emanuela - 25-03-2004 |
Ricevo e giro, a proposito di ragionamenti a vasto raggio Caro Fassino, a vederti lì, spaurito ed indifeso come un pulcino sulla prima pagina dell'Unità di oggi, stava venendo voglia anche a me di inviarti la mia sentita e commossa solidarietà per quel che ti è capitato a Roma, al corteo del 20 marzo. Magari, alla fine di questa lettera, mi unirò anch'io al coro dei 'democratici che rifiutano la violenza'. Ma prima vorrei dirti alcune cose su quello che io, amico della nonviolenza, intendo per 'violenza' in modo tale che, forse, tu possa essere aiutato a capire come mai qualcuno ti consideri un 'violento' mentre tu continui a considerarti un 'pacifista' . Da solo, mi pare, non riesci a spiegartelo. D'altra parte anche Bush e molti americani, davanti all'11 settembre, si sono chiesti 'perché tanto odio ?'e lo stesso Berlusconi, Unto del Signore, non concepisce proprio i motivi di tali e tanti accanimenti nei suoi confronti. Quindi ci deve certo essere una difficoltà a capire le ragioni di tali 'fraintendimenti', soprattutto quando si diviene vittima di aggressioni. Provo quindi a darti qualche suggerimento, qualche indizio per evitare che simili nefandezze riaccadano ( e le probabilità sono, come tu ben sai viste le tue pregresse esperienze storiche, molto alte.). La violenza oggi si esercita attraverso la costruzione legale di dominii strutturali e culturali, che limitano il loro ricorso all'aggressione palese ed esplicita, ma controllano idee, atti e contesti mediante una quotidiana aggressione coperta ai nostri pensieri e alle nostre emozioni. I poteri che agiscono istituzionalmente e legalmente la violenza secondo queste modalità, e ne detengono il monopolio, possono essere attualmente così definiti: -le istituzioni economico/finanziarie (multinazionali, banche, borse.) -le istituzioni politiche (i ceti politici professionali, le organizzazioni burocratiche...) -le istituzioni informative e dello 'spettacolo' (i mass-media, i circuiti produttivi di 'cultura') -le istituzioni militari (gli eserciti, le forze di polizia, i servizi segreti, le alleanze internazionali.). Le possibilità attuale di incidere su questi poteri istituzionali e di limitarne la violenza è limitatissima. La guerra in Iraq ne è stata l'ennesima controprova: nonostante l'attivazione di milioni di persone nel mondo, e la loro uscita dalla passività in cui il modello suddetto le induce, le istituzioni della violenza hanno deciso altrimenti e la guerra si è fatta ed è ancora in corso. Il partito dei DS da te guidato, insieme ai partiti del centro destra e del centro sinistra, collaborano sostanzialmente e concretamente al mantenimento e allo sviluppo di questo sistema di violenza. Ci sono certo differenze (tra i partiti, tra i parlamentari, tra gli attivisti.), ma non sul modello di fondo: sviluppo economico, professionismo politico, controllo dell'informazione e sicurezza militare rappresentano anche per voi i pilastri dell'unica vita possibile oggi. I vostri programmi politici ed elettorali anche futuri ne sono intrisi, e non lasciano speranza sulla vostra disponibilità al cambiamento (e figuriamoci su quella delle forze 'di destra e di governo'). Questa percezione, che ti garantisco- è molto diffusa, può produrre rabbia o rassegnazione. La seconda porta alla passività e all'impotenza, la prima può indurre ad un'attivazione. Io direi, dal mio punto di vista, sempre meglio l'attivazione che la passività. Ma non so se tu saresti d'accordo. Da amico della nonviolenza, è chiaro, preferisco l'attivazione non aggressiva a quella aggressiva, ma non tutti sono così creativi ed ironici da riuscire ad evitare urla, spintoni e minacce. Né tu sei così stupido da evitare di utilizzare l'aggressione per poter apparire soltanto vittima dei facinorosi e non anche un sostenitore del sistema violento di cui sopra. E' un gioco vecchio, già visto, che fa male a tutti. Soprattutto alla vera politica e alla vera pace. Cosa potrebbero fare i movimenti per non ricadere in questo vecchio, lurido gioco ? In quattro parole, direi: -non entrare in simmetria, essere 'intelligenti' ed innovativi nel loro modo di agire -non essere dipendenti dai partiti, sia strutturalmente che culturalmente -fare informazione indipendente -proporre alternative credibili alla forza militare. Su questi piani essenziali siamo ancora molto agli inizi. Paradossalmente, potrei dire che il livello su cui siamo più avanti mi appare oggi il quarto. Seguono il primo ed il terzo; il secondo è quello in cui siamo più indietro. Ma i tempi, forse, sono maturi. Caro Fassino, lo so che non sarai d'accordo quasi su nulla. Non me ne stupisco, anzi. Spero però che abbia letto queste righe e che ti possano essere d'aiuto a capire come mai in tanti siamo così arrabbiati con te. Credo e spero che, nel tempo, valgano più di tante odierne pelose solidarietà. Pace e bene Enrico Euli (Rete Lilliput) Cagliari 22.3.04 |
Redazione - 27-03-2004 |
