Un piano minuzioso di distruzione della scuola pubblica.
Il "Manifesto dei 500 insegnanti e genitori per il ritiro della riforma dei cicli e la difesa della scuola pubblica" invia una prima analisi ed un primo commento alle "nuove" proposte di riforma dei cicli
Segue la mozione per il "no" alla riforma Moratti e alla "svendita" della scuola pubblica
Le "novità" della proposta di Legge Delega : che cosa cambia? Qual è la sostanza di quello che si prepara?
La prima "novità": una "legge delega" per "riformare" la scuola
Il governo sembra aver deciso: la riforma si farà per legge delega. Questo significa che il governo presenterà una proposta molto "snella" che il Parlamento dovrà discutere e approvare velocemente. Questa proposta "snella" conterrà appunto la delega al governo perché proceda poi, in proprio, a completare la legge con i regolamenti attuativi, i programmi, gli orari, l'organizzazione vera e propria ecc. Il tutto verrebbe varato attraverso la formula del Decreto del Presidente della Repubblica, scritto dal governo e per il quale non è previsto alcun voto o controllo.
In pratica il Parlamento viene defraudato delle sue funzioni e gli si toglie ogni controllo reale sulla legge.
Se si pensa che la Legge Delega del governo contiene 8 articoli cortissimi, per un totale di 150 righe circa... Se si pensa che la scuola elementare e quella media vengono liquidate con 26 righe!... Se si pensa che tutto il sistema della scuola superiore viene trattato in circa 50 righe, licei, scuole professionali, alternanza scuola-lavoro compresi..., abbiamo l'idea di cosa si vuole davvero sottrarre alla discussione parlamentare.
Perché una "legge delega"?
Il motivo è semplice, e ci viene spiegato direttamente da un quotidiano: "La paura è quella che si produca l'effetto Berlinguer, cioè una discussione infinita in Parlamento che porti la riforma ad essere approvata troppo in là e che quindi il governo non faccia in tempo ad attuarla nell'arco di questa legislatura". (La Stampa, 23/1702). Certo, la discussione in Parlamento potrebbe aprire una discussione nel Paese, e quindi ritardare i tempi o anche affossare un tale progetto... Certo, l'"effetto Berlinguer" potrebbe essere quello della mobilitazione che portò gli insegnanti e i genitori a frenare la legge sui cicli...
Il problema di fondo è chiaro: una legge di distruzione della scuola pubblica, specie dopo gli eventi passati (vedi anche "concorsone") è destinata a scatenare la reazione: meglio non discuterla. "La Stampa" aggiunge: "La strada resta sempre la stessa. Ascoltare, trattare, raccogliere sollecitazioni, ma poi agire con la massima determinazione".
E' lo stesso concetto con cui il sottosegretario Aprea (FI) ha tirato le sue conclusioni degli Stati Generali: "Il confronto è stato ampio e gli Stati Generali composti da rappresentanti delle famiglie, degli studenti, dei docenti, da numerosi esponenti della cultura, delle professioni hanno fornito ulteriori contributi e riflessioni propositive che arricchiscono il dibattito di questi giorni e ci confortano sulla necessità di proseguire celermente".
Hanno ascoltato "tutti" e ora fanno ciò che vogliono: alla faccia della democrazia!
20 scuole per 20 regioni: la dislocazione totale del sistema italiano...
Ancora una volta si presenta quindi un progetto di poche pagine, senza alcun riferimento all'organizzazione, alle ore di insegnamento, ai programmi, alle titolarità degli insegnanti.
Ma il fatto gravissimo è che, mentre la precedente legge Berlinguer demandava ogni cosa ad un successivo piano di applicazione (sul quale la legge si incagliò), questa volta il tutto viene rimandato alle Regioni, in dichiarata applicazione della "riforma" della Costituzione approvata dal centro-sinistra e varata il 7 ottobre.
