Continuità? Non con le idee della Moratti
Maria Chiara Acciarini, Alba Sasso - 30-10-2003
La scuola italiana, "percossa e attonita" dopo la lettura della terza finanziaria del governo Berlusconi che le toglie prospettive e risorse, ha potuto apprendere in questi giorni una rincuorante notizia. D'Alema: “Un centro sinistra che pensa di tornare al governo non può pensare di fare come la Moratti, usare il metodo del punto e a capo, la scuola non può sopportare una rivoluzione ogni cinque anni".

L'occasione per queste considerazioni è stato un seminario a porte chiuse alla Fondazione Italianieuropei, nel corso del quale è stato presentato il lavoro del gruppo guidato da Vittorio Campione e Luisa Ribolzi. La presenza in questo gruppo di Giuseppe Bertagna, il padre della controriforma Moratti, e di Franco Nembrini della Compagnia delle Opere garantiva il carattere rigorosamente bipartisan della riunione.
Ma cosa può voler dire per la scuola italiana una linea di continuità fra le politiche scolastiche della Casa delle Libertà e quelle dell'Ulivo? Certo, Moratti, appena arrivata al governo, ha perseguito con determinazione la politica del “punto e a capo”. E perché Moratti ha cancellato tutto quanto realizzato o avviato dal centro sinistra: dalla riforma dei cicli scolastici, che era pronta a partire, all’esame di Stato stravolto nella sua funzione di verifica finale, un aiuto consistente ai diplomifici e alle scuole private?
Perché ha in testa riforme migliori o perché ha un’altra idea dell’istruzione e della società? E si può condividere una politica che mette in discussione il diritto di ognuno a un istruzione di qualità - la riduzione dell’obbligo scolastico -, che precarizza il lavoro, col blocco di ogni nuova assunzione in ruolo? Che considera istruzione, Università e ricerca terreni di risparmio e non scelte strategiche per lo sviluppo del Paese? I "tagli" di risorse umane e finanziarie sono sotto gli occhi di tutti e si sono tradotti in una allarmante riduzione di tutti gli elementi che costituiscono la qualità della scuola: il sostegno all'handicap, l’integrazione per i bambini extracomunitari, i fondi per l'autonomia scolastica, gli investimenti nell'edilizia.

Per il prossimo anno scolastico si annuncia la scomparsa del tempo pieno e del tempo prolungato, sostituiti da improbabili ipotesi di un "tempo scuola" di durata variabile e aleatoria, da contrattare di volta in volta con le singole famiglie. D'altronde Moratti non si stanca di ripetere che gli insegnanti sono troppi e addirittura gli altri lavoratori della scuola (bidelli, tecnici, segretari) sono "un debito" per il bilancio dello Stato, come ha affermato nel corso dell'illustrazione della Legge finanziaria alla Commissione cultura del Senato. E non c’è investimento nemmeno per la stessa "riforma Moratti": degli 8 miliardi euro di finanziamento in cinque anni, promessi e sbandierati a settembre sui giornali, nella finanziaria del 2004 compaiono solo 90 milioni, pari all'1,1% (per completare la cifra, a questo ritmo ci vorrebbe quasi un secolo!). Insomma le politiche pubbliche arretrano e la scuola diventa un servizio che ognuno si compra a seconda di quanto se lo può pagare.

Se il centrosinistra tornerà, speriamo il più presto possibile, a governare il paese, ci troveremo di fronte ad un sistema scolastico pubblico stravolto e impoverito. E allora di che cosa si parla quando si esprime il concetto di continuità?
Purtroppo sembra esserci una sola risposta: la continuità deve riguardare il rapporto fra scuola pubblica e privata, rapporto sul quale Moratti sta costruendo, insieme ai governatori del centrodestra, il vero asse del suo progetto.

