L'intesa raggiunta dal Biancofiore con la Moratti. Sul ricorso alla delega resta però la spaccatura interna
A scuola prima, ma non troppo
Verso un accordo sul possibile ingresso a cinque anni e dieci mesi
di Enrico Lenzi
A scuola in anticipo, ma non troppo. L'ultima cifra su cui sembrano convergere tutti gli alleati del centrodestra parla di 5 anni e 10 mesi. Vale a dire la possibilità di iscriversi alla prima elementare sarà estesa anche a chi compirà i sei ani entro la fine di febbraio dell'anno scolastico di riferimento. Intesa nella maggioranza di centrodestra, ma contro l'ipotesi si schiera la Cisl-scuola che annuncia una campagna di mobilitazione di docenti e genitori.
La maggioranza. L'accordo raggiunto e annunciato ieri dal capogruppo Ccd-Cdu della Camera Luca Volontè e del responsabile scuola del Biancofiore Beniamino Brocca, fa tornare il sereno all'interno del centrodestra, dopo l'inaspettato stop alla riforma durante la riunione del consiglio dei ministri di giovedì scorso. «Ora ci attendiamo che il nostro emendamento venga recepito nella prossimo riunione del governo» auspica Volontè, che annuncia anche la scansione biennale all'interno della scuola dell'obbligo «riguarderà solo la valutazione e non l'organizzazione», soprattutto per quanto riguarda il raccordo tra quinta elementare e prima media.
Ma per un accordo raggiunto, un altro continua a dividere il centrodestra. Riguarda la possibilità di ricorrere ad una delega per procedere alla riforma. «Un errore» commenta il Biancofiore, mentre per il responsabile scuola di An, Giuseppe Valditara non ci sarebbe «alcuna difficoltà» a ricorrervi, purché «contenga tutti i principi che fanno riferimento all'accordo politico raggiunto all'interno della maggioranza». Possibilista anche il capogruppo della Lega alla Camera, Alessandro Cè. «Sono d'accordo con Volontè quando dice che il Parlamento deve avere più spazio - spiega - ma ci sono settori così complessi come la scuola o la sanità, nei quali il governo è l'unico soggetto in grado di conoscerne a fondo i dettagli». Strada percorribile purché non sia «una delega blindata. La maggioranza deve avere tutto lo spazio per intervenire».
Da parte sua Forza Italia in un seminario con tutti i parlamentari precisa i suoi punti irrinunciabili: innalzare la qualità complessiva del sistema di istruzione e della formazione professionale; pari dignità educativa e culturale del sistema dell'istruzione; diritto delle famiglie di vedere ampliata la flessibilità dell'offerta; avvio alto e qualificato dell'ipotesi di alternanza scuola e lavoro; rinnovata formazione degli insegnanti per liberare il percorso formativo da automatismi e rigidità.
L'opposizione. Centrosinistra all'attacco. «Nella maggioranza la confusione aumenta e mostra il malessere che serpeggia dentro di lei» sostiene Giovanni Manzini, responsabile scuola della Margherita. «I problemi relativi all'anticipo della scolarizzazione, all'introduzione precoce del doppio canale, alla mancata soluzione del rapporto con le Regioni e gli Enti locali, e, soprattutto, la mancanza di copertura finanziaria - rileva Manzini - restano come macigni sulla strada della riforma». Netta la bocciatura all'ipotesi di una legge delega: «Sarebbe non solo un gravissimo affronto al Parlamento ma anche a tutta la scuola. Questa non è la strada del dialogo ma quella dell'arroganza dei numeri».
Ingresso alle elementari. Se sul piano politico, almeno nella maggioranza, sembra esserci un'intesa, nel mondo della scuola l'ingresso anticipato alle elementari continua a creare polemica. A scendere in campo contro l'anticipo è la Cisl-scuola, il cui segretario nazionale Daniela Colturani annuncia una vera e propria mobilitazione «contro un progetto che si configura come un vero e proprio attacco all'infanzia, ai suoi diritti, ai suoi tempi, al suo spazio. Non vogliamo che la scuola dell'infanzia venga risospinta nell'area dei servizi socio-assistenziali dalla quale si era affrancata grazie all'impegno professionale dei suoi insegnanti».
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Da
Repubblica, 19 gennaio
"A scuola sei mesi prima un danno per i bambini"
"Si rischia di far diventare la materna un parcheggio, senza vantaggi per i piccoli"
Susanna Mantovani è docente di Psicopedagogia all'università MilanoBicocca e preside della facoltà di Scienza della Formazione. A lei chiediamo un commento sull'ingresso anticipato alla scuola materna.