Se questa legge dovesse passare, si arriverebbe alla divisione della scuola italiana in 20 parti, diverse tra loro per programmi, organizzazione, orari ecc
Deve essere detto chiaramente: quello che si prepara con questa legge è la regionalizzazione completa della scuola e il governo fa questo anche per un motivo preciso: non trovarsi di fronte, nell'applicazione della "riforma", agli ostacoli della mobilitazione nazionale che hanno frenato quella di Berlinguer.
L'articolo 8 sulle disposizioni attuative mira proprio a questo: dividere il mondo della scuola per far passare, Regione per Regione e costi quel che costi, la legge: "All'attuazione della seguente legge si provvede, sulla base delle norme generali da essa recate, mediante uno o più regolamenti da adottare a norma dell'art. 117 sesto comma della Costituzione (…)". L'art. 117, comma sesto, dice. "La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alla Regioni. La potestà regolamentare spetta alla Regioni per ogni altra materia".
Si tratta quindi di vedere quali sono le materie di "legislazione esclusiva", ed è ancora l'art. 117 a chiarircelo: sono le "norme generali sull'istruzione". Guarda caso, la Legge Delega si intitola proprio "Norme generali sull'istruzione": questo significa che lo Stato si prepara a fare la sua parte esclusivamente con questa legge di 150 righe: alle Regioni tutto il resto, vedremo tra breve con quali prospettive
A questo va aggiunta la regionalizzazione completa dell'istruzione professionale.
Scuola elementare: quando inizierebbe?
La bozza di legge in discussione contiene una novità: "Alla scuola primaria si iscrivono le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto. Possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento".
L'inizio della scuola viene quindi anticipato di quattro mesi per tutti, e di altri quattro mesi in modo facoltativo.
Il fatto contiene alcune conseguenze estremamente gravi.
Prima di tutto questo segnerà un abbassamento culturale enorme della scuola elementare, poiché è evidente che la maggioranza dei bambini si presenterà a scuola senza la necessaria maturazione per affrontare immediatamente la lettura e la scrittura. Questo condizionerà il lavoro di tutta la classe che subirà un rallentamento nei programmi che si riverserà a cascata sulle classi successive. Già oggi i bambini nati a dicembre risultano spesso nettamente più piccoli di quelli nati a gennaio dello stesso anno, con conseguenze sull'apprendimento: questa "forchetta" sarebbe destinata a dilatarsi in modo preoccupante…
In secondo luogo si apre un terreno di deregolamentazione folle attraverso il principio della scelta delle famiglie: possiamo già immaginare il caos e la confusione che questo produrrà.
In terzo luogo, va considerato che le attuali strutture della maggioranza delle scuole elementari sono assolutamente inadeguate ad accogliere bambini più piccoli. Chi vuole prendere in giro questa gente? Il ministro si rende conto che le classi sono composte da 25 e più alunni, anche con portatori di hc, che i banchi sono per la maggior parte inadeguati e pericolanti, che i bagni sono di difficile utilizzo anche per i bambini di sei anni, figuriamoci per quelli di cinque? A che cosa vogliono ridurre la professione dell'insegnante?
Cosa si nasconde dietro questo provvedimento?
Perché una simile proposta?
Partiamo dai fatti. Alcuni ministri sono insorti dicendo che questo anticipo della scuola elementare comporterebbe l'assunzione di 15.000 insegnanti, conseguenza del fatto che moltissimi bambini andrebbero a scuola prima. In effetti, se la "riforma" dovesse partire, per esempio, nel settembre 2002, le iscrizioni in prima aumenterebbero di molto.
Ma, nonostante le osservazioni di questi ministri preoccupati della spesa pubblica, il governo ha deciso di continuare su questa strada. Forse Berlusconi ha deciso di spendere soldi per la scuola pubblica?
