breve di cronaca
L'Europa investe in ricerca e l'Italia risponde con i tagli
Alba Sasso - 29-11-2003

Mentre altri Paesi d’Europa investono sul ruolo dell’Università, sull’innovazione, sulla ricerca e mettono in campo nuovi servizi per gli studenti, attivano insomma quegli impegni presi nella conferenza di Lisbona del 2000, emerge con assoluta nettezza l’assenza di un disegno strategico del governo italiano per lo sviluppo del sistema universitario nel quadro degli obiettivi e delle azioni fissati in ambito europeo e da realizzare entro il 2010.
Il Ministro Moratti continua a promettere, ormai da due anni, impegni precisi e un aumento di risorse. Ma le smentite arrivano puntuali. Oggi, con le cifre dell’ultima legge finanziaria (in discussione in questi giorni alla Camera).
E c’è voluta la protesta dei rettori per aumentare in Senato il fondo di gestione ordinaria delle università, fermo da due anni, con 200 milioni di euro. Ne servirebbero, è stato detto dal rettore dell’Università di Bari, 500 solo per sopravvivere.
Così come c’è stato bisogno dell’intervento del capo dello Stato per eliminare, ma solo in parte, il blocco delle assunzioni.
E invece di aumentare i fondi per il diritto allo studio- ci sono moltissimi studenti per i quali è stata coniata l’espressione misteriosa di idonei non assegnatari, che vuol dire, più prosaicamente, che pur avendo vinto la borsa di studio non la riscuotono per mancanza di fondi- viene introdotto il prestito fiduciario. E su questo, come su tutte le altre questioni che riguardano le condizioni di vita negli Atenei e la qualità dell’istruzione universitaria aumenta il disagio degli studenti, e in particolare degli studenti meridionali. Costretti peraltro ad emigrare da studenti e poi da laureati.
Il dato drammatico che emerge nel leggere queste cifre e nel valutare queste scelte è che l’intero settore, e parlo anche della scuola e della ricerca, non viene considerato settore strategico per lo sviluppo, ma occasione di risparmio. Pensiamo alla miopia con cui è stata gestita la questione assunzioni che rischia di pregiudicare il futuro e la sopravvivenza stessa del sistema. Ma la chiave di questa politica che procede per tagli di bilancio, che sembra muoversi in una logica incerta ed emergenziale, non è quella, per dirla un po’ schematicamente, di sviluppare o creare poli di eccellenza e lasciar perdere tutto il resto? Lo sviluppo della parte già forte del paese e l’abbandono di realtà considerate marginali? Perché si chiude il Pastis (Parco scientifico e tecnologico del Salento), mentre si crea ex novo un istituto tecnologico nazionale con sede a Pisa o Genova?
Insomma c’è o no un’emergenza , un rischio serio di impoverire presente e futuro dell’Università italiana? Dato che si rifletterebbe drammaticamente nella realtà del Mezzogiorno, sulla sua economia, sulle sue possibilità di sviluppo.
Sono questi i temi al centro della iniziativa promossa dai democratici di sinistra per creare un coordinamento delle Università della regione, riflettere sui temi della riforma universitaria, della autonomia e gestione degli Atenei, del reclutamento e della qualità della didattica, del diritto allo studio, della necessità, infine, per la nostra Regione di costruire crescita a partire dall’investimento forte e deciso sull’innovazione, sulla ricerca, sull’istruzione.

Dalla Repubblica di Bari
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 ilaria ricciotti    - 30-11-2003
E' fisologico per un governo commercializzato ed industriale,
non investire, ma tagliare, tagliare, tagliare per ingrassare!
Solo se stesso naturalmente.
E la gente?