Sopravvivenza
Concetta Centonze - 15-12-2003
Me ne andavo nel mattino: il sole e l’aria mi sembravano più carezzevoli, più cordiali i visi di quanti incontravo. In effetti era il magico 23 del mese che , da tempo, ha preso il posto del 27 per noi statali. Con i miei 1500 eurio di mensile in tasca procedevo ebbra come un’eroina dannunziana. Alitavano attorno a me tutti i profumi che esalavano dalla terra, dal cielo, dal mare e se ci fosse stato, anche dal fuoco. In realtà il fuoco, con la sua fiamma iridata, covava nel mio portafoglio.
Sfilavano vesti prestigiosi, danzanti sullo scheletro di ignote modelle; scorrevano cartoline animate di luoghi esotici, mi abbagliava il barbaglio di gemme, mi solleticavano le narici le sconosciute essenze di cibi mai gustati. Da che parte cominciare?
Sarei passata per prima dal negozio di alta moda, poi da quello delle prelibatezze e con l’incarto – quasi un ninnolo – mi sarei recata a prenotare un fine settimana fuori norma.
Seguivo le orme di quell’altra me stessa che si rivolgeva alle commesse con la sicurezza sprezzante di una dea. Non era un sogno, perché l’altra me si tastava volgarmente il portafoglio che dava la certezza della verosimiglianza dei progetti.
Trascorsi in questo stato di grazia un po’ di tempo fino a quando un fastidioso senso di colpa iniziò a farsi vivo. Mi risuonava l’invito a comprare, a spendere, a far circolare la moneta ed io, mi impigrivo, mi sottraevo a quel dovere.
Il cuore mi batteva accusatore e mi sedetti nella prima caffetteria senza nessun rispetto per le convenienze. Il primo caffè mi ricordò che, a dire il vero, 500 euro erano destinati all’affitto...
Tuttavia la caffeina non mi smontò: infondo 1000 euro sono sempre 1000 euro.
Chiesi un’altra tazza di caffè. Anche questa ebbe un effetto disturbante: mi riportò alla memoria 200 euro, in media, da destinare a bollette di luce, telefono, gas.
Quando già mi sentivo al sicuro mi si affacciò alla memoria il ricordo di un debituccio di 100 euro che avevo nei confronti del meccanico. Non mi fosse mai venuta in mente quell’idea! Perché essa se ne portò dietro un’altra: occorreva accantonare altri 200 euro per le rate dell’assicurazione semestrale della suddetta macchina e per il pagamento del condominio.
Era una lotta titanica: da una parte volevo pensare in positivo e mi ripetevo che sì, via, in fondo avevo ancora 1 milione di lire che mi facevano sentire il signor Bonaventura; dall’altra la caffeina continuava nel suo terribile effetto facendo riaffiorare il pensiero di altri 100 euro, destinati a sommarsi a quelli dei miei fratelli. per l’ assistenza di mia madre.
Insomma presi il toro per le corna ed ammisi che, allo stato attuale, avevo solo 400 euro.
Passai ad una bibita fresca per cercare di annullare l’effetto del caffè. Come potevo spendere i miei 400 euro? Il bitter mi suggerì che non potevo rinunciare alla palestra: altri 50 euro da sottrarre. Restavano 350 euro.
Che fare?
In fondo, stanziando 10 euro al giorno per trenta giorni, avrei potuto mangiare e bere a sazietà magari con l’accortezza di evitare frutta e verdura; pagarmi qualche collutorio e qualche aspirina; forse di tanto in tanto un quotidiano, una pizza; magari scroccando qualche invito da mia sorella e facendo finta di dimenticarmi del compleanno di mio nipote.
Non c’era proprio da lagnarmi: mi rimanevano ben 50 euro per una voluttà: era un bel pezzo, infatti, che avevo adocchiato una maglia per Natale in un negozio, un negozio di quelli in cui le commesse nemmeno mi avrebbero presa in considerazione: in un negozio così cinquanta euro non sarebbero bastati. In fondo potevo anche sostentarmi con cinque euro al giorno che in un mese faceva 150 euro: avrei frequentato i discount e scroccato di qua e di là. E così potevo contare su un residuo di 200 euro.
Magari al maglione avrei potuto aggiungere l’abbonamento a qualche concerto, l’acquisto di un libro, una tenda nuova per la doccia, un panettone e un pandoro per non fare la figura della micragnosa. Questa sì che era vita!
Quanti giorni mancavano al prossimo 23?

P.S. questo è l’introito e quindi il tipo di ménage di un docente con trent’anni di insegnamento

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