La delegazione italiana al Social Forum manifesta davanti all'ambasciata italiana. Il 20 marzo giornata mondiale di mobilitazione per chiedere la fine immediata dell'occupazione in Iraq
Ma «perché invece di continuare a discutere tra noi non continuiamo quest'assemblea davanti all'ambasciata italiana?». La riunione degli italiani che alla spicciolata continuano ad arrivare nella sala dei matrimoni del comune di Bobigny, estrema quanto anonima banlieue nordorientale parigina, dura giusto il tempo di qualche intervento. Mezzora o poco più. E, mai come questa volta, nessuno osa obiettare alle parole del giovane comunista Michele De Palma. Avrebbero dovuto discutere dell'agenda dei movimenti italiani al social forum che comincia i suoi lavori da questa mattina, parlare di diritti sociali e Costituzione europea e ovviamente anche di guerra, Legambiente e Disobbedienti, Arci, Cobas e cani sciolti. Invece la morte in casa, come in un romanzo di Philip Roth, stravolge e cancella tutto e mette da parte, come per incanto, screzi e divisioni che nell'ultimo mese e mezzo erano viceversa abbondati. Così proprio a tutti pare naturale avviarsi letteralmente dall'altra parte della città e sfidare il grigio plumbeo del cielo parigino e gli inevitabili blocchi di polizia per andare a contestare al governo italiano il tributo di sangue offerto al presidente degli Stati uniti George W. Bush e all'occupazione dell'Iraq. Giusto il tempo di leggere all'assemblea un documento di poche righe scritto tra un intervento e l'altro in cui, dopo il dovuto «profondo cordoglio per la morte di carabinieri e soldati», si accusa «l'irresponsabilità politica del governo Berlusconi che ci sta trascinando in una guerra sempre più sanguinosa» e si chiede senza mezzi termini il «ritiro immediato delle truppe» dall'Iraq. Poi via, «per rompere il clima di unità nazionale» tutti in metropolitana verso l'ambasciata di rue de Varenne, dove alla spicciolata arriveranno in tanti anche dagli altri luoghi in cui si sta organizzando la maratona di conferenze, seminari, laboratori workshop autogestiti che per tre giorni impegnerà decine di migliaia di militanti in arrivo da tutta Europa.
Sono le quattro di pomeriggio, e già da un'ora tutti gli interventi chiedevano sostanzialmente una sola cosa: il ritiro dei militari italiani dall'Iraq, appunto, e di mobilitarsi perché ciò accada. In particolare, un applauso aveva raccolto l'annuncio di Giorgio Cremaschi della posizione ufficiale di Cgil e Fiom per il «ritiro immediato delle truppe italiane, ancora più tragicamente motivato», e per «una nuova forte assunzione di responsabilità della comunità internazionale finalizzata al ritiro dall'Iraq di tutte le truppe straniere». In verità una proposta sul campo c'era già prima del sanguinoso attentato di ieri, e dovrebbe essere accolta dall'assemblea dei movimenti sociali che domenica chiuderà il social forum: una giornata mondiale di mobilitazione, il prossimo 20 marzo, per chiedere la fine immediata dell'occupazione in Iraq e il ritiro di tutte le truppe. Ma è probabile che in Italia, alla luce dei fatti accaduti, ci si muova ben prima.
Nonostante la presenza, fino alla protesta che verrà tenuta alla larga dall'ambasciata, di Pietro Folena, c'è invece molta delusione per le dichiarazioni dei leader diessini, per l'ennesima volta non in sintonia anche con i movimenti pacifisti più «moderati». Ma Vittorio Agnoletto rilancia e tira in ballo l'Europa: «Dobbiamo rivolgerci a Prodi perché la Commissione europea chieda il ritiro di tutte le truppe in Iraq. L'Ue non può far finta di nascondere la testa». Mentre il presidente dell'Arci Tom Benetollo chiede di «uscire al più presto da questa drammatica avventura» che sta provocando «migliaia di vittime civili e centinaia di morti tra i vari contingenti militari». Come? Rimettendo «tutto nelle mani delle Nazioni unite».
Ma ad attendere i pacifisti diretti all'ambasciata italiana c'è la polizia, che presidia le strade di accesso e impedisce a chiunque di avvicinarsi. Dall'altro lato della strada si raduna perfino un gruppo di militanti con le bandiere della Cgt, il sindacato francese. Ma non riusciranno mai a congiungersi con gli altri manifestanti. Mentre un gruppo di attivisti tenta di negoziare insieme ai alcuni parlamentari presenti un incontro con l'ambasciatore, in diversi tentano a gruppetti di aggirare il blocco girando attorno all'ambasciata. Vengono però puntualmente bloccati, e nel giro di poco si formano tre diversi assembramenti fronteggiati dalla polizia con scudi e manganelli. Il traffico va in tilt, il blocco meno numeroso viene caricato e disperso. Solo quando l'ambasciata accetta di incontrare una delegazione composta da sette persone, tra i quali i parlamentari di Rifondazione Elettra Deiana e Alfonso Gianni, la manifestazione non autorizzata si disperderà. Anche se a incontrare i pacifisti sarà solo il primo consigliere d'ambasciata Mauro Conciatori, al quale è stata consegnata la richiesta del social forum. «Abbiamo anche protestato per il comportamento della polizia nei confronti di chi stava protestando pacificamente», racconta Jacopo Venier del Pdci.
Oggi, la prima sessione plenaria del forum parigino è dedicata proprio alla guerra, e i pacifisti italiani assicurano che quello di ieri pomeriggio è solo l'inizio. Già da ieri sera in incontri e assemblee preparatorie hanno chiesto agli altri movimenti sociali di partecipare ad azioni e proteste per tutta la durata del social forum.