Francamente ne dubitiamo, ma in questo caso non si tratta di avere "speranze", bensì di analizzare i fatti, e quelli di questi anni parlano chiaro: invece di assumere gli insegnanti necessari, le scuole hanno visto in questi anni moltiplicarsi i "progetti", sempre di più gestiti da privati, cooperative, insegnanti senza titoli...: progetti per la lingua straniera (al posto di insegnanti statali assunti regolarmente), progetti per l'integrazione (al posto di insegnanti di sostegno), progetti per l'educazione motoria (gestiti da società private) ecc…
Ora, questa "moda" potrebbe essere adottata dal governo come "il metodo" per coprire i posti necessari, delegando privati, associazioni, insegnanti senza abilitazione ecc. ad intervenire nella scuola, magari proprio nelle ore "facoltative" di cui parla il progetto Bertagna.
Manca ancora un elemento per completare il quadro: la "nuova" Costituzione prevede che le Regioni assolvano i loro compiti (in questo caso applicare la riforma) secondo il principio di "sussidiarietà", cioè facendo svolgere ai privati tutto quello che si può.
Vi sembra fantascienza? Leggiamo allora il Patto per il Lavoro siglato dalla Regione Lombardia con gli industriali e i sindacati: "Le parti intendono (…) valorizzare l'autonoma capacità dei cittadini, singolarmente o attraverso istituzioni sociali, di perseguire interessi di carattere generale e svolgere funzioni di interesse pubblico tramite il mercato e il privato sociale" . Il tutto, scritto esplicitamente, "sulla base del principio di sussidiarietà".
In altre parole: quella che oggi è ancora un'eccezione (i progetti gestiti dai privati) diventerebbe una norma: "svolgere funzioni di interesse pubblico tramite il mercato". Non verrebbero più assunti insegnanti, ma la copertura di queste classi (o di un parte delle ore) in più verrebbe data ai privati: cooperative, associazioni, gruppi che si potrebbero vendere sul mercato e si metterebbero in "concorrenza" con gli insegnanti statali di ruolo e precari..
Ma non è tutto...
Lo Stato e le Regioni potrebbero anche dire: visto che non abbiamo le aule, i fondi, la possibilità di assumere ecc, diamo un contributo alle scuole private che assolvono questa funzione pubblica, sempre in nome della sussidiarietà. Tanto più che la maggioranza dei bambini frequenta delle materne private (le scuole materne sono per il 90% private e, nei fatti, i bambini che iniziassero la classe prima in una scuola privata difficilmente la abbandonerebbero in seconda).
Anche qui: fantascienza? Assolutamente no: già ora la grande maggioranza delle scuole materne private prende soldi dallo Stato perché assolve una funzione, cioè copre la carenza assoluta di scuole materne statali.
In conclusione: il provvedimento, in un primo momento "contestato" da qualche ministro attento al portafoglio, è poi passato perché il governo ha intravisto in esso uno strumento doppio: cominciare a privatizzare la scuola pubblica facendo entrare i privati e potenziare quella privata che, specie nella scuole elementari, non decolla proprio.
A proposito di scuola materna
La Legge Delega prevede anche che i bambini possano iscriversi alla materna a partire dai 2 anni e mezzo. E' evidente che il valore educativo e pedagogico, di prima formazione, di questa scuola si ridurrebbe drasticamente: mettere dei bambini di 2 anni e mezzo in classi di 27-28 vuol dire aprire la strada alla trasformazione degli insegnanti in baby-sitter.
Scuola elementare: quando finirebbe?
Come abbiamo visto in precedenza, la scuola elementare viene solo apparentemente salvata, ma in realtà la divisione in bienni e la prospettiva della sua fusione con le medie prepara il terreno della sua liquidazione.
La legge delega conferma totalmente questa direzione, anzi, la rafforza con l'eliminazione dell'esame di quinta, che verrebbe sostituito da due "verifiche", in seconda e in quarta (dichiarazioni del sottosegretario Aprea a "La Stampa", 19/1). Che senso ha un esame in quarta elementare, se non quello di mettere le mani avanti sulla reale prospettiva di questa scuola, cioè la sua riduzione a quattro anni?
