Un dirigente scolastico che si dimostra autonomo!
Da quando è stata istituita la nuova figura del Dirigente Scolastico (settembre 2000), a seguito del Decreto 59/98 oggi confluito nell’articolo 25 del D.L.vo 165/2001, vi sono stati alcuni momenti in cui su di essa si sono riversati i conflitti di natura sindacale e politica che la scuola sta vivendo in questi ultimi anni con particolare intensità.
Ricordiamo che, appena insediato il Governo Berlusconi, nell’agosto del 2001, i neodirigenti vennero chiamati, con una Nota, peraltro non firmata, del Ministero, a nominare i supplenti annuali di loro competenza anche adottando criteri diversi da quelli previsti dalle leggi come la precedenza in graduatoria.. Si propose per la prima volta il dilemma: obbedire al Ministero, che strizzava l’occhio con complicità alla Dirigenza Scolastica proponendole un incremento di prerogative (chiamare direttamente i supplenti annuali a discrezione) o obbedire alle leggi? La naturale prudenza dei Dirigenti e la reazione sindacale fecero schierare i Dirigenti per la seconda soluzione: fu una prova di autonomia data allora dai Dirigenti Scolastici che tuttavia non fece scuola per il Ministero.
Infatti, un anno dopo, sempre di agosto, i Dirigenti delle scuole elementari furono interpellati tramite cellulare personale sulle spiagge o ai monti, direttamente da zelanti funzionari degli ex Provveditorati, oggi ribattezzati Centri dei Servizi Amministrativi (CSA), per conto del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca (MIUR), affinché aderissero ad una iniziativa di sperimentazione che anticipava alcuni aspetti della controriforma nella scuola elementare. Si ripropose il dilemma: aderire a quella specie di ordine di scuderia amministrativa, impegnando la scuola, oppure attendere, come prevedono le leggi, le delibere del Collegio Docenti e del Consiglio di Istituto? La stragrande maggioranza degli interpellati declinò l’invito, oppure, pur impegnandosi, lo fece con la subordinata che comunque a decidere dovessero essere necessariamente gli Organi Collegiali. Sappiamo come è andata a finire: solo 251 scuole alla fine hanno aderito e di queste una gran parte è fatta di scuole private la cui autonomia dall’apparato amministrativo è assai opinabile.
Oggi la vicenda si ripete su larga scala. I Dirigenti Scolastici vengono chiamati ad applicare il Decreto Legislativo 59/2004 e la conseguente Circolare Ministeriale 29/2004, attuativo della contestatissima Legge di controriforma 53/2003. In una situazione, in cui gli stessi documenti ministeriali sono ritenuti illegittimi sotto il profilo giuridico e contrattuale da parte dei Sindacati Confederali.
Da parte ministeriale ci si aspetta dai Dirigenti una pedissequa applicazione delle direttive, come solerti funzionari e Dirigenti centrali e periferici hanno lasciato capire in questi anni, esprimendosi sulla illiceità del comportamento di questo o quel Dirigente Scolastico che, magari, ha pubblicamente espresso critiche alla legge Moratti, ha consentito ai Collegi Docenti di esprimere il loro punto di vista senza contrastarli e senza spiegare la bontà dell’”innovazione” governativa , e ha consentito le “occupazioni” degli edifici ai genitori fuori orario del servizio (e quindi senza penalizzazione e disturbo delle lezioni).
Da parte sindacale si ricorda che il Decreto attuativo e la Circolare sulle iscrizioni degli alunni (N. 2 del 20024) sono illegittimi. Il primo per eccesso di delega (introduzione della figura del tutor non previsto dalla Legge 53), per mancanza di copertura finanziaria, per i nuovi Programmi (chiamati Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati) varati senza seguire le procedure previste dalla legge e senza un ampio dibattito e una sede formale di discussione (Commissioni di studiosi istituite con Decreto), come sempre è avvenuto in questi casi nel nostro Paese. La seconda perché emanata in applicazione di un Decreto non ancora formalmente approvato nemmeno dal Consiglio dei Ministri.
Inoltre il Sindacato Confederale ricorda che l’introduzione della figura del tutor è materia contrattuale e che lo stesso Contratto del 24.7.2003 del Comparto Scuola, sottoscritto formalmente dal Governo, tramite la sua Agenzia per la Rappresentanza negoziale (ARAN), all’articolo 43 prevede che le ricadute delle riforme in materia di rapporto di lavoro vanno preliminarmente pattuite attraverso un nuovo Contratto.