Quale valutazione dà della proposta contenuta nella riforma Moratti?
«Non ho pregiudizi se i bambini vanno a scuola dopo i due anni. Il problema però esiste. Al nido la legge prevede un rapporto tra bambini ed educatrice di uno a otto, massimo uno a dieci. Alla materna la media delle classi è di venticinque. Mi sembra un imbroglio. Andrebbe bene se ci fosse il tempo di preparare gli insegnanti e se si mantenesse lo stesso rapporto del nido. I piccoli stanno bene assieme ai loro coetanei, ma non così come viene proposto».
Quali danni può provocare una scelta del genere?
«L'educazione di qualità non si fa in questa maniera, così la materna diventa una sorta di custodia dei bambini e non porta alcun vantaggio. Tutta la ricerca internazionale punta sul rapporto numerico bambinoadulto, uno dei criteri cruciali della qualità, e cambia in relazione dell'età del piccolo. Uno di due anni e mezzo ha bisogno di un ambiente più protetto e raccolto, creato per pochi bambini e serve molta attenzione da parte delle educatrici. In Italia esistono casi di sperimentazione di anticipo nell'ingresso alla materna, con le sezioni di raccordo, ma sono realizzate con precisi criteri di qualità, altrimenti non funzionano».
Cosa ne pensa delle bocciature alle elementari?
«Sono favorevole alle verifiche fatte bene, ma non alle bocciature in seconda elementare. Anticipo o rallentamento in educazione sono concetti stupidi. Come non capisco la verifica fatta prima dell'inizio delle elementari: in Brasile, dove si adotta questo metodo, i figli delle famiglie povere non cominciano mai la scuola. Non capisco neanche i genitori che hanno la frenesia di mandare i figli a scuola un anno prima, nella maggior parte dei casi i ragazzi pagheranno pedaggio quando si troveranno, adolescenti, a contatto con ragazzi più maturi di loro. In Svezia, Danimarca e Finlandia la scuola formalizzata inizia a 7 anni e il livello educativo risulta uno dei più alti del mondo. Terminare le scuole superiori a 19 anziché a 18 non mi sembra terribile».
(ma.re.)
Patrizia Cau - 20-01-2002
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Sono fermamente contraria a questa proposta.
A chi giova?
Non sicuramente ai bambini , che tra i cinque e sei anni accquisiscono autonomie e competenze che faciliteranno il suo ingresso nella scuola elementare.
Mi stupisco che in epoca dove tutto va di corsa e l'integrità della persona si sta perdendo,coloro che dovrebbereo preoccuparsi di far rispettare le tappe evolutive dei bambini(e qui mi riferisco a psicologi,pedagogisti ecc.)non facciano sentire in modo fermo e determinato la propria competenza.
La scuola dell'infanzia italiana è il fiore all'occhiello e negli ultimi anni è diventata punto di riferimento per lo sviluppo integrale dlla persona.
Mi auguro che il buon senso abbia ragione .
In caso contrario ci mobiliteremo per difendere i bambini . |
Sonia Serra - 20-01-2002
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Non è forse vero che la scuola steineriana, che, a quanto mi par di ricordare, è, o è stata frequentata dai figli del cav. Berlusconi del cui governo la sig.ra Moratti è ministro, inizia il ciclo al settimo anno di età?
Per caso, i figli del Cavaliere sono diversi da quelli dei comuni mortali?
Evidentemente sì. |
riccardo gasperoni - 20-01-2002
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Non è una riforma, ma un pasticcio. Si cerca di salvare capra e cavoli sulle spalle e sulla pelle di docenti ed allievi. Ricordo inoltre che la prima spallata alla perdita di dignità della scuola (e questo lodico per i docenti irriducibili, quelli che dicono che la scuola fa schifo), l'ha data il governo Berlusconi nel 94 con l'abolizione degli esami di riparazione.
L'unico che aveva le idee chiare era Berlinguer, ma è stato boicottato anche dalla sinistra e dai docenti.
Il nuovo fa paura, la riforma era stata fatta in fretta senza dare il tempo al corpo docenti di "digerirla" adeguatamente. Buona l'osservazione che ho letto "la riforma non la possono fare i docenti, nè tanto meno gli allievi o i genitori" occorre una visione globale.
La visione globale la deve avere il "politico" che si circonderà di tecnici per la parte esecutiva. |