Mettere sullo stesso piano, facendole competere fra loro scuola privata e scuola pubblica. Questo d'altronde è anche il modello che il gruppo di lavoro Campione-Ribolzi, autodefinitosi del buon senso", considera necessario per innovare il sistema scolastico italiano. In realtà è un modello che è ben lungi dal rappresentare una sconvolgente novità: è già stato sperimentato, in modo particolare negli Stati Uniti d'America, e non ha funzionato, perché in quel paese si è sensibilmente innalzato il tasso di analfabetismo di ritorno. Nelle indagini sulle nuove povertà negli Stati Uniti d'America è risultato che i genitori sono costretti a contrarre forti debiti per assicurare ai propri figli un'istruzione che li metta in grado di inserirsi positivamente nella società e, soprattutto, nel mercato del lavoro. Anche l'enfasi sulla formazione professionale come canale alternativo alla scuola, di marca tutta tedesca, appare ormai anch'essa in via di superamento proprio nel paese che più l'ha praticata.

E allora? E' questa la proposta sull'istruzione e la formazione del centrosinistra: la ripresa di modelli discriminanti e in parte superati in altri paesi del mondo? A noi sembra che l'opposizione, nel delineare il proprio programma di governo, debba avere altri punti di riferimento. Siamo più che mai convinti che non sia il caso di attardarsi a rievocare luci ed ombre dei governi Prodi, D'Alema e Amato in materia di politica scolastica e formativa. Occorre andare avanti e delineare un progetto, che partendo dal diritto costituzionale all'istruzione obbligatoria e gratuita, garantisca più scuola per tutti. Occorrerà ripensare l'obbligo scolastico e innalzarlo a diciotto anni, sia pure con eventuali integrazioni con esperienze di formazione professionale e di alternanza scuola-lavoro; garantire la generalizzazione della scuola dell'infanzia; ribadire la continuità fra la scuola elementare e la scuola media; investire nella formazione lungo tutto l'arco della vita; valorizzare la professionalità di tutto il personale della scuola; rilanciare l'autonomia delle singole scuole. Per fare tutto questo deve essere compiuta una scelta decisa sulla destinazione delle risorse pubbliche: una quota più elevata del PIL deve essere destinata al sistema dell'istruzione e della formazione. Insomma, ci sembra che sulle macerie del governo di centro destra, anche in questo campo, si debba aspirare ad una vera trasformazione, in una linea di decisa discontinuità.

Maria Chiara Acciarini
Alba Sasso
Parlamentari Ds
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 Maria Luisa Jori    - 01-11-2003
Condividendo la necessaria discontinuità di una politica dell'instruzione di sinistra rispetto al sistema istituito dalla riforma Moratti(, parità tra scuola pubblca e privata, doppio canale, ecc.), aggiungerei le seguenti osservazioni:

1.l' unica continuità da rispettare è quella con il meglio della scuola reale. Si ascoltino gli insegnanti e i dirigenti scolastici più impegnati nel rinnovamento della didattica e dell'organizzazione scolastica, gli operatori dell'istruzione che da anni quotidianamente cercano di sperimentare adeguamenti dell'istituzione alla realtà sociale e culturale del nostro paese;

2. bisogna porre l'accento anche sulla formazione iniziale degli insegnanti, affinchè si possano garantire docenti adeguati ai bisogni formativi delle ultime generazioni. tale obiettivo si raggiunge soltanto attraverso la sinergica collaborazione tra scuola e università. La stessa crisi culturale in cui viviamo richiede un ripensamento dei contenuti dei saperi fondamentali, che né la ricerca universitaria né la pratica scolastica possono separatamente, autonomamente, affrontare in modo adeguato alle esigenze della società contemporanea, in continua e rapida trasformazione.

 giorgio dellepiane garabello    - 02-11-2003
Mi pare che il documento della Acciarini alla fin fine cada nel medesimo errore che denuncia, affermando che la Moratti sta facendo solo cose sbagliate. Si dimentica ad esempio che sono appena state investite risorse per la ricerca universitaria, ma con il presupposto "soldi se c'è un progetto qualitativamente valido".
Per altro vedo fughe sul pianeta Urano, vedi sito Puntoedu, presentazione (con M. Power Point) del progetto di e-learnig.
D'accordo invece sul valorizzare quanto c'è di buono nell'esistente, quindi risorse da fornire a chi fa progetti di qualità.
Ma non ho letto una sola parola sulla valutazione del lavoro, sulla certificazione dei risultati ...vogliamo mica sperare nel ritorno di risorse date a pioggia?

