L’articolo che propongo è “vecchio” ma … attualissimo!
G.P.
di
Marcello Vigli
FONTE:
Scuolanews n.7 del 15 novembre 1999
Ormai cominciano ad esser molti quelli che si sono accorti che la parità scolastica non è solo questione di soldi - anche se lo è - da risolvere con un’elargizione
una tantum.
Lo riconosce Eugenio Scalfari su Repubblica, lo adombra Maria Grazia Pagano su questo numero della Rivista e sul sito dei Democratici di Sinistra al Senato e, in un’ottica diversa, Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Lo evidenzia Gian Enrico Rusconi sulla Stampa polemizzando con Liberal.
L’obiettivo dei fautori della scuola privata è lo smantellamento di quella pubblica accusata di statalismo, mascherato da abbattimento del "monopolio di stato" da "liberalizzazione". In verità la si "intende abbattere perché - nonostante la sua arretratezza e i suoi affanni - la scuola pubblica è ancora scuola di democrazia e di pluralismo. È innegabile che negli ultimi cinquant’anni ha contribuito, insieme alle sezioni del Pci e del Sindacato, a radicare il senso della cittadinanza nella coscienza degli italiani.
Autodissolte queste sedi e normalizzata pienamente l’informazione, resta da abbattere la scuola pubblica per eliminare l’unica agenzia di formazione critica capace di contendere il campo alle due agenzie omologanti: la istituzione ecclesiastica cattolica e il sistema dei media.
Proviamo ad immaginare il panorama della formazione in Italia se prevarrà la liberalizzazione andandosi, per di più, ad intrecciare con il processo di frantumazione e aziendalizzazione del sistema nazionale di scuola pubblica, avviato dal ministro Berlinguer e dal suo staff.
Questo sarà ridotto, all’insegna
dell’autonomia del fai da te, ad una pletora di aziende scolastiche a gestione pubblica. Alcune diventeranno eccellenti sedi di socializzazione - buoni Club Mediterranée - là dove sarà possibile reperire risorse sul territorio purché alle sue istanze economiche e ai suoi indirizzi culturali ispirino i loro Piani di offerta formativa. I Pof, traduzione in aziendalese dei confessionali Pei (Progetti educativi di Istituto)!
Molte altre saranno condannate a vivacchiare con le scarse risorse pubbliche nei piccoli centri e nelle periferie urbane, dove i privati non avranno interesse a occupare la piazza, impossibilitate a rendersi realmente autonome dall’ingerenza ministeriale rappresentata dai Dirigenti scolastici.
Alle une e alle altre si affiancheranno le scuole confessionali cattoliche che sempre più, invece, si vanno configurando come sistema unitario perdendo la ricchezza della varietà delle loro ispirazioni originarie. Anche di questo progressivo accentramento si comincia ad avere consapevolezza dopo l’assemblea dei loro rappresentanti a Roma alla fine di ottobre.
Nel quadro della attuazione del Piano culturale voluto d al cardinale Ruini si stanno riscoprendo il modello e la funzione della "scuola cattolica" quali si sono è venute disegnando con l’enciclica Divini illius magistri di Pio XI del 1929. Con essa, nel rintuzzare l’offensiva fascista nel campo dell’educazione dei giovani, il papa diede fondamento teologico all’azione educativa che dalla Controriforma all’Ottocento vari ordini religiosi - dai gesuiti alle orsoline, dai pallottini alle salesiane - avevano avviato riaffermando la loro funzione nella missione evangelizzatrice della Chiesa.
La Chiesa nei paesi cattolici si fa carico di sostenere le famiglie nell’opera di educazione cristiana dei figli, a cui i genitori cattolici sono tenuti, nei paesi di missione usa la presenza nel campo dell’istruzione per diffondere il vangelo.
In entrambi i casi la finalità non è costituita dalla formazione critica delle nuove generazioni. L’istruzione è finalizzata, in modo più o meno diretto, all’educazione alla fede o all’evangelizzazione.
