Vai avanti te....
Pino Patroncini - 16-01-2004
…che a me mi vien da ridere. Se non ci fosse da piangere di fronte ad un governo che, non contento delle sonore smentite avute da Corte Costituzionale (Lodo Schifani) e Presidente della Repubblica (Legge Gasparri), persevera nel sostituire ad una corretta prassi amministrativa l’arbitrio personale di questo o quel ministro, questo titolo sarebbe tagliato su misura per sintetizzare la circolare con cui il Ministro Moratti ha diramato le disposizioni per le iscrizioni.
Non mi soffermerò qui sulle note vicende della scuola primaria, del tempo pieno e di tutti i tempi possibili e immaginabili, su cui ormai il Ministro sa, letteralmente, solo dare i numeri. Non perché la cosa non sia importante, ma perché ormai è nota ed è oggetto di mobilitazione di idee e di persone. E sabato con la manifestazione nazionale di Roma, verrà data, mi auguro, una risposta adeguata.

Non solo tempo pieno

Intendo parlare della parte, meno nota, riguardante l’iscrizione per le scuole secondarie superiori, dove per altro il decreto attuativo è ancora di là da venire. Nondimeno anche qui lo spirito di anticipo della controriforma la fa da padrone.
Per la prima volta, oltre che le iscrizioni alle secondarie statali, si disciplinano le iscrizioni alla formazione professionale. Il paragrafo della circolare si intitola infatti “Scuola secondaria di secondo grado, corsi di formazione professionale”.
Già questo qualche problema potrebbe porlo: la formazione professionale non è autonoma e regionale?
E non è l’unica cosa. Il testo si premura di ricordare che per chi non vuole andare a scuola e nemmeno alla formazione professionale c’è anche l’apprendistato, a quindici anni.
Il che dà a una circolare che dovrebbe servire alle procedure di iscrizione il senso non di un atto procedurale, appunto, ma di un documento sul cosiddetto obbligo formativo. Ma tant’è: ormai alla confusione tra descrizione e propaganda dovremmo esserci abituati. Ormai non si capisce più se le cose si fanno perché servono o si fa finta di farle per tanto per propagandarle. Però è la prima volta che un ministro dell’istruzione fa una circolare sulle iscrizioni in cui dice come e quando si può anche non andare a scuola.

Rimedi improvvisati per scelte improvvide.

Comunque, alla fin della fiera, ciò di cui si parla non è tutta la formazione professionale, ma quei corsi messi in piedi con l’intesa fra Stato e Regioni, per tappare il buco lasciato dall’improvvida abolizione della legge 9 che stabiliva l’obbligo scolastico a 15 anni. Orbene dopo uno sproloquio dove ci si sforza di dimostrare che l’abbassamento dell’obbligo scolastico ne rappresenta in realtà un allargamento, tanto per evitare che in realtà l’allargamento sia così largo da trasformarsi in un deserto, si segnala l’esistenza di questi corsi dei quali si dice testualmente: “I titoli e le qualifiche rilasciati dalle Regioni al termine del triennio saranno utilmente spendibili su tutto il territorio nazionale in quanto rispondenti agli standard formativi in corso di definizione”.
Ora anche un bambino si accorge che la logica di questa frase non sta in piedi: se gli standard formativi sono in corso di definizione, non si può dare per scontato che tutti corsi regionali vi rispondano. A meno che, nel caso ciò dovesse accadere, non si pensi di abbassare gli standard. Il che lascerebbe le sorti dell’educazione italiana in mano all’ultima delle regioni.
Così stando le cose si darebbe ragione a quanti dicono che si sta abbassando il profilo della scuola italiana. Se, al contrario, quell’”in quanto” volesse dire “se”, il senso della frase sarebbe: “Cari genitori, iscrivete pure i vostri figli nella formazione professionale, quanto al valore del titolo staremo a vedere.”
Insomma con frasi del genere Umberto Eco ci potrebbe fare un’altra passeggiata nei boschi narrativi.

