Il 3 dicembre 2002 ha assunto una valenza particolare per due ordini di motivi :
1 ) è stata l’occasione per l’inizio delle celebrazioni relative al 2003
“ Anno europeo delle persone disabili “, secondo quanto ha stabilito la Commissione Europea ,in collaborazione con il Forum europeo dei disabili ;
2 ) costituisce il momento conclusivo di una campagna integrata di comunicazione sul tema
“ Non discriminazione : progettazione per tutti “, svoltasi nel corso del triennio 2000/ 2002 .
Il dedicare un anno intero alle persone disabili è una risposta importante ed autorevole ad un interrogativo che insegnanti e studiosi del
“ problema handicap “ si pongono da tempo :
chi è handicappato ?
Tra le varie
“risposte “, quella che mi è parsa più pertinente alla complessità della situazione ed anche più esaustiva, è stata fornita dal prof.
Canevaro
" […] la costruzione di un ambiente di apprendimento può voler dire ridurre l’handicap che costituisce il disagio e ridurre l’handicap che è il disagio . Possono esservi dei momenti critici in questo percorso e bisogna fare in modo che non siano esasperati" ( A. Canevaro, Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap, Mondatori, Milano, 1999, pag. 45 )
Handicappata è la persona alla quale l’ambiente socio - culturale in cui opera e vive e la società in senso lato, non hanno consentito di eliminare o , quantomeno, di ridurre la situazione di difficoltà derivante dal suo deficit; alla malattia, alla menomazione non sempre è possibile trovare rimedio, ma alle loro conseguenze sul piano umano e sociale è certamente possibile: basta volerlo.
Ecco allora che la società deve attivarsi affinchè le abilità
“ diverse “ di
“ quella “ persona siano valorizzate in modo tale da consentirle di non vivere negativamente il proprio deficit ; ed una delle molte iniziative che la società può attivare è costituita da un’opera capillare di sensibilizzazione , di conoscenza delle varie
“ situazioni di disagio “ nelle quali vengono a trovarsi quelle persone con deficit che non trovano ad esso una risposta adeguata .
Le istituzioni scolastiche, le amministrazioni comunali, provinciali ed i Consigli regionali si sono impegnati, soprattutto nel corso di questi ultimi mesi dell’anno, affinché l’importante iniziativa della Commissione Europea non passasse inosservata oppure le si dedicasse qualche dibattito molto teorico , che non avrebbe portato contributi positivi alla soluzione del problema . Sono state attivate
“ buone prassi”, progettati interventi concreti che hanno avuto e dovranno avere lo scopo di eliminare gli stereotipi, le false concezioni sui soggetti
“ diversamente abili “ . Fra tutti i luoghi comuni il più semplice ed il più ovvio che si deve eliminare subito è questo: ritenere che definire
” handicappato” un soggetto oppure ritenerlo
“diversamente abile”, non cambi nulla . Ed è un gravissimo errore non solo concettuale , ma soprattutto di carattere socio-pedagogico : in quanto se si progetta un intervento teso al potenziamento di
“ quelle “ particolari abilità piuttosto che mantenere l’
” esistente “ , eccome se la situazione cambia , eccome se si inizia un percorso che porterà il soggetto
“ diversamente abile” a dare il meglio di sé e ad essere un membro attivo nella società .
La decisione assunta dalla Commissione Europea deve costituire , quindi, un' occasione importantissima per iniziare un
“ cambiamento di rotta “ da parte di tutta la società civile nei confronti delle persone che la natura o la sfortuna hanno dotate di caratteristiche diverse da quelle della maggior parte dei loro simili .
Tornando all’assunto di partenza si può affermare che
“ handicappato “ e
“ diversamente abile “ non sono sinonimi in quanto fanno riferimento a due
“ filosofie “ , a due
“ scuole di pensiero “ che riguardano l’essere umano in quanto persona
Ugo Avallo
docente di Pedagogia speciale