Oceano Pacifico: Manifestazione contro la guerra del 20 marzo Il deprecabile episodio di intolleranza di sabato non deve oscurare il valore e i contenuti di quel grande oceano pacifico che ha invaso Roma Dichiarazione del presidente nazionale Arci Tom Benetollo L' intolleranza, negli atteggiamenti e nelle azioni, è inaccettabile. Lo è anche quella delle parole (ovviamente cosa diversa dal dissenso). Ribadiamo la solidarietà con quanti hanno subito gravi intolleranze in occasione della manifestazione pacifista - noi che siamo coerentemente nonviolenti e siamo da sempre impegnati in movimenti pacifici. Ci amareggia che ci sia stato un episodio tanto incompatibile con l'impostazione ideale e progettuale della manifestazione, impostazione per la quale il Comitato organizzatore ha unitariamente e lealmente lavorato. Ci amareggia altresì che persone tornino da quella manifestazione con una brutta esperienza personale e politica addosso. E' doveroso che si dia la più chiara informazione su come si sono svolti i fatti. E' su quanto è effettivamente avvenuto che si devono basare riflessioni e giudizi. I media si sono concentrati essenzialmente su questa vicenda, e -a seguire- sulle polemiche tra i partiti. E' logico, visto il rilievo della vicenda, che questo avvenga. Eppure, i media non sono tutto. Ci sono -come dire?- anche i cittadini. Un milione di persone ha sfilato pacificamente e con grande determinazione, a Roma. Contro la guerra, le stragi terroristiche e la violenza. Le previsioni dei soliti falsi profeti parlavano di flop (lo hanno invocato in tanti), o al massimo di qualche migliaia di isolati partecipanti. Eravamo invece davvero un oceano pacifico, pieno di voci vive, circondati da grande consenso popolare. Ma, di nuovo, si cerca di gettare nebbia sul valore del movimento per la pace. Forse perché è una grande, aperta forza di cittadinanza. Questa forza è stata dichiarata spenta molte volte, e invece è progressivamente diventata un punto centrale della vita civile, culturale, politica del paese. Una forza libera, fiera della sua autonomia dalla Realpolitik. Chi è scomodo non riceve regali. Al movimento non importa. Non li ha mai chiesti. Anzi, è lui stesso che regala alla democrazia beni primari: la partecipazione, l'impegno, la solidarietà. E, se vincesse, pensate: un mondo libero dalle guerre. Un obiettivo enorme. Che richiede una gigantesca confluenza di energie, una profonda cultura unitaria, su contenuti chiari e forti. Su questa strada è necessario continuare. La spirale si allarga minacciosamente: l'Iraq è un orrore, il Medio Oriente è un'incessante esplosione - in questi momenti, perfino di più -mentre nei Balcani riemergono nuovi inquietanti pericoli. Mettiamo sopra ogni cosa l'unità, nella lotta contro la guerra. |
Renato Solmi - 27-03-2004 |
Io, Renato Solmi, della città di Torino, avrei voluto partecipare (ma non ho potuto) alla manifestazione del 20 marzo a Roma in primo luogo perché avrei voluto far conoscere la mia volontà di pace, e qualunque altro scopo (come far propaganda a qualche partito per il quale ho votato in passato) sarebbe stato per me assolutamente secondario. Ripudio gli atti di violenza e di intimidazione nei confronti di chi vuol esprimere un'opinione e riconosco a chiunque abbia intenzioni pacifiche il diritto a manifestare nel corteo della pace. |
Norma Bertullacelli - 28-03-2004 |
Complimenti a chi ha avuto quest'ottima idea! Ma il corteo del 20 marzo, certamente un corteo "per la pace" chiedeva esplicitamente il ritiro dall'Iraq delle truppe occupanti. Dov'è il riferimento a questa parola d'ordine? |
Enrico Peyretti - 28-03-2004 |
- Alla direzione generale dei ds - Al ministro degli interni - Al presidente della repubblica - e per conoscenza alla redazione di Fuoriregistro Io Enrico Peyretti della città di Torino ho partecipato alla manifestazione del 20 marzo a Roma in primo luogo perché volevo far conoscere la mia volontà di pace e la mia opposizione totale tanto alla guerra quanto al terrorismo, e viceversa. Portavo sul petto un cartello "GUERRA = TERRORISMO", che molti hanno fotografato e filmato. Qualunque altro scopo (come far propaganda a favore o contro qualche partito) era per me assolutamente assente. Il 20 marzo - ça va sans dire - non ho compiuto atti di violenza o di intimidazione nei confronti di alcuno e non ho visto nessuno compiere di tali atti, pur avendo percorso il corteo avanti e indietro, dal palco alla coda, dalle ore 13 alle 18,30 (quando ancora sfilava in piazza Venezia e doveva raggiungere il Circo Massimo). Riconosco che chiunque avesse intenzioni pacifiche, persino chi avesse fino a ieri sostenuto la guerra, aveva il pieno diritto di manifestare in quel corteo della pace, e da nessuno poteva essere scacciato. Partecipando, egli sottoscriveva le parole d'ordine proposte dai pacifisti statunitensi, che erano: ritiro dall'Iraq, no alla guerra come no al terrorismo. Chi ha compiuto atti di intimidazione, grazie a Dio senza alcun danno fisico per nessuno, non rappresentava assolutamente, né nel numero né nello spirito, la massa dei partecipanti. Chi ha compiuto tali atti ha offeso lo spirito della immensa manifestazione per la pace. Considerare tali atti come caratterizzanti la manifestazione, o enfatizzarne la portata, o accusare altri come mandanti, è stato un abuso, una falsità, ed una calunnia nei confronti del popolo della pace. Tale calunnia giova solo ai falsi pacifisti e allo spirito di guerra. Ne è responsabile chiunque abbia diffuso questa calunnia: informatori-deformatori, commentatori in mala fede, o chiunque altro. |