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In tanti per rompere l'assedio
Il Manifesto - 18-03-2004
No, non si deve rimuovere la guerra, se si vuole fronteggiare il nuovo terrorismo. Il movimento muove sui binari del social forum di Porto Alegre: contro la guerra e il terrorismo, abbiamo detto allora. E' una posizione salda. La prova provata è venuta dalla grandiosa giornata del 15 febbraio dell'anno scorso. Dopo le Twin Towers, un movimento senza un orizzonte che credibilmente includesse la lotta al terrorismo non avrebbe avuto spazio e consenso tali, da essere giudicato superpotenza - e non importa che questo termine, da pacifisti, non ci piaccia. Non dobbiamo cambiare il segno della manifestazione del 20 marzo. Dovremmo allargarne il significato, perché la barbarie che ha colpito i nostri concittadini spagnoli stravolge l'Europa. Quella del terrorismo è una linea d'orizzonte che, assieme a quella della guerra, ci sta circondando. E' uno strangolamento, certamente: contro la vita delle persone. Quella vita che per noi incorpora diritti, libertà, democrazia. La giornata internazionale del 20 marzo può rompere questa claustrofobia politica e culturale. Questo grande obiettivo si può realizzare soltanto con la partecipazione. Ascoltate bene i messaggi che vengono dai Palazzi. Di fronte al Terrorismo - Leviatano quello che occorre è un nuovo Sovrano - potere assoluto: quello che incardina attorno al bisogno primario, legittimo, di sicurezza. L'antico «scambio» che Hobbes vedeva quattro secoli fa si rende contemporaneo, con una immediata conseguenza: in nome della sicurezza, nessuno tocchi lo stato di cose esistenti. Tanto meno metta in discussione la guerra, in Iraq oggi - altrove domani. Il grande inganno muove la sua ruota, perché è dentro lo stato di cose presenti, figlie di scelte politiche, economiche, sociali, culturali che muove la Macchina Barocca della guerra e di ciò che chiamiamo Terrorismo.

Certo, dobbiamo definire sempre meglio cosa davvero sia il terrorismo. Ma questo non ci deve impedire di fare un salto di qualità contro di esso. Come non ci ferma il fatto che sulla guerra discutiamo e dibattiamo - ma intanto ci mobilitiamo. Perché sappiamo l'essenziale. E i morti di Spagna ci insegnano quali insanguinate connessioni ci siano tra guerra e terrorismo.

Restiamo ai nudi fatti. La guerra preventiva si indirizza a restringere democrazia e diritti. Il terrorismo è parte della stessa dialettica dell'orrore. Pasolini ci potrebbe descrivere il suo Universo Orrendo anche attraverso i contorti tracciati del terrorismo. La lotta nostra, contro tutto ciò, non è disperata. Ci sono forze enormi che vogliono il cambiamento. Sappiamole interpretare, per smuovere le montagne.

Il movimento ha già assunto nella sostanza la lotta al terrorismo. Non potrebbe essere diversamente, perché la lotta per la pace è nel contempo lotta per la civilizzazione. Ma non si chieda di mettere da parte la nostra coerente lotta per la pace. La nostra battaglia contro il terrorismo non è affatto la stessa di Bush. Così come la «nostra» pace non è quella di chi segue l'antico motto: fare deserto, chiamarlo pace.

Dico a quei compagni che temono che sulle ambiguità della lotta al terrorismo si costruiscano operazioni regressive e autoritarie: facciamo emergere queste ambiguità. E aggiungo: il modo migliore per farlo è agendo con una campagna permanente contro il terrorismo, che uccide le persone e colpisce la democrazia. Con questa lotta mettiamo in discussione lo stato di cose presenti, mettiamo i Governanti, tutta la Politica, di fronte alle loro responsabilità. Chi sa difendere stato di diritto e diritti; chi valorizza la partecipazione e la società inclusiva; chi opera per guidare l'economia e la società verso la pace e la giustizia si faccia avanti ora.

Se bisogna scegliere, non si può farlo in una notte in cui tutte le vacche appaiono dello stesso colore. E' giusto essere uniti contro il terrorismo. Ma l'unità si deve poggiare su valori chiari: quelli della Costituzione. Il movimento per la pace ha scelto l'art. 11 della Costituzione. Quello antirazzista e solidarista si batte per l'art. 3. E si potrebbe continuare, con gli ancoraggi costituzionali dei sindacati e di tanti altri soggetti sociali e di cittadinanza. E' là che si costruisce l'unità possibile.

Dopo gli orrori di Spagna, il 20 marzo è una sfida cruciale. Sarà una manifestazione a tutto campo, anche per sentirsi fianco a fianco a vincere la nostra individuale e collettiva paura che c'è, ma non vincerà. Nessuna rassegnazione. Il coraggio della partecipazione può spezzare l'assedio.


TOM BENETOLLO
Presidente nazionale Arci
sul Manifesto


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 Tavolo contro la Guerra di Bologna    - 18-03-2004
Il Tavolo contro la Guerra di Bologna esprime la sua preoccupazione per la decisione della Rai che ieri non ha concesso l'autorizzazione per la proiezione del video "Morire di Pace" della giornalista di Report Sabrina Giannini nell'ambito delliniziativa organizzata presso l'aula di istologia di via Belmeloro 8: "Senza se e senza ma: le ragioni del NO alla guerra dal bombardamento sulle industrie chimiche all'uranio impoverito".

Una decisione che si colloca oggettivamente in un clima politico già teso dopo gli attentati di Madrid e dal successivo dispiegarsi di una campagna mediatica di disinformazione sull'appuntamento del 20 Marzo, col tentativo di sminuirne il senso e l'importanza attraverso altre manifestazioni. Un appuntamento che, invece, rilanciamo con la forza delle argomentazioni e degli appelli che lo stanno preparando in tutto il mondo, e che dimostrano la coerenza di un movimento per la pace che da più di un anno ha saputo scegliere parole chiare tanto sulla guerra quanto sul terrorismo.

Anche per questo torniamo a chiedere che la Rai, servizio pubblico, tenga fede ad un impegno di pluralismo e di corretta informazione nell'ambito del quale predisporre la diretta della manifestazione del 20 Marzo.