI OGM SONO TRA NOI.

saluti
Nella Ginatempo