Dolus malus o dolus bonus ?
Aldo Ettore Quagliozzi - 12-12-2003
A proposito della cosiddetta legge Gasparri


“ …è importante per il potere disporre del piccolo schermo e di tanti spettatori resi ormai incapaci di cogliere la realtà, perché assuefatti e persuasi dal suo allestimento.“ ( letta in “ Come schermo comanda “ di Umberto Galimberti su “la Repubblica “ del 29 Novembre 2003 )

Con un ben calcolato artifizio ho anteposto la frase conclusiva di uno scritto di Umberto Galimberti. Un artifizio che mi consente però di porre alcune questioni nella discussione che, come nel migliore stile di questo Paese, si trascinerà senza pervenire ad un approdo che non sia quello già esistente nella mente, e quindi tenacemente voluto, dai temporanei, me lo auguro, nostrani legislatori.
E mi chiarisco. I temporanei legislatori conoscono a menadito come la grande maggioranza dei loro amministrati sia composta da “ spettatori incapaci di cogliere la realtà, perché assuefatti e persuasi dal suo allestimento “.
E ciò trova conferma nel grande apprezzamento che i vari committenti pubblicitari dimostrano verso un servizio televisivo pubblico livellato sempre di più al ribasso, al fine di sostenere, lo si fa per dire, la concorrenza diretta della televisione privata.
E’ pur vero che quest’ultima utilizza sempre un bene collettivo qual è l’etere, e che per questo sfruttamento di un bene collettivo ha ottenuto una pubblica concessione, ma il suo scopo, anche se non dichiarato, rimane sempre e solo quello di soddisfare i suoi committenti pubblicitari e non tanto il pubblico che, come ben asserito dal nostro “ egoarca “, in fondo dimostra di avere solo “ dodici anni “.
La cosa che suscita sconforto invece è che sia stato proprio il pubblico servizio ad avere imboccato, e di già percorso per un significativo tratto, quella via della dequalificazione del servizio al fine di contenere la straripante invadenza della televisione privata.
Allora una maliziosa domanda: ma se il pubblico servizio non avesse imboccato la “ via perversa “ della commercializzazione, ovvero l’asservimento della televisione pubblica alle regole del mercato pubblicitario, sarebbe stato possibile il contenimento della straripante televisione commerciale? Sarebbe bastato il solo canone versato alla pubblica televisione sufficiente a reggere una concorrenza sempre più incontrollabile?
In fondo mi chiedo e chiedo: il grosso pubblico avrebbe premiato gli sforzi di una pubblica televisione che si fosse sottratta alle regole ferree della commercializzazione, continuando stoicamente a privilegiare un servizio di “ informazione “ ma soprattutto di “ formazione “ del sistema Paese?
Sono queste le domande alle quali bisognerebbe dare una rapida ed onesta risposta. Un pubblico educato per decenni alla televisione, per come è stata intesa e sviluppata nel nostro Paese, con evidenti ed innegabili responsabilità politiche dell’oggi e dell’altro ieri, è un pubblico sul quale i nostri temporanei legislatori hanno ciecamente contato, certi che un pubblico televisivo “ dodicenne “ non avrebbe di certo posto problemi di alcuna natura sulla funzione propria dei moderni mezzi di comunicazione, ed aggiungerei, di “ formazione “ del pensiero e della identità collettiva.
Ed i risultati straordinariamente positivi conseguiti con questo appiattimento sull’aspetto commercialmente più bruto della televisione li coglie anche il pubblico servizio, che da qualche tempo continua a sfornare risultati straordinari di ascolto proprio allorquando esso ha messo alle porte i pochi “ grilli parlanti “, e direi anche pensanti, affidando poi le proprie fortune “ commerciali “ alle più squallide programmazioni mai viste.
I risultati di una così distorta e subdola utilizzazione dei moderni mezzi di comunicazione e di
“ formazione”, e questo secondo aspetto penso debba essere considerato come il più importante sotto l’aspetto sociale e politico, si riverberano anche in altri campi del vivere di questo Paese; che sia la corruzione della pubblica amministrazione, che concede le sue spesso illegali prestazioni per l’accaparramento di altre risorse da destinare ai “ bisogni indotti “ dalla pubblicità televisiva; o la dequalificata azione della scuola, che non riesce più nella sua azione pedagogica a contrastare e rendere i suoi giovani frequentatori attenti e critici verso tutte le distorsioni indotte dall’utilizzo dissennato dello schermo televisivo; alla vita delle famiglie, all’interno delle quali soprattutto i più giovani sono spesso protagonisti di fatti di una crudezza impensabile sino a pochi decenni addietro, e che le cronache televisive si incaricano di trasformare in lucrose occasioni di avanspettacolo cruento, per poi disfarsene al primo cenno di disattenzione di quel “ dodicenne “ pubblico nostrano.
Viene allora da chiedersi: ma questo sfascio è solo una diretta conseguenza “dell’oggi politico “, o esso affonda le sue radici anche in “ altri tempi politici “ , durante i quali le colpevoli disattenzioni verso queste problematiche hanno di fatto creato il terreno più fertile per il fiorire della gramigna dell’oggi?
Ovvero, avere avuto responsabilità di direzione in altri “ tempi politici “, ha sempre comportato e fatto registrare da parte di altro ceto politico un chiaro indirizzo ed utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione e di “ formazione “ del pensiero e della identità collettiva, improntati ad un impegno che potrei definire, molto sommessamente, “ pedagogico “?
Sono queste le domande che in questi frangenti ci si deve porre nell’attesa che il temporaneo inquilino del Quirinale, che con il suo servizio continua a rendere più presentabile questo Paese nella platea internazionale, decida delle fortune della legge Gasparri.
Nell’attesa che il fatto si compia, con la consapevolezza che nessuno strattonamento di giacchetta indurrà il Presidente a sciogliere il nodo in una certa direzione piuttosto che in un’altra, per il semplice fatto che il Presidente è ben consapevole del carattere elitario di certe manifestazioni già avvenute o programmate per i giorni a venire, propongo la lettura di quella parte dello scritto del Galimberti che su di un piano “ scientifico “ analizza i condizionamenti ed i “ codici occulti “, tanto cari al potere di qualsiasi colore ed in tutte le epoche e nei due emisferi, che anche la più spensierata occasione di permanenza di fronte al video innesca inconsapevolmente nel comune, inconsapevole, telespettatore.

