Cronaca di una strage
Fuoriregistro - 06-12-2003





ll 16 dicembre 1969 uno sparuto gruppo di studenti appartenenti al Circolo Anarchico "Ponte della Ghisolfa" di Milano (lo stesso gruppo al quale apparteneva Giuseppe Pinelli) formulò un comunicato stampa (totalmente ignorato da tutti gli organi di informazione … compresi quelli di sinistra) nel quale si accusava la polizia dell’uccisione del proprio compagno e si indicava nello Stato mandante della strage.




Contemporaneamente si recarono all’Università Statale - dove si stava svolgendo un’assemblea – per proporre l’organizzazione di una risposta collettiva. In quella sede denunciarono l’illegittimo fermo di polizia al quale era stato sottoposto il loro compagno, che la strage di Piazza Fontana era opera quasi certamente di fascisti ma che la responsabilità "politica" era da far risalire alle alte sfere del potere, che quella, dunque, era … una strage di Stato. Affermarono inoltre che Pinelli non poteva essersi suicidato e che si trattava di assassinio.

Le stesse cose furono ripetute, il 17 dicembre - in un’affollatissima conferenza stampa – alla presenza di numerosi giornalisti. Il giorno dopo il commento più benevolo pubblicato sulla stampa fu: "delirante conferenza stampa degli anarchici del Ponte della Ghisolfa".

E’ in questo clima di intimidazione e di menzogna "ufficiale" che iniziò il lento e faticoso lavoro di controinformazione portato avanti da uno sparuto gruppo di "facinorosi" ma che non avrebbe sortito alcun effetto se non fosse stato sorretto, da un lato, da larga parte del movimento studentesco e della sinistra extraparlamentare e, dall’altro, dal sostegno attivo e consapevole di alcuni giornalisti e di alcuni editori.

Tra i primi rammento i nomi di:

Aldo Palumbo – cronista dell’Unità

Piero Scaramucci – Rai e, successivamente, direttore di Radio Popolare di Milano;

Camilla Cederna – Espresso

Tra i secondi gli editori:

Giulio Savelli;

Giangiacomo Feltrinelli.

Nelle pagine che seguiranno cercheremo di focalizzare il contesto storico e sociale nel quale è maturato e si sono sviluppati i fatti che hanno condizionato – per anni – la vita sociale e politica del Paese e hanno contribuito, non poco, alla maturazione democratica di una generazione intera.
La nostra.





Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...

Pier Paolo Pasolini
14 novembre 1974



A cura di Grazia Perrone



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LA VERITA' E' RIVOLUZIONARIA

PROBABILMENTE NON LO SAPREMO MAI



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