I "Licei", ovvero il gioco delle tre carte...
La prima proposta del GRL prevedeva una durata di quattro anni per i licei. Nella Legge Delega si prevede invece un quinto anno per poter accedere all'Università.
In ogni caso questi licei sarebbero divisi in otto indirizzi: "Il sistema dei licei comprende i licei: Artistico, Classico, Economico, Linguistico, Scientifico, Tecnologico, Musicale, delle Scienze Umane".
Ma in realtà il problema non è la durata dei licei, né il nome e il numero, ma la preparazione precedente dei ragazzi e le ore di frequenza di questi licei. Il ridimensionamento dei programmi descritto per la scuola media e elementare ci permette di paragonare questi "licei" a quelli attuali? Il passaggio a 25 ore, di cui 5 regionali, ci permette di pensare ad un livello di preparazione decente?. Non è vero che, alla fine, i ragazzi si presenterebbero all'Università con una preparazione nettamente più bassa rispetto a quella attuale (già duramente colpita dall'abolizione degli esami di riparazione, dai crediti e dai debiti formativi, dal nuovo esame di maturità...).
Qualche giornale si è lanciato nel prevedere quali saranno le materie amputate in conseguenza del taglio di ore.. Nulla viene scritto di preciso, né nel testo Bertagna, né nella bozza di legge. Si possono tuttavia aprire scommesse, poiché un dato è certo: o si taglieranno intere materie come qualcuno ha ipotizzato (matematica e scienze al classico, latino allo scientifico…) o si taglieranno i programmi di tutte le materie.
In ogni caso e qualunque cosa dicano il governo e il ministro, si può ancora parlare di "liceo"? Quale enorme ricaduta avrà tutto ciò sulla formazione dei ragazzi e sull'Università?
La Legge Delega e il sistema dell'istruzione e formazione professionale
Come detto, l'impalcatura generale resta quella della proposta Bertagna.
Si tratta di uno dei cardini della "riforma": usare la scuola per sfruttare i ragazzi con il pretesto della formazione e distruggere ogni pur minima base culturale e ogni aspettativa dei ragazzi (diplomi, contratti nazionali…).
Si può e si deve dire di più. Quello che è in gioco non è semplicemente la questione scuola, ma più in generale la questione dell'esistenza di contratti collettivi uguali in tutto il Paese.
Per chiarezza, la legge delega precisa: se qualche ragazzo considerasse ancora troppo "culturale" l'alternanza scuola-lavoro, ci sarebbe per lui la possibilità di conseguire il diploma esclusivamente lavorando: "Dal quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire anche attraverso l'apprendistato". (…).
Anno integrativo
Per completezza di informazione, riportiamo che la legge delega prevede che al termine del quarto anno delle scuole professionali si possa fare un anno integrativo per avere accesso all'Università.
Ci chiediamo: dove è finita tutta la retorica sull'esigenza di finire la scuola a 18 anni per "adeguarsi all'Europa", se ora si prevede un diploma (e che diploma!) a 18 anni al posto di quelli che attualmente vengono rilasciati a 17 nei professionali, e un altro a 19, senza più l'attuale valore legale, per avere accesso all'Università?
La legge delega conferma infine che si potrà passare da un sistema all'altro e dalla formazione secondaria ai licei. Così, tanto per provare...
A TUTTI GLI INSEGNANTI, I GENITORI, GLI STUDENTI, I CITTADINI, GLI ELETTI NELLE ISTITUZIONI
A tutti i senatori, a tutti i deputati, lanciamo fin d'ora il nostro appello: votate no alla distruzione della scuola pubblica. Votate no alla "riforma" Moratti.
