Maria Grazia Fiore - 09-03-2004 |
Egregio collega, torno ora da una lunga ed ininterrotta giornata di lavoro, stanca e demoralizzata circa il mio futuro lavorativo a tal punto da pensare di cambiare mestiere. Tanto se non ci penso io provvederà qualcun altro a farlo per me, sia che mi ritrovi un giorno a fare il tutor sia che venga relegata al doposcuola o all'assistenza mensa. Non riesco sinceramente a condividere il suo apprezzamento circa i principi a cui si ispira la riforma in questione e men che meno il loro carattere di modernità, ma non ho voglia in questo momento di affrontare la solita contrapposizione di cifre, contenuti, modelli, principi ispiratori e quant'altro. Magari in un altro momento e con un altro spirito. Ciò che mi spinge ad un commento alle sue righe, curando che la rabbia non prenda il sopravvento, è il suo accenno al dialogo: ma di che cosa stiamo parlando? "Configurandosi come una discussione strutturata su domande e risposte tra persone associate dal comune interesse alla ricerca, il dialogo viene celebrato da Socrate come modello di critica dell'"opinione", e ulteriormente definito da Platone come via dialettica che porta a conseguire l'intuizione della verità". Mi perdonerà la citazione della voce del dizionario filosofico, ma è ciò che per prima cosa mi viene in mente quando penso al dialogo ed ai soggetti che gli danno vita. Io non riesco a vedere quel comune interesse per la ricerca in quel retorico richiamo al dialogo che in maniera irridente continua ad essere reiterato dal Miur e dai suoi massimi rappresentanti. Non vedo la possibilità di dialogo con chi disconosce la mia professionalità depauperando alle radici i contenuti culturali e metodologici del mio insegnamento e mi considera buona solo per insegnare a leggere, scrivere e fare di conto. Non mi sta bene il declassamento dell'alfabetizzazione culturale ad alfabetizzazione strumentale e solo l'idea di "utilizzare testi di mitologia e di epica e qualche semplice fonte documentaria a titolo paradigmatico", "leggere brevi testi peculiari della tradizione culturale della civiltà greca, romana e cristiana con attenzione al modo di rappresentare il rapporto io e gli altri, la funzione della preghiera, il rapporto con la natura" (giusto per citare qualche chicca delle Indicazioni), offende una professionalità costruita su ipotesi di "grandi maglie", sui "quadri" territoriali/di vita e sul concetto di fonte costruito ed approfondito a partire dalla seconda elementare. Mi scusi, ma non capisco quale dialogo ci possa essere con chi non mi considera, evidentemente, un interlocutore adeguato. Maria Grazia Fiore |
franco castronovo - 14-03-2004 |
brava Maria Grazia ma Mereghetti è fatto così gli piace dire le cose più incredibili nel contesto sbagliato forse vuole evangelizzarci ma in tutti i villaggi ce n'è uno |
Luciano Bertazzoni - 14-03-2004 |
Ha fatto bene signor Mereghetti a citare valori come il dialogo, le idee costruttive e il confronto: proprio tutto ciò di cui la Moratti e il suo governo non hanno mai fatto uso per fare passare a tutti i costi una riforma che non è condivisa dalla maggioranza degli insegnanti e da moltissime famiglie. Una riforma che viene presentata in TV come epocale attraverso un monologo della Moratti e di Berlusconi. Una sola cosa fra le tante che non vanno: il tutor. A noi insegnanti di scuola elementare questa figura fa orrore perché ci fa tornare indietro di anni e introduce nel corpo docente una gerarchizzazione che produrrà effetti devastanti. Ci è mai stato chiesto un parere o un confronto su questa funzione gerarchico-burocratica? |