“ ( … ) Se ( … ) passiamo al piccolo schermo della televisione non c’è alcun dubbio che qualsiasi notizia, qualsiasi informazione, qualsiasi pubblicità, soprattutto quando è articolata in immagine, indipendentemente dal suo valore veritativo, segnala il punto di vista da assumere per prendere in considerazione l’evento che ci viene proposto.
Questo “ punto di vista “, mettendo in scena l’evento, non ci mette in contatto con l’evento, ma con il suo allestimento.
E allora ciò che informa “ codifica “, e l’effetto di codice diventa criterio interpretativo della realtà, modello induttore dei nostri giudizi che poi ci inducono a comportarci nel mondo reale come abbiamo appreso da quel modello induttore che è lo schermo televisivo.
Si riduce così la differenza tra realtà e immagine e, per effetto di questa riduzione, il modello induttore acquisito nel registro delle immagini produce i suoi effetti nel mondo della realtà.
( … ) Si vengono a produrre degli “ a priori condizionanti “ non dissimili dalle rigide visioni del mondo che non consentivano ai primitivi di prendere in considerazione tutti quegli aspetti della realtà che fuoriuscivano dalla loro simbolica.
E come i primitivi, guardando il sistema dei simboli, credevano di vedere il mondo, così noi oggi, reagendo agli effetti di codice, crediamo di reagire al mondo.
Affinché il successo sia assicurato è necessario modellare bisogni e desideri a partire da ciò che viene quotidianamente offerto e consumato, sia in termini di prodotti sia in termini di informazioni, in modo che ciascuno non desideri altro rispetto a ciò che è destinato a ricevere.
Livellando le esperienze e le aspirazioni, gli “ a priori condizionanti “ creano quell’uniformità nei modi di essere, di volere, di pensare e di desiderare che forniscono la prevedibilità dei comportamenti e quindi la funzionalità del sistema, che a questo punto non ha più bisogno di ricorrere a strumenti repressivi, perché riesce a far passare per eccentrico ogni comportamento non omologato e non conformista.”


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 ilaria ricciotti    - 12-12-2003
Quale la soluzione?
Oscurare le TV, dedicandosi ad altri intrattenimenti?
Spegnerla tutte le volte che essa propaganda la politica del proprietario?
O non so che altro.
Inoltre se i governi precedenti hanno avuto le loro responsabilità, s'è forse toccato il fondo come ora?
La TV , purtroppo viene ogni giorno di più "costruita" per i non pensanti, per i lettori inesperti e per coloro che sono perfattamente allineati con chi la possiede.
Ed allora ci rimane boicottarla spegnendola.