I Dirigenti Scolastici di CGIL CISL UIL Scuola, in un documento di orientamento rivolto ai colleghi (vedi http://www.cgilscuola.it/rubriche/Dirigenti%20scolastici/attuazionel53.htm ) hanno preso posizione su tutta l’intricata materia, sapendo che il Dirigente Scolastico non può non osservare le direttive impartite dal superiore gerarchico, ma al contempo che egli è funzionario tenuto al rispetto delle leggi.
E proprio qui sta il punto. Il Dirigente scolastico non è un passacarte, “uso obbedire tacendo”, e se il Decreto attuativo contiene norme in contrasto con altre norme, deve, con ogni prudenza, interpretare il proprio ruolo, esprimendo al meglio la propria professionalità di funzionario repubblicano rispettoso delle norme, e non di funzionario del Governo mero esecutore materiale e pedina di un gioco pensato altrove.
Allora, da qui le citate indicazioni fornite ai Dirigenti Scolastici dal Coordinamento nazionale dei Dirigenti Scolastici CGIL CISL UIL Scuola: per le materie controverse, si facciano i necessari passaggi negli Organi Collegiali e se ne rispetti le deliberazioni; si eviti di ignorare le volontà degli organi e dei singoli, magari imponendo scelte che pure possono essere formalmente coerenti con una sola disposizione di legge, però contraddetta da altre disposizioni di legge parimente valide sotto il profilo comparativo nella gerarchia delle fonti normative.
E’ il caso del tutor, ad esempio, che il Decreto prevede ma che il DPR 275/99 (Regolamento sull’autonomia scolastica) e il Contratto ascrivono alla competenza dei Collegi e alla competenza dei Contratti. E il fatto che il Decreto attuativo è norma più recente non vale ad annullare la validità del Regolamento sull’autonomia e le prerogative contrattuali: perché il Regolamento del 1999 ha ormai tutela costituzionale ( a seguito del novellato titolo V della Costituzione varato con Legge 3 del 2001) e quindi in materia di autonomia scolastica esso ha supremazia su ogni altra fonte giuridica; e perché il Contratto, come del resto riconosce la Circolare Ministeriale 29/2004 sulle nuove professionalità da istituire nella scuola dell’infanzia, ha preminenza sulla regolazione della funzione docente. E, anche qui, la stessa citata circolare specifica che il tutor non è figura nuova ma funzione della docenza.
La cosa peraltro si ripete sulla titolarità dell’offerta formativa. Secondo la Legge e il Decreto sono le famiglie a scegliere le attività facoltative opzionali, ma secondo la Costituzione e il Regolamento sull’autonomia titolari della offerta sono i Collegi (che deliberano il Piano dell’Offerta Formativa) e i Consigli di istituto (che adottano il POF).
In conclusione, la stagione che si è aperta con l’attuazione della controriforma interpella il Dirigente Scolastico verso una scelta che per noi deve essere dalla parte delle leggi della Repubblica, e per una interpretazione del proprio ruolo che tenga nel massimo conto la partecipazione professionale degli operatori, la volontà degli Organismi, la partecipazione democratica dei genitori e degli Enti del territorio.
Gli inviti interessati che vengono da taluni e che vorrebbero i Dirigenti come soggetti che impediscono ai Collegi di discutere e di prendere posizione sugli aspetti che li riguardano sotto il profilo delle competenze organizzative e didattiche, che impediscono ai Consigli di istituto di mettere all’ordine del giorno materie come il tempo pieno e l’organizzazione del servizio, che impediscono ai genitori di tramutarsi in assemblee permanenti e di affiggere striscioni di protesta alle ringhiere delle scuole, tali inviti mostrano che chi li fa ha una concezione del Dirigente come “funzionario-questurino”.
Ma se l’interesse della comunità scolastica nelle sue varie componenti è quella di discutere, di capire, di protestare, di organizzare, interesse e compito del dirigente Scolastico è mantenere fra le componenti un clima di ascolto e di collaborazione reciproca. Cosa che farà adulta e democratica quella scuola. In una parola ne farà una scuola dell’autonomia, termine quest’ultimo, che viene sempre evocato ed omaggiato, ma che al momento della difficoltà non viene vissuto come risorsa nobilitatrice di energie ma come fatto puramente teorico, buono solo per i Convegni. E il Dirigente Scolastico sa che gran parte della sua autonomia gestionale, organizzativa e amministrativa ha fondamento proprio nell’autonomia, come a dire nella stessa Costituzione repubblicana.
Roma, marzo 2004
Armando Catalano