breve di cronaca
Gli studenti che crescono nella scuola che resiste
Repubblica Bari - 03-04-2004

Dietro i liceali impegnati a Bari nel confronto sulla filosofia ci sono insegnanti bravi che hanno dimostrato come sia possibile fare bene anche con poco

Se la scuola è ancora una maestra per la vita
Ragazzi preparati e l´esempio dello "Scacchi"



STEFANO COSTANTINI

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Può succedere, anzi è successo, di ritrovarsi per caso in mezzo a tanti studenti e scoprire con grande piacere quanto siano bravi, quanto siano distanti dai pregiudizi che spesso agitano il mondo degli adulti. A vederli possono sembrare usciti da una qualunque trasmissione televisiva, vestiti alla moda e con i segni di riconoscimento propri della loro età. Ma a sentirli parlare no, si capisce che la tv, questi, la guarderanno pure, ma con distacco e spirito critico. Ragazzi di 17-18 anni che disquisiscono agevolmente di filosofia davanti a un pubblico di coetanei attenti e competenti, che usano il computer e hanno confidenza con manuali e bibliografie. Citano Hobbes e Bobbio, e pure Jovanotti.
A me è capitato tutto questo giovedì pomeriggio, essendo finito, appunto per caso, in una giuria che doveva giudicare una decina di lavori che altrettante scuole del centro sud avevano realizzato nell´ambito di un forum di filosofia riservato alla scuole. Si tratta di una specie di girone a eliminazione che consente solo - purtroppo - ai due migliori lavori di accedere alle finali nazionali, che si svolgeranno prossimamente a Faenza. In giuria c´era un vero esperto, il professor Mauro Digiandomenico, ordinario di filosofia a Bari e un altro giornalista, Onofrio Pagone capocronista della Gazzetta del Mezzogiorno. E a essere sorpresi non sono stati soltanto i due giornalisti, come del resto poteva essere prevedibile, ma anche il professore universitario, certo più abituato a trovarsi di fronte dei ragazzi di quanto non lo siano due cronisti che vivono chiusi in redazione.

È stato proprio il professor Digiandomenico alla fine che ha fatto pubblici complimenti agli studenti e ha invitato alcuni di loro a iscriversi alla facoltà di filosofia, dove - ha detto il docente - certo non avrebbero sfigurato nel confronto con i loro colleghi universitari.
Per la cronaca, il concorso lo ha vinto la «squadra» di casa, i ragazzi del liceo scientifico Scacchi, ex aequo con uno scientifico di Reggio Calabria. Degno di nota anche il lavoro di una scuola di Priverno, Latina, come pure ottima è stata la prova di quasi tutti i gruppi.
Diciamo la verità, temevamo di trovarci di fronte a impacciati ragazzini che mandano a memoria il lavoretto confezionato da zelanti professori e invece abbiamo visto filosofi in erbe impegnati sul tema dato. E sì, perché il lavoro aveva un argomento uguale per tutti. E che tema! Dovevano affrontare la questione della giustizia mondiale ai tempi della globalizzazione. Insomma, non un´esercitazione teorica, uno sfoggio di nozionismo, ma l´applicazione di un metodo, quello filosofico appunto, alla realtà del nostro mondo: hanno discusso di Iraq, di tirannia, di guerra preventiva, di Onu.
Hanno parlato senza imbarazzi del mondo dei grandi. Ingenui nelle soluzioni proposte, se vogliamo; troppo ottimisti nel pensare che il dialogo sia la ricetta per ogni conflitto, d´accordo. La maggioranza ha però individuato le questioni di fondo, primo fra tutti la fragilità degli organismi sovranazionali: nell´Onu tutti i Paesi sono rappresentati, ma nel Consiglio di sicurezza solo pochi decidono. Quindi chi è l´arbitro delle controversie? Si può stabilire la democrazia con la forza? Ecco, questo ed altro si sono chiesti i ragazzi.
Ed è stato un piacere aver avuto l´occasione di immergersi in questa realtà. Perché è vero che la media degli studenti italiani è forse un´altra. È ovvio, qui si sono dati appuntamento i migliori talenti di ciascuna scuola. E non nascondiamoci neppure che i licei rimangono l´élite del nostro sistema d´istruzione. Ma resta comunque la soddisfazione di sapere che questi giovani esistono. E che dietro questi giovani ci sono degli insegnanti bravi, sugli occhi dei quali ieri si leggeva la gioia di aver partecipato a un progetto che nessuna riforma della scuola, la peggiore che si possa immaginare, può impedirti di realizzare. Certe cose i docenti le fanno perché le sentono, perché sono convinti di fare la propria parte nella società.
Passa da qui il riscatto della scuola, degli insegnanti bravi che fanno la differenza. Ma aggiungerei che è la rivincita di una scuola pubblica dove è così dimostrato che è possibile fare bene anche con poco, con ciò che resta.


