breve di cronaca
Insegnante Tutor: il cammino del gambero
Scuola oggi - 17-12-2003

Nei vari spot pubblicitari diffusi dal MIUR per illustrare la Riforma della scuola primaria (vedi ad es. “Qui Quo Qua alla scoperta della nuova scuola”, inserto di Topolino) si spiega che “tutor” non è un termine inglese, ma latino. Insegnante “tutore” dunque, inteso come guida, accompagnatore, protettore. L'on.Beniamino Brocca, molto meno enfaticamente, aveva parlato di riedizione della “maestra dalla penna rossa”, sottolineando l’arcaicità della formula. In effetti di un ritorno al passato in qualche modo si tratta. Occorre infatti tornare indietro nel tempo per capirne la portata ed il significato implicito. Com’è noto, prima della Riforma del 1990 (legge n.148/90), il modello educativo-organizzativo della scuola elementare, riprodottosi lungo quasi tutto il novecento, era molto semplice: un maestro, una classe. Anche dopo l’emanazione dei Programmi didattici del 1955 (i Programmi Ermini, quelli dell’insegnamento della dottrina cattolica come “fondamento e coronamento dell'istruzione”, rivolti a un “fanciullo tutto intuizione, fantasia, sentimento”), fino ad arrivare ai Nuovi programmi della scuola primaria del 1985 ed oltre, la scuola elementare si fondava su questa struttura educativa: un unico insegnante cui erano affidati gli alunni di una classe, in orario antimeridiano. Questa era la tradizionale “scuola del mattino”. E’ vero che, a partire dai primi anni ’70, con la legge n.821/1971 avevano avuto avvio esperienze diverse di “innovazione didattica e organizzativa” (le classi a tempo pieno), ma queste erano comunque realtà isolate, sperimentali e quantitativamente circoscritte.

Nel dibattito che precedette negli anni il varo dei programmi del 1985 e poi della legge n.148/90, il democristianissimo Ministro della Pubblica Istruzione Franca Falcucci (un gigante, a confronto con l’attuale ceto politico del MIUR) aveva tratteggiato le linee di un possibile cambiamento: all’insegnante unico del “tempo normale” (così veniva denominato il modello di scuola diffuso su tutto il territorio nazionale, per distinguerlo dalle esperienze "anomale" di classi a tempo pieno) venivano affiancati alcuni altri docenti, con funzioni di supporto e di integrazione didattica. Poiché cominciava a radicarsi l’idea che l’insegnamento di base e la pluralità dei saperi non potevano più essere affidati per intero ad un docente "tuttologo", si circondava il maestro di classe con altre figure docenti. Il cosiddetto “insegnante costellato” o "modulo stellare", appunto, come veniva definita questa soluzione didattica.
Questa ipotesi di riorganizzazione della scuola primaria venne poi abbandonata. Scartata anche l’ipotesi di una generalizzazione del tempo pieno (due docenti titolari per classe per 40 ore settimanali) si optò per la soluzione dei “moduli didattici”, vale a dire un modulo di tre docenti assegnati a due classi, parallele o in verticale. Su questa base nel 1987 (Ministro della P.I. Giovanni Galloni, sottosegretario Beniamino Brocca) ebbe avvio una sperimentazione ministeriale su tutto il territorio nazionale che durò circa tre anni, per arrivare poi alla Riforma dell’ordinamento della scuola elementare, legge 5 giugno1990, n.148 (Ministro della P.I. Sergio Mattarella, sottosegretario Beniamino Brocca). La stessa legge consentiva la prosecuzione del tempo pieno, garantendone il mantenimento per tutti gli anni successivi.
Si disse allora che questo era il risultato di una forte rivendicazione sindacale, accolta dal governo, tesa ad espandere gli organici dei docenti, nel passaggio da uno a più insegnanti per classe. E’ indubbio che vi fu anche questo elemento, ma il principio pedagogico che veniva affermato, comune sia ai moduli che al T.P., era la formula del “gruppo docente”, più docenti cioè assegnati alle classi ma in un rapporto paritario di contitolarità, di corresponsabilità e di cooperazione (le tre C, come scriveva Sergio Neri sulle pagine de L'Educatore).

Questo è esattamente il modello che oggi si vuole far saltare con l’introduzione dell’insegnante tutor. Che altro rappresenta infatti la figura di un docente che riassume in sé le funzioni di docente prevalente (quello che effettua il maggior numero delle ore nella classe e che svolgerà quindi gli insegnamenti principali, che intrattiene le relazioni con i genitori e cura il portfolio degli alunni) se non la versione aggiornata e “moderna” del maestro di classe?
E’ evidente che con l’introduzione di questa figura si creano differenze di ruoli e di funzioni tra i docenti (non previste, peraltro, sul piano contrattuale). Se è ben chiaro cosa deve fare il tutor, non si può dire altrettanto per gli altri docenti della nuova “costellazione”. I riferimenti alle “attività di laboratorio LARSA o di tipo più specialistico” contenuti nei vari materiali Bertagna sembrano infatti abbastanza fumosi. Quali laboratori strutturati e sulla base di quali competenze specifiche? e quale recupero-sviluppo-apprendimento e su quante classi diverse? e in quali fasce orarie, in quali ore di contemporaneità ? Insomma queste altre figure docenti hanno tutta l’aria (e la probabilità) di essere destinate a ruoli marginali, di supporto o intrattenimento (la mensa? le attività facoltative o pomeridiane?) a fianco della figura centrale del tutor.

Tutto questo non sembra poi una grande "novità" se si pensa che la riforma del 1990 fu osteggiata da un fronte, minoritario e in prevalenza cattolico-conservatore (ma anche dai radicali), che non si rassegnava alla scomparsa del Maestro Unico, decisamente contrario quindi alla pluralità delle figure educative e agli "elementi di collettivismo” introdotti nella scuola con i moduli e il tempo pieno. Perciò si può parlare di ritorno al passato. Ma siccome non si ha la ferma determinazione di riproporre l’insegnante unico tout court quale modello pedagogico, anche perché gli orizzonti della didattica negli ultimi vent’anni si sono estesi con l’affermarsi di nuove discipline (informatica, inglese, ecc.), mettiamogli attorno allora qualche altro docente, in funzione integrativa e accessoria. Il tutto sotto l’etichetta di “équipe pedagogica” che è cosa ben diversa, quanto ad articolazione interna, dal team docente dei “vecchi” e “superati” moduli e tempo pieno.

Ora, se il passaggio dal maestro unico all’insegnante “costellato” dei tempi della Falcucci poteva essere considerato comunque un passo avanti (dati, appunto, i tempi), qui assistiamo al processo inverso, nel cammino a ritroso dalla pluralità docente all’insegnante -se non unico- sicuramente prevalente. La “Grande Riforma” sta tutta qui: nel percorso del gambero.

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