Il fascino discreto di Internet

E non è l’unica. A coloro che si iscrivono alle scuole secondarie superiori o ai loro genitori è dato un privilegio, che gli altri gradi di scuola non hanno: quello di potersi iscrivere via internet. La cosa deve essere della massima importanza visto il rilievo che a ciò hanno dato l’Ansa e, sulla sua scorta, gli organi di stampa. D’altra parte Internet “fa fino”, come l’inglese.
Ma è poi vero che c’è questa possibilità? Leggiamo attentamente il testo.
Prima vi si dice che gli alunni di terza media presenteranno le domande “indirizzate al Dirigente scolastico dell’istituto secondario di secondo grado prescelto, al Dirigente scolastico della scuola secondaria di primo grado frequentata, il quale (…) provvederà a trasmetterle alle scuole di destinazione.” Tra l’altro questo compito del dirigente della scuola media viene caricato di una discutibile responsabilità nel controllo sulla prosecuzione degli studi. Quindi la procedura è importante.
Poi si dice:”Si conferma che la domanda di iscrizione deve essere presentata ad un solo istituto di istruzione secondaria, anche via Internet, secondo le medesime procedure già sperimentate nell’anno decorso.”
Cosa vuole dire una simile sequenza logica: che i genitori possono inviare via Internet le domande direttamente alle scuole superiori? I naviganti dunque potrebbero sfuggire al controllo dei dirigenti della scuola media? Vuol dire che possono inviarle via Internet alla scuola media perché lo invii alla superiore? Ma allora perché non consentirlo anche a chi iscrive i figli alle medie? Oppure è la scuola media che invia la domanda alla scuola superiore via Internet?
La cosa valeva già dallo scorso anno. Ho chiesto a un mio amico dirigente scolastico di secondaria superiore se lo scorso anno gli fossero capitati genitori che avevano inviato la domanda via Internet. Mi ha risposto “ Sì, due. Ho detto loro: complimenti, ma dovete passare per la scuola media!”.
Insomma in questo caso non ci sarebbe solo materia per Umberto Eco, ma anche per “Striscia la Notizia”.

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 Anna Pizzuti    - 16-01-2004
Invidia e gratitudine è il titolo di un’opera di Melanine Klein che indaga sui rapporti complessi tra l’odio e l’amore. E sulla gelosia.

Mi è venuto in mente riflettendo su tutto l’insieme delle iniziative che in questi ultimi tempi sono nate per esprimere il dissenso sul primo decreto attuativo della legge 53, dissenso che si coagula intorno al nodo fondamentale del tempo pieno snaturato.

Gratitudine, certo, perché finalmente la scuola sta reagendo insieme alle famiglie che non si fanno ingannare dagli imbonimenti morattiani. E che non coincidono affatto con la famiglia arcigno controllore di attività facoltative e di portfoli dei futuri alunni della scuola (contro) riformata che la Moratti immagina.

Gratitudine, ma anche invidia. E non mi vergogno ad ammetterlo.

Perché la focalizzazione, pur sacrosanta, sul tempo pieno, sta lasciando sullo sfondo l’ altro attacco che viene portato al diritto allo studio ed all’istruzione: quello che ha trasformato l’obbligo scolastico in una terra di nessuno, in cui, in nome della lotta alla dispersione, si finisce per perdere del tutto la parte più debole della popolazione scolastica.

Il titolo è la dimostrazione di quello che sta accadendo

SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO, CORSI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE

Per la prima volta, ma spero di sbagliarmi, su un documento ministeriale si regolamenta o ci si occupa delle iscrizioni alla formazione professionale. Che è una istituzione di tutto rispetto, ma che ha organizzazione e dipendenze sue proprie, regionali. E non mi risulta che finora sia iniziata l’attuazione della riforma costituzionale. Ed anche lo fosse, tanto più se lo fosse, non è certo un documento ministeriale che se ne dovrebbe occupare.

Questo per il titolo. Passiamo al contenuto.

Dopo aver ammesso, bontà sua, che l’istruzione secondaria di II grado non è, allo stato, immediatamente interessata da provvedimenti attuativi della legge 28 marzo 2003 n. 53, il ministro non riesce a trattenere la vis propagandistica e tenta ancora una volta di dimostrare che l’abrogazione dell’obbligo scolastico fa bene all’obbligo scolastico.

si reputa necessario richiamare alcuni aspetti e profili innovativi scaturenti dalla stessa legge n. 53/2003 per effetto dell’abrogazione della legge 20 gennaio 1999, n. 9. Com’è noto tale abrogazione è stata disposta nell’ottica di un progressivo ampliamento del diritto–dovere all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o sino al conseguimento di una qualifica professionale; in sostanza l’esercizio di tale diritto-dovere ridefinisce ed amplia l’obbligo scolastico di cui all’art. 34 della Costituzione, nonché l’obbligo formativo introdotto dall’art. 68 della legge n. 144/99.
In attesa della emanazione del relativo decreto legislativo e della strutturazione del nuovo assetto ordinamentale articolato sui due percorsi, quello dell’istruzione e quello dell’istruzione e formazione professionale, gli studenti che conseguono la licenza media sono tenuti comunque a proseguire il proprio percorso formativo in un quadro di opzioni ampliato ed arricchito rispetto alle previsioni della citata legge n. 9/99.
(….)In tale prospettiva in data 19 giugno 2003 è stato stilato un Accordo-quadro , tra questo Ministero, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane, al quale hanno fatto seguito specifici Protocolli di intesa stipulati tra gli stessi soggetti al fine di poter consentire agli alunni di terza media, una volta conseguito il diploma, oltre la prosecuzione degli studi nella scuola secondaria superiore anche l’accesso a corsi dell’istruzione e della formazione professionale.


Consentire”, “oltre” “anche” lasciano supporre meravigliose prospettive. Trasformano la diminuzione in un aumento. Sulla linea della scuola per che in realtà è scuola diviso.