Segnalato da Pind


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 Pierangelo Indolfi    - 03-04-2004
E intanto

La scuola che resiste prepara l'alternativa

Lo sciopero generale del 26 marzo nelle scuole è ben riuscito, nonostante che inserire in quella scadenza l'opposizione alla riforma Moratti fosse palesemente "di troppo" rispetto alla vicenda delle pensioni. Sacrosanto quello sciopero generale. Ma rimane drammaticamente inevasa la richiesta di un appuntamento specifico del movimento delle scuole che continua egregiamente a battersi contro il primo decreto attuativo della riforma Moratti. Questo movimento, sostenuto soprattutto da insegnanti e genitori, sta reggendo oltre ogni previsione, anzi si sta allargando e coinvolge sempre più le scuole medie. Ed è riuscito anche a "bucare" l'informazione, nonostante l'indisponibilità del governo (e di parte dell'Ulivo) a misurarsi con i suoi contenuti c con le sue forme di lotta, molto più vicine alle modalità dei movimenti no global che a quelle tradizionali della politica dei partiti e dei sindacati concertativi.

Un movimento che nasce da lontano, da anni di lavoro capillare in difesa della scuola pubblica, da anni di resistenza ai molteplici attacchi che il sistema dell'istruzione ha subito, con un processo costante di sottrazione di risorse quantitative e qualitative.

Un movimento radicale e unitario, che solo può invertire la tendenza alla riduzione del sapere collettivo e all'imbarbarimento culturale. Quello che consente alla destra di "passare" non tanto in parlamento, quanto nella società, con il ritorno dei valori familistici, gerarchici e classisti, messi in dura difficoltà dalla Costituzione repubblicana e dalle conquiste dei diritti fondati sui bisogni.


In questo snodo delicato e difficile, che coinvolge anche le forze politiche dell'opposizione, è necessario valorizzare la resistenza all'attuazione della "riforma" anche nelle singole scuole, che non va applicata in nessun modo. La sfida è a tutto campo: qual è il cuore del problema che investe il futuro dell'istruzione e della ricerca?

La questione ruota intorno al ruolo della formazione pubblica ed a quale sia il momento della vita di un giovane in cui si possa dare per acquisita una cultura generale, adeguata non tanto alle esigenze dei singoli individui, quanto alle necessità complessive della nostra società, qui ed ora.

Lasciamo stare le mistificazioni che tirano in ballo una volta la dispersione scolastica, un'altra volta le esigenze del mercato del lavoro, infine l'approccio più sinistro, le «attitudini». In realtà tutto questo è funzionale alla canalizzazione precoce: nella maniera brutale della riforma Moratti o in quella più soft messa in atto dalle regioni governate dal centrosinistra, con l'integrazione della scuola con la formazione professionale, una sorta di terzo canale. Tutte fandonie, largamente smentite dall'"efficacia" dei sistemi formativi di molti paesi europei che, come la Germania, sono riconosciuti fallimentari persino dall'Ocse.


Lo stesso futuro europeo si gioca qui. Un'Europa che insistesse sulla canalizzazione precoce perderebbe terreno persino nella competitività e sarebbe destinata a ricollocarsi in basso nella divisione internazionale del lavoro. Anche alcuni settori avanzati di Confindustria lo stanno capendo, mentre forze politiche del centrosinistra si attardano in analisi vecchie. Il confronto con esse, talora, sarebbe sconfortante, se non ci fossero un movimento ed una consapevolezza diffusa sul valore del sapere per tutti, se non emergesse nei settori più avvertiti della società che la selezione di classe (o peggio razzista) nell'accesso all'istruzione è non solo inaccettabile sul piano etico-politico, ma è anche una dispersione di risorse ed un abbassamento di opportunità per tutti e tutte.

Quella "domanda di sinistra" che si affaccia in Europa con i movimenti - ma anche con i risultati elettorali della Spagna e della Francia - ci parla di un sentire diffuso che avverte l'insostenibilità della regressione civile e culturale alla quale il neoliberismo vorrebbe destinarci. E parla dell'insopportabilità dell'assenza di futuro a cui siamo ormai sottoposti.

Perciò nelle scuole è vitale continuare a resistere, nei mille modi che si stanno organizzando: è il sistema d'istruzione a "fabbricare" la coscienza critica del Paese. Resistere oggi non è un fatto puramente difensivo, perché mette in campo alternative ai processi in atto. Per dare respiro alla contestazione della riforma, è essenziale raccogliere i dibattiti in corso, la ricchezza d'idee prodotta dai momenti di socializzazione nei coordinamenti e nelle lotte. Per questo il coordinamento Fermiamo la Moratti, (del quale siamo parte integrante) lancia per metà maggio un forum di tre giorni sui temi centrali del sistema formativo, dalla scuola dell'infanzia all'Università.


Da Liberazione