Valium
Marino Bocchi - 04-11-2000
Una volta si aveva piu' coraggio a dire le cose per nome e cognome. Una volta c'erano i manicomi e le frontiere sicure e le famiglie bene potevano dedicarsi con cura alla preparazione della merenda per i figli, senza doversi preoccupare della loro sicurezza perche' la scuola era un luogo tranquillo, pulito, ordinato, dove non poteva accadere quello che e' successo due settimane fa alle medie San Carlo di Modena, centro storico, istituto d'elite. Che e' successo? IID, ora di Lettere: un ragazzino tredicenne di origine slava, ripetente, affetto da "disturbi di comportamento", estrae un coltello a serramanico e "lo rivolge contro un compagno di classe piu' piccolo", sotto "gli occhi attoniti dell'insegnante di Italiano" (le citazioni tra virgolette, comprese quelle che seguiranno, sono tratte da Il Resto del Carlino). Passano alcuni giorni e la notizia esce sui giornali. "A farla esplodere e' stata la preoccupazione crescente dei genitori davanti alle imminenti dimissioni, e quindi al rientro in aula, del tredicenne armato che e' stato subito ricoverato in un ospedale psichiatrico per accertare la portata del suo disagio". La causa all'origine dell'insano gesto? "Sapeva gia' che doveva essere ricoverato nella casa di cura per problemi psichiatrici, che doveva andare a curarsi ed e' per questo che, poco prima dell'intervallo, in un attimo di rabbia ha estratto il coltello. Lo ha mostrato ai compagni di classe e ha detto che l'avrebbe usato per difendersi quando fossero venuti a prenderlo per portarlo via. Ma non l'ha puntato alla gola di nessuno, non ha minacciato direttamente nessuno", dichiara l'educatore dell'alunno. Siccome pero' la doppia caratteristica dell'essere slavo e disabile pone innanzitutto un problema di ordine pubblico, ai quotidiani locali non interessano ne' il dramma personale del fanciullo ne' l'esatta ricostruzione dei fatti: conta sapere come vengono spesi i soldi dei contribuenti per pagare gli stipendi degli insegnanti di sostegno. Che fanno, come svolgono il loro compito di controllo e prevenzione delle "escandescenze" dei loro assistiti, a vantaggio della integrita’ fisica e morale dei bravi ragazzi di famiglia? Il solerte funzionario del provveditorato, messo alle strette, si affretta a precisare che, con l'autonomia scolastica, "tocca alla preside risolvere il problema", posto che lo Stato garantisce ai portatori di handicap fisici e psichici non meno di 6 ore di affiancamento a settimana. Stesso concetto ripete l'assessore PDS alla pubblica istruzione, previa dimostrazione di avere le carte in regola: "Su certificazione dell'AUSL abbiamo stanziato un sostegno socio-educativo di 10 ore a settimana tramite l'appalto a una cooperativa che assicura insegnanti ed educatori specializzati. Non sappiamo pero' se il ragazzo sia assistito in aula o magari nei compiti del pomeriggio. Il progetto specifico tocca alla scuola". L'ansia cresce. Che fare, a pochi giorni dal rientro in classe del pericolo pubblico, mentre le mamme e le nonne allarmate ormai si sono ridotte ad attendere i loro figli e nipoti all'uscita della scuola? (e il "Carlino" ne intervista una di cui pubblica la foto dallo sguardo preoccupato). Qui ci soccorre la politica. Il capogruppo di AN Paolo Casolari stigmatizza: "Davanti a un gesto cosi' grave, e' evidente che il progetto educativo messo a punto per il ragazzino slavo e' inefficace. Bisognava dunque che la Preside agisse in fretta per porre rimedio insieme agli interlocutori istituzionali". Agisse in che modo? Il capogruppo lascia la scelta all'intelligenza dei lettori. Valium o fermo di polizia?
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 mamma e insegnante    - 14-01-2002
Perfettamente d'accordo con la possibilità di permettere l'iscrizione già a cinque anni e mezzo: la maturità di un bambino, la sua voglia di imparare e la soglia di attenzione variano di bambino in bambino, e non solo con l'età. Sarebbe, finalmente, un vero elemento di flessibilità. Non più la necessità di flettere la didattica personalizzandola alle caratteristiche di ogni alunno che, inevitabilmente, finisce per generare una didattica "media" che mortifica gli alunni migliori e penalizza i più scadenti, ma una flessibilità che consente ad alunni più portati per lo studio di lavorare a livelli adeguati alle proprie capacità.