Genitori e insegnanti di scuole di ogni ordine e grado ci siamo riuniti il 22/1/2002 ad Abbiategrasso (Mi) e il 28/1 a Torino su iniziativa del "Manifesto dei 500 per il ritiro della riforma dei cicli e la difesa della scuola pubblica" per discutere le proposte di "riforma" della scuola presentate dal governo.
Una grande confusione è stata creata in queste settimane con la presentazione di diversi progetti di "riforma". Ma a prescindere dalle differenze, un unico piano di distruzione emerge: la scuola pubblica viene letteralmente messa all'asta, nel quadro di una regionalizzazione totale che mira ad aprirla ai privati e a sfruttare i ragazzi con il pretesto della formazione, con un abbassamento culturale di tutto il sistema.
Nel documento della commissione Bertagna e/o nella bozza di Legge Delega si prevede:
- l' eliminazione del Tempo Pieno e la sua sostituzione con un servizio a pagamento;
- l'eliminazione di intere materie che diventerebbero facoltative e si potrebbero svolgere presso privati, lezioni individuali, ditte…(lingua straniera, musica, educazione fisica, educazione artistica…)
- lo spostamento di altre (storia, geografia e scienze) in quinta elementare.
- la creazione di insegnanti di serie "A", titolari sulla classe, incaricati di "coordinare" gli altri di serie "B", titolari di spezzoni di orario su diverse classi e scuole.
- la deregolamentazione totale dell'età di ingresso dei bambini, con la possibilità di avere alunni di 5 anni che frequenterebbero la prima elementare in scuole dove non ci sono nemmeno i banchi e le strutture edilizie per accoglierli e con classi di 25 e più bambini.
- l'eliminazione dell'esame di quinta e la sua sostituzione con una verifica in seconda e in quarta, con l'intento dichiarato di ridurre gradualmente la scuola elementare a quattro anni
- centinaia di ore in meno in ogni ordine e grado di scuola
- l'abolizione degli Istituti Tecnici e dei diplomi e la regionalizzazione degli Istituti Professionali, che nei fatti segnerebbero il puro e semplice sfruttamento dei ragazzi al posto di lavoratori regolarmente stipendiati, grazie all’alternanza scuola-lavoro e all’apprendistato da svolgersi presso ditte, agenzie, privati.
- lo spezzettamento dei licei in 8 filoni che subirebbero tutti le conseguenze dell'impoverimento della scuola elementare e media.
- un attacco alla scuola materna, che dovrebbe accogliere i bambini dai 2 anni e mezzo e vedrebbe ridotta drasticamente la sua funzione formativa rispetto a quella assistenziale
Inoltre, un fatto molto grave emerge dalla
bozza di Legge Delega: a parte la struttura generale di suddivisione degli anni, l'intera organizzazione della scuola verrebbe demandata alla Regioni in applicazione della nuova Costituzione varata il 7/10 scorso, con la prospettiva di arrivare a 20 scuole per le 20 regioni italiane.
A questo va aggiunto il gravissimo provvedimento adottato dal governo che cambia l'esame di maturità e mina le fondamenta della scuola pubblica, aprendo la strada allo sviluppo di quella privata, e il fatto che si prevede di "riformare" l'intero sistema con una legge delega che usurpa il Parlamento dei suoi compiti.
Noi non accettiamo questa vera e propria opera di demolizione della scuola pubblica.
Tutti i genitori, gli insegnanti e gli studenti sanno cosa è necessario per la salvaguardia e lo sviluppo della scuola pubblica: l'abrogazione di tutti i provvedimenti adottati in questi anni (aumento degli alunni nelle classi, diminuzione insegnanti di sostegno, eliminazione del tetto per le classi con portatori di hc, tagli dei fondi, abrogazione delle supplenze, eliminazione dei commissari esterni nell'esame di maturità….). Il ripristino delle condizioni precedenti è la vera premessa per far funzionare la scuola pubblica.