In realtà questa parte del testo contiene una inesattezza, che dovrebbe far saltare sulla sedia i rappresentanti delle parti sociali firmatarie dell’accordo quadro sul diritto dovere allo studio (detto anche accordo-pezza)

E’ vero che l’accordo quadro prevede anche la frequenza pura e semplice dei corsi di formazione professionale, come espletamento dell’obbligo, ma è anche vero che in quella sede, ed in sede di convenzioni con le regioni, ci si è impegnatisi soprattutto a favorire azioni integrate tra istruzione e formazione: entità ancora distinte che si uniscono nella programmazione di percorsi che mantengano un collegamento con l’istruzione.

E’ opportuno ricordare – prosegue il testo - che le intese sottoscritte con le Regioni prevedono percorsi formativi della durata triennale, differenziati nei diversi contesti territoriali, sicché le famiglie, per esercitare consapevolmente le proprie opzioni, dovranno fare riferimento al quadro delle offerte emergenti dalle intese sottoscritte a livello regionale. I titoli e le qualifiche rilasciati dalle Regioni al termine del triennio saranno utilmente spendibili su tutto il territorio nazionale in quanto rispondenti agli standard minimi formativi in corso di definizione.

Discorso mistificatorio: la realizzazione di questo accordo è nata stentata nelle pratiche progettuali e - mi consta per la provincia in cui vivo, ma non credo che in altre vada meglio – fortemente limitata nell’ambito dell’offerta, che si focalizza solo sugli IPSIA e su qualche Istituto tecnico industriale. Molto ampia come offerta, alla quale le famiglie dovranno fare riferimento, quindi: ampia e differenziata, in puro spirito morattiano.

Ma, come spesso accade nei documenti ministeriali, in cauda venenum.

Il quadro delle opportunità sopra richiamate evidenzia la necessità di effettuare una attenta ricognizione delle scelte espresse dagli studenti al termine del percorso di studi della scuola secondaria di I grado; ricognizione da porre in essere a cura dei Dirigenti scolastici degli istituti di istruzione secondaria di I grado dai quali provengono gli studenti stessi, anche al fine di individuare eventuali defezioni e di promuovere tutte le iniziative idonee ad assicurare il prosieguo nell’istruzione o nella formazione professionale, o nel sistema integrato tra istruzione e formazione professionale, sino al diciottesimo anno di età o fino al conseguimento di una qualifica professionale .

Eccoli, i percorsi integrati. In cauda, ma ci sono. Ed io, malfidata, che avevo pensato male. Mi sbagliavo, quindi e ne prendo atto.

Come prendo atto di un altro errore. Avevo iniziato rilevando che, almeno per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, la circolare non sostituiva la riforma che non c’è. Giudizio affrettato.
Ancora una volta la matematica è allegra.

In base alle vigenti norme, “il prosieguo nell’istruzione o nella formazione professionale, o nel sistema integrato tra istruzione e formazione professionale” inizia all’età di tredici ani e dura tre anni. 13+3=16.

Come è possibile, quindi sostenere che il proseguo arriverà sino al diciottesimo anno di età o fino al conseguimento di una qualifica professionale?

Attenzione, è la stessa dicitura della legge delega. Che forza, questa circolare.


 ilaria ricciotti    - 16-01-2004
Io sono molto gelosa di una scuola che è stata i frutto di numerose lotte condivise anche con i genitori e gli studenti. Sono gelosa di questo tipo di scuola che sembrava che con l'autonomia avesse potuto crescere ancora di più. Io sono gelosa di quanto scritto dalla Costituzione e non vorrei che tutto ciò fosse svenduto per raggiungere scopi che non sanno nè di efficacia nè di efficienza, ma smembrare il sapere in due.

 pino patroncini    - 16-01-2004
Sono d'accordo con te ma occorre una precisazione. L'accordo quadro era tra il MIUR, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane. Tutte parti istituzionali. Non c'erano infatti le parti sociali, quelle che secondo te dovrebbero "fare un salto". Non erano previste. Per intenderci meglio: su questa faccenda i sindacati non hanno sottoscritto nessun accordo!

 Anna Pizzuti    - 16-01-2004
Caro Pino, hai ragione, ho usato un termine sbagliato: parti sociali invece di parti istituzionali.
Errore imperdonabile, tanto più che ho seguito con molta attenzione tutto l'iter degli incontri riportato sul sito della cgilscuola.
Era però proprio alle parti istituzionali che pensavo scrivendo. In particolare ai rappresentanti di quelle regioni che hanno dato a questo accordo il senso che doveva avere. Ma anche, un po' provocatoriamente ai rappresentanti di quelle che, comunque l'hanno scritto che di integrazione tra sistemi si trattava e non di pura e semplice formazione professionale.

Forse ti sembrerò un po' fantasiosa, ma approfitto dell'occasione che mi offri con la tua precisazione per proporre ai sindacati che, su questi accordi tanto hanno ragionato, di chiedere a queste parti istituzionali un pronunciamento sul testo della circolare. Che dici, si può fare?