Incarnazione dell'intellighenzia azionista nata dalla Resistenza, si è spento a Torino dopo una lunga malattia: aveva 94 anni. Tra i suoi riferimenti culturali Salvemini, Gobetti e Rosselli
TORINO - È morto stamattina, dopo una lunga malattia, nella sua casa di Torino, Alessandro Galante Garrone. Considerato uno dei padri della Patria, il «mite giacobino» (come lui stesso si definì) aveva 94 anni.
Giurista e storico, ha dedicato la vita all'impegno civile, battendosi per un'idea democrazia radicale difesa con l'azione e con i suoi scritti. Nato a Vercelli nel 1909, Galante Garrone si era dedicato per oltre trent'anni alla carriera di magistrato e solo nel 1963 era passato all'insegnamento nelle università, prima come professore di «Storia contemporanea» e poi di «Storia del Risorgimento» a Torino.
È stato l'incarnazione dell'intellighenzia azionista liberalsocialista nata dalla Resistenza, condividendo questo ruolo con altri grandi della cultura italiana e, in particolare, torinese, tra cui Franco Antonicelli, Norberto Bobbio, Franco Venturi, Giorgio Agosti, Vittorio Foa. «
Venivamo giudicati scavezzacolli e saltasiepi - ricordò in un' intervista -
parlavamo di rivoluzione democratica, ma eravamo nel Paese una sparuta minoranza».
PARTITO D'AZIONE - Durante la Seconda Guerra Mondiale, era stato partigiano combattente e rappresentante del Partito d'Azione nel Cln (Comitato di Liberazione Nazionale) del Piemonte. Da allora, rimase sempre fedele al filone della democrazia radicale, un'idea da lui sempre sostenuta con l’
intensa attività pubblicistica su «La Stampa», «Il Ponte», «L'Astrolabio», «L'Espresso», nonchè con lavori più organici come quelli sui radicali italiani dal 1849 al 1925 e su Felice Cavallotti.
Senatore della sinistra indipendente, molto sensibile alle tematiche dei diritti civili, aveva inoltre dato alle stampe numerosi manuali di educazione civica per le scuole, mentre sul versante storiografico si era occupato dei rivoluzionari sette-ottocenteschi come Babeuf, Buonarroti, Romme. Nel 1984 aveva pubblicato il volume «I miei maggiori» dove aveva ricordato i maestri di libertà della sua generazione, da Omodeo a Calamandrei, da Einaudi a Salvemini, tutti personaggi da cui Galante Garrone aveva derivato un insegnamento di vita e di pensiero,una «
passione di libertà - come lui stesso diceva -
sempre illuminata dalla ragione».
ASSOCIAZIONE - Nel dicembre 1993 era stato tra i fondatori, insieme ad Aldo Garosci, Franco Venturi, Arialdo Banfi, Giorgio Parri e Aldo Visalberghi, dell' associazione «
Movimento d'Azione giustizia e libertà». Un nome che esplicitamente rimandava al fatto che i promotori del movimento erano stati partigiani della formazione «
Giustizia e libertà» e militanti del «
Partito d'Azione».
E proprio a quelle posizioni politico-culturali questa associazione, come lo stesso Alessandro Galante Garrone, intendeva riallacciarsi per farle uscire dall'emarginazione voluta dal regime partitocratico e per
riaffermare e trasmettere il pensiero di Gaetano Salvemini, la critica liberale di Piero Gobetti e il socialismo liberale di Carlo Rosselli.
Tra i suoi scritti principali: «Buonarroti e Babeuf»(1948); «Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento» (1951); Gilbert Romme, Storia di un rivoluzionario» (1959); «I radicali in Italia, 1849-1925» (1973); «Felice Cavallotti» (1976); «I miei maggiori»(1984); «Zanotti Bianco e Salvemini» (1984); «Padri e figli» (1986); «Calamandrei» (1987); «Amalek, il dovere della memoria» (1990); «Il mite giacobino» ; «L'Italia corrotta» (1895-1996); «Cento anni di malcostume politico» (1996).
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