Lanciamo un appello a tutti gli insegnanti, a tutti i genitori, gli studenti, i dirigenti sindacali e politici, a tutte le persone che sono attaccate ai valori della democrazia: è necessario unire le forze perché questa "riforma" sia fermata e con essa tutti i provvedimenti che attaccano la scuola pubblica.
Nel prendere atto che
il 15 febbraio è stato convocato uno sciopero del pubblico impiego al quale aderisce anche il mondo della scuola, decidiamo di preparare questo sciopero in tutte le scuole sostenendo e firmando questa mozione e inviando una delegazione alla manifestazione nazionale di Roma perché lo sciopero rappresenti un primo momento di mobilitazione contro la "riforma".
Invitiamo tutti i gruppi, le associazioni, i comitati, le diverse assemblee che si riuniranno in queste settimane, a organizzare la diffusione di questa mozione in tutto il Paese.
In particolare, proponiamo al "Comitato Nazionale di collegamento per la difesa della scuola pubblica" di organizzare una delegazione che si rechi in Parlamento per essere ricevuta sulla base delle firme raccolte.
Il “Manifesto per il ritiro della riforma dei cicli” viene promosso nell'ottobre 1999 da 500 insegnanti e genitori di Torino, Milano, Lodi, Bari, Avellino, Latina, Frosinone e Asti. Più di 15.000 insegnanti e genitori di 20 province italiane hanno già sottoscritto il “Manifesto”. Nel rispetto delle tradizioni culturali, pedagogiche, didattiche, politiche, religiose di ognuno, il “Manifesto” si batte per unire più largamente possibile gli insegnanti, i genitori, gli studenti, le organizzazioni sindacali e più in generale tutte le persone che intendono difendere la scuola dalla distruzione e dal caos a cui si andrebbe incontro se la “Riforma dei cicli” dovesse essere applicata. Il "Manifesto dei 500" ha organizzato in questi anni assemblee, riunioni pubbliche, conferenze in tutta Italia e ha promosso delegazioni che sono state ricevute alla Camera e al Senato, al Ministero della Pubblica Istruzione e a Palazzo Chigi. Diversi incontri si sono svolti anche con le segreterie nazionali dei sindacati per discutere di una strada comune per difendere la scuola pubblica. In alcuni casi questi incontri hanno prodotto iniziative concrete di mobilitazione. Il 24 marzo 2001, su iniziativa del gruppo di Torino del "Manifesto", si è svolta una manifestazione pubblica che ha visto sfilare per le strade della città 1.000 insegnanti e genitori che chiedevano il ritiro del piano di applicazione della legge. Il 23 giugno 2001, a Roma, il "Manifesto dei 500" ha promosso, insieme al "Coordinamento insegnanti-genitori di Roma", un incontro nazionale per la difesa della scuola pubblica, al quale hanno partecipato insegnanti, genitori, rappresentanti sindacali, di associazioni e di partiti di tutta Italia. Al termine è stato costituito un "Comitato di collegamento per la difesa della scuola pubblica". Questo comitato si è riunito a Firenze il 6 ottobre e il 24 novembre e ha approvato un "Manifesto per la difesa della scuola pubblica" da diffondere in tutta Italia. Il gruppo organizzativo del “Manifesto dei 500” mette a disposizione il materiale prodotto in questi anni: i dossier sulla legge, i verbali degli incontri in Parlamento, alla Presidenza del Consiglio e al Ministero. Le iniziative del "Manifesto dei 500" sono completamente autofinanziate dai contributi dei firmatari.
Contatti: Lorenzo Varaldo, via Gassino, 14, 10132, Torino tel./fax 011/8192074. Guido Montanari, tel 011/6690142. Rita Defeudis, viale Paolo VI, 6, Abbiategrasso (MI) tel. 02/94965090. e-mail: manifestodei500@hotmail.com - sito Internet: http://members.xoom.it/appello/.