Da allora i papi sono sistematicamente intervenuti in diverse circostanze a ribadire questi principi che non sono stati sostanzialmente rinnegati, ma solo aggiornati, nella Dichiarazione conciliare
Gravissimum educationis del 1965. L’educazione resta compito primario delle famiglie e solo in secondo luogo e in via sussidiaria subentra la società nel suo complesso. La scuola è quindi sussidiaria all’azione della famiglia ed è stata promossa da questa e dalla Chiesa. Lo Stato è arrivato dopo ed è pertanto tenuto a restare in subordine anche perché la scuola neutra e laica che pretende di organizzare è da condannare.
Da allora i documenti della gerarchia sull’argomento si sono moltiplicati anche per l’attivismo della Congregazione per l’Educazione cattolica della S. Sede, che nel 1977 ha emanato un documento su La scuola cattolica, e della Conferenza episcopale italiana con la sua Commissione per le scuole, recentemente potenziata. Il suoi documenti del 1983 La scuola cattolica oggi, in Italia e del 1995 Per la Scuola una lettera agli studenti, ai genitori, a tutte le comunità educanti rappresentano la linea strategica di intervento della gerarchia nelle questioni scolastiche italiane e non più solo le direttive per le scuole cattoliche.
Lo ha sinteticamente documentato Saverio Santamaita nel saggio "Il magistero della Chiesa" in G. Bonetta e G. Cives (a cura di) Laicità ieri e domani, la questione educativa , Argo, Lecce 1996.
Tale complessa strategia, con sempre maggiore evidenza emerge negli interventi del papa e del cardinale Camillo Ruini che nella recente Assemblea delle scuole cattoliche ha inoltre autorevolmente celebrato il matrimonio tra difesa della scuola confessionale e sostegno alla scuola libera promosso, a loro volta, da pensatori raccolti intorno alla rivista "Liberal" (diretta dall’On. Ferdinando Adornato … attuale presidente della VII Commissione Cultura della Camera –
nota di gp ).
Si definiscono liberali ma sono dimentichi che l’intervento diretto dello Stato nella scuola, reso poi totalitario dal fascismo, era già stato introdotto dalla borghesia liberale del Risorgimento per strappare il monopolio dell’istruzione alle congregazioni religiose cattoliche.
Misconoscono inoltre che proprio la strategia delle forze integraliste, in sintonia con le resistenze burocratiche e corporative, hanno reso faticoso il processo di realizzazione del modello pluralistico, fondato sulla libertà di insegnamento, emergente dal testo costituzionale avviato nella scuola italiana dall’avvento della Repubblica.
Per di più trasferire dallo Stato ai privati la titolarità sociale dell’offerta formativa, riducendo la scuola a fornitura di competenze da spendere sul mercato del lavoro, nulla ha a che fare con il trionfo della libertà.
Questa riduzione della scuola a servizio alle famiglie e agli utenti non ha neppure la dignità della proposta confessionale che almeno intende mantenere alla scuola una funzione formativa, seppure di parte.
Una scuola fondata sul primato dell’economia e sulla concezione produttivistica che riduce la società a mercato, il lavoro a merce e le relazioni interpersonali a competizione, non può certo essere una scuola formativa alla libertà e alla democrazia.
Questo terzo tipo di scuola, ispirata alla concezione mercantile della formazione, andrà ad aggiungersi agli altri due nel panorama scolastico italiano producendo effetti devastanti. Inquinerà anche il modello confessionale come sta già condizionando la svolta berlingueriana sempre più avviata - come molti avevano previsto fin da quando si profilava all’ombra del craxismo rampante -
all’aziendalizzazione delle singole scuole invece che all’autonomia del sistema scolastico nazionale.
A "pensar male" si potrebbe ipotizzare che Ruini e Berlinguer non siano altro che la quinta colonna del disegno confindustriale promosso dall’accoppiata Berlusconi Romiti di ridurre la scuola, privata e pubblica, ad appendice del sistema produttivo!