 Teo Orlando    - 02-11-2003
Scrivono la Acciarini e la Sasso:
"E allora? E' questa la proposta sull'istruzione e la formazione del centrosinistra: la ripresa di modelli discriminanti e in parte superati in altri paesi del mondo? A noi sembra che l'opposizione, nel delineare il proprio programma di governo, debba avere altri punti di riferimento".

Sul fatto che l'opposizione debba avere altri punti di riferimento, sono d'accordo. Sennonché, non si capisce dal testo delle due parlamentari DS quali debbano essere tali punti di riferimento. Tuttavia, avendo letto le considerazioni sulla riforma Berlinguer che soprattutto la Sasso veniva svolgendo da presidente nazionale del CIDI, questi punti di riferimento assomigliano troppo alle elucubrazioni di stampo demagogico e pedagogistico che a quelle considerazioni si accompagnavano.

"Siamo più che mai convinti che non sia il caso di attardarsi a rievocare luci ed ombre dei governi Prodi, D'Alema e Amato in materia di politica scolastica e formativa".

Qui c'è innanzitutto una contraddizione latente: come si può criticare in modo così duro la posizione bi-partisan assunta attualmente da D'Alema e dal gruppo di pressione che ruota attorno a "Il Riformista" e poi ritenere che non valga la pena di rievocare le luci e le ombre dei passati governi, tra cui quello D'Alema, in fatto di politica scolastica? Non sarà che le idee attuali di D'Alema affondano nella sua esperienza governativa? Non è stato durante il suo governo che è stata approvata la sciagurata legge sulla parità?
Insisto invece sul fatto che la sinistra debba riprendere in esame proprio i propri errori, fare una seria autocritica, alla luce, per esempio, delle critiche serrate ma meditate, che proprio intellettuali di sinistra ma fuori dal coro svolsero contro la riforma Berlinguer: penso ai pamphlets di Lucio Russo, Giulio Ferroni, Massimo Bontempelli, Antonio La Penna: qualche mese fa tentai invano di suscitare un dibattito in questa sede sulle tesi contenute in questi libri. Non ricevetti risposte, tranne quella, invero un tantinello sprezzante, di Ilaria Ricciotti, che liquidò il mio invito con sufficienza dicendo che si trattava di vane parole e si rifiutò di prendere in considerazione l'idea di leggere e meditare sui libri da me suggeriti.

"Occorre andare avanti e delineare un progetto, che partendo dal diritto costituzionale all'istruzione obbligatoria e gratuita, garantisca più scuola per tutti".

Benissimo: allora si dica apertamente che la riforma della sinistra, togliendo un anno al ciclo elementari+medie, non garantiva più scuola per tutti, ma proprio il contrario (senza parlare dei tagli al personale docente, non minori di quelli della Moratti).

"Occorrerà ripensare l'obbligo scolastico e innalzarlo a diciotto anni, sia pure con eventuali integrazioni con esperienze di formazione professionale e di alternanza scuola-lavoro";

Bene: allora si abbia il coraggio di dire che la sinistra non aveva esteso l'obbligo fino a 18 anni, ma solo fino a 15 e si era trincerata dietro la fumosa espressione di "diritto-dovere" alla formazione.

"garantire la generalizzazione della scuola dell'infanzia";

D'accordo.

"ribadire la continuità fra la scuola elementare e la scuola media";

Ecco, questo è uno dei pregiudizi pedagogistici che io non condivido affatto e che solo i vari Maragliano e soci sostengono a spada tratta. Tra l'altro, anche nella riforma Moratti tale continuità è presente.

"investire nella formazione lungo tutto l'arco della vita";

D'accordo.

"valorizzare la professionalità di tutto il personale della scuola";

Sì, ma in termini concreti, che volete dire? Per esempio, perché oltre ai supervisori del tirocinio non si è tentato di far insegnare nelle SSIS un numero più cospicuo di professori di scuola secondaria con idonei contratti?

"rilanciare l'autonomia delle singole scuole".

D'accordo, sempre che questo non voglia dