Argentina
Cristina Lezama - 05-02-2004
Gli indigeni nella scuola argentina : un po’ di storia


I popoli indigeni in Argentina sono più numerosi di quello che si pensi, non sono 3 o 4 etnie, ma una ventina.
Gli indigeni furono sfruttati ed oppressi fino alla violenza ed allo sterminio dall’epoca della conquista e colonizzazione spagnola in America del Sud.
Le poche voci contrarie emerse in ambito politico furono isolate e messe in silenzio , come furono anche annientate le rivolte dei sottomessi.
Basta citare il chierico argentino Maziel (1727-1788) , noto per il suo intervento nei fatti preliminari alla Rivoluzione per l’Indipendenza delle provincie del Rio de la Plata.
Meno conosciuto invece per le sue innovatrici idee di libertà e di educazione che gli procurarono la persecuzione e l’ulteriore confine in Uruguay.
Fu accusato di corrompere i giovani inculcando loro idee contrarie al colonialismo precapitalista spagnolo e alla situazione sociale di vassallaggio in cui si trovavano i popoli autoctoni.
Difensore tenace della causa indigena in nome dei “Diritti dell’uomo” lo troviamo partecipe in parecchie rivolte dei nativi.

E non solo, mentre a Salamanca gli intellettuali si pronunciavano contro i nuovi metodi di ricerca basati sull’osservazione e sperimentazione, Maziel propose al Vicere’ la creazione dell’Universita’ di Buenos Aires, in cui i professori non fossero costretti a seguire un metodo prestabilito, specialmente nella fisica si sarebbero potuti distaccare dalla teoria aristotelica, potendo insegnare i principi di Gassendi, Newton e Cartesio e spiegare i fenomeni naturali solo alla luce della sperimentazione.
Bisogna tener presente che in epoca coloniale l’istruzione era gestita dai Gesuiti. C’erano due tipi di scuola: una per gli spagnoli e i creoli ed un’altra per gli indigeni.
Infatti l'istruzione era riservata solo alle classi agiate spagnole e gestita dal clero, mentre agli indigeni, ridotti nelle riserve, non si insegnava la lingua castigliana ne’ le scienze, ma diversi mestieri utili per servire gli spagnoli.


La scuola coloniale rispecchiava la mentalità prevalente: razzista, dogmatica, aristocratica e cattolica.
Questo fatto non favorì assolutamente la comunicazione e l’interrelazione positiva delle diverse culture presenti nel Vicereame e rallentò lo sviluppo e il progresso della regione.
Agli inizi del XIX secolo gli indigeni furono alleati dei creoli per difendere il territorio contro le invasioni degli inglesi e nelle guerre dell’indipendenza. Sopratutto i Mapuches della Patagonia, che presentavano una forte struttura guerriera.
Eppure verso 1850 i Mapuches vennero perseguitati e quasi sterminati durante la crudele Conquista del Deserto, cioe’ quell’impresa militare condotta per togliere loro le terre.
Isabel Hernandez, antropologa e ricercatrice argentina , interessata ai problemi degli indigeni, in una intervista sul giornale Clarín, di Buenos Aires, ritiene che questa strage in epoca reppublicana fu ancora più crudele di quella eseguita anteriormente in epoca coloniale.

I 120 mila indigeni superstiti (compresi donne e bambini) furono costretti a spostarsi a piedi dalle Ande all’Atlantico, percorrendo più di 1200 km. Arrivarono vivi a Carmen de Patagones circa 5 mila persone che furono poi trasportati a Buenos Aires, dove, riferisce la cronaca dell’epoca, furono esposti incatenati lungo la Avenida de Mayo.
Gli immigrati spagnoli e italiani (che più tardi sarebbero tornati in Europa) che si erano affollati per vedere la terribile sfilata, commossi corsero ad abbracciarli.


A partire della seconda metà dell XIX secolo, in nome della creazione della nuova nazione argentina, indipendente, democratica e liberale, la scuola assecondò questi principi diventando il luogo propizio per costruire l’identità nazionale attaverso l’omogeneizzazione della diversità culturale, non solo annientando le culture autoctone, imponendo un modello pseudo-europeo-occidentale, ma specialmente omologando quelle culture degli immigrati chiamati a popolare le cittá e lavorare la terra.
Le voci rivendicatrici degli indigeni si sentono oggi con più forza, ma non ancora troppo. Qualche rivendicazione si e’ ottenuta sulla carta, anche in materia educativa.
Infatti, la Ley Federal de Educación (1993) riconosce il diritto degli aborigeni di coservare la propria cultura e all’insegnamento/apprendimento delle proprie lingue.
Eppure la societa’ continua ad essere in gran parte etnocentrica e discriminatoria come in passato.
In una ricerca che ho svolto nel 2002 insieme ad altri colleghi sulle classi multiculturali nelle scuole di Buenos Aires, è venuto alla luce che le scuole non includono nei loro progetti la problematica della multiculturalità: tenere in conto la diversità culturale degli alunni è invece decisione individuale degli insegnanti che spesso dimostrano pregiudizi e discriminazione nei riguardi dei loro alunni.

Poco e’ cambiato dal tempo della conquista spagnola. Gli abitanti della Patagonia che cercano di tutelare l’ambiente naturale che sta per diventare una discarica per rifiuti tossici e di impedire che le acque siano avvelenate col cianuro utilizzato nelle miniere d’oro, subiscono oggi le intimidazioni delle agenzie multinazionali come prima le subirono dai propritari terrieri in epoca coloniale.


Buenos Aires, Gennaio 2004
Le foto, originali, sono di Dina Lezama


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