breve di cronaca
Università senza professori
Il Manifesto - 28-11-2003


Dopo i ricercatori anche i docenti protestano contro la Moratti e il blocco delle assunzioni


Non bastano gli studenti, i rettori, i ricercatori, i precari di ogni ordine e grado. Ora ci si mettono anche i professori universitari a fare da spina nel fianco contro il ministro Letizia Moratti. Dopo i 1.700 ricercatori «Sps» (assunti ma ancora senza presa di servizio), sono 3.800 i docenti universitari che hanno vinto un concorso pubblico, ottenuto un avanzamento di carriera ma sono rimasti al palo a causa del blocco previsto in finanziaria. Cento «docenti Sps» si sono così incontrati ieri a Roma, in rappresentanza di tutto il coordinamento, per sollecitare la revoca del blocco delle assunzioni nel rispetto dell'autonomia universitaria, la libertà di chiamata dei professori idonei e l'assunzione di ricercatori da parte degli atenei. «La politica della Moratti rischia di licealizzare le università relegando i ricercatori alla sola didattica», avvisano i prof.

Se il governo non sanerà la situazione, il coordinamento promette una sorta di sciopero bianco: «Potremmo decidere di fare solo quanto previsto dal contratto» e visto che l'attività didattica che svolgiamo «è nettamente superiore al limite fissato per legge», le università sarebbero costrette a spendere ancora di più per coprire i corsi. Insomma, se la fuga dei ricercatori significa «perdere il futuro», quella dei professori significherebbe «perdere il presente».

Ma secondo il coordinamento non sono certo solo i finanziamenti che mancano: «Infatti sono stati stanziati molti soldi per enti di ricerca privati o nati dal nulla», e giù la lista: Campus Biomedico di Roma, istituto San Pio V, l'Iit di Genova... La situazione è insostenibile soprattutto nel «manico», nella gestione del sistema di ricerca e dell'università pubblica.

La maggioranza, dopo le proteste e l'appello del presidente Ciampi, ha ammesso i suoi errori e rimediato con uno stanziamento aggiuntivo di 40 milioni di euro da dedicare alle assunzioni negli atenei. Ma il problema non è stato risolto perché a forza di emendamenti e «fondi tappa buchi», di fatto le università non sanno più come procedere. Per superare il blocco delle assunzioni ogni ateneo ha di fronte a sé due strade e ogni università è incerta su quale utilizzare.

La prima è quella della deroga, si valuta la situazione e poi si invia una «supplica» al ministero e si aspetta l'eventuale concessione dei fondi. La seconda è accedere al finanziamento ad hoc aggiuntivo di 40 milioni di euro. Ora si è creata una situazione tale per cui le università non sanno più se usare le deroghe per chiamare i ricercatori, per i quali c'è maggiore urgenza, o i fondi per chi è già in servizio. Infatti, mentre le deroghe sono già arrivate, i soldi del fondo per la presa di servizio dei ricercatori ancora non ci sono. La Sapienza di Roma, per esempio, ha già avuto 240mila euro per le deroghe, ora quindi deve scegliere se usarli per cominciare a pagare gli stipendi interamente nuovi (quello dei ricercatori non ancora entrati in servizio, per esempio) oppure usare gli stessi soldi per il progresso di carriera di chi è passato di fascia. In questo caso però scatta un meccanismo perverso. Nel bilancio dell'ateneo il «peso» dello scatto di ruolo è praticamente inesistente, perché chi è già in servizio per i primi 4 anni è «in prova» e non costa quasi nulla in più. Ma è subito dopo che lo scatto di stipendio è più alto. Lo scoppio della «bomba» quindi non è affatto risolto, ma solo ritardato nel tempo.

L'intero sistema della ricerca insomma continua ad essere gestito in modo pessimo: i finanziamenti pubblici non solo sono ridicoli rispetto al resto d'Europa, ma il caos con cui opera il ministro e la sua maggioranza aggrava la situazione. Ma bisognerà prvvedere, perché nel nostro paese il numero dei docenti universitari è quasi la metà della media europea, e entro il 2010 il 40% di quelli attualmente in servizio andrà in pensione. Se per ora abbiamo toccato il fondo, è venuto il momento di decidere di risalire.


M. BA.
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