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Perché parlare di donne?
rab - 30-03-2004



Caritas Italiana Fondazione E. Zancan
Cittadini invisibili
Rapporto 2002 su esclusione sociale





Ha senso parlare di disagio, povertà, esclusione sociale al femminile? La domanda potrebbe essere posta anche in un altro modo: il disagio, la povertà, l'esclusione sociale hanno una connotazione di genere? Vi sono cioè delle condizioni di disagio imputabili unicamente o prevalentemente al fatto di essere donne anziché uomini?
Queste sono domande che, nel contesto di questo volume, mi sembra possano costituire un'ipotesi di lavoro che vale la pena indagare. Oggi è abbastanza acquisita resistenza di una specifica "condizione femminile", su cui ormai abbonda la letteratura. Ma ciò non significa necessariamente che tale condizione, per la sua specificità, possa essere elemento favorente stati di deprivazione, quindi caratterizzati da una valenza diversa - quantitativamente e/o qualitativamente - dal disagio che colpisce il genere maschile.
Non può che trattarsi di un'ipotesi, per quanto oggi sempre più documentata, perché, ai grossi cambiamenti sociali che tutti in qualche modo percepiamo, allo sviluppo recente di studi sulla qualità della vita e sull'esclusione sociale in generale, non si accompagnano altrettanto ampie e specifiche ricerche empiriche, né elaborazioni delle scienze sociali focalizzate sull'analisi e comprensione complessiva delle peculiarità al femminile di questi processi.
Vi sono tuttavia numerosi segnali che fanno pensare che l'essere donna, per lo meno a certe condizioni, esponga maggiormente, rispetto agli uomini, a rischi di disagio anche grave. Ma si tratta ancora più che altro di segnali, pur consistenti, perché la maggior parte degli studiosi (o meglio, delle studiose) sottolinea innanzitutto la scarsa visibilità, ad esempio della povertà, al femminile.
Le stesse statistiche ufficiali (dai censimenti, alla Indagine Multiscopo e le altre indagini dell'Istat, alle diverse indagini campionarie dell'Europanel, fino alle varie "fonti secondarie" di statistiche) forniscono dati alquanto generali se non generici. Vi è ancora grossa carenza di ricerche longitudinali (importanti, perché, a detta delle esperte, sembra che le situazioni di povertà delle donne siano molto legate anche ai cicli di vita), anche se emergono alcuni indicatori utili. Vanno anche aprendosi interessanti spazi di riflessione (e relative critiche alle modalità di indagine classiche che usano approcci "neutri", anziché "di genere", nello studio dei fenomeni sociali come la povertà o l'esclusione) che scaturiscono da elaborazioni più attente dei dati disponibili, da confronti con ricerche internazionali, dal crescere di ricerche empiriche ad hoc anche di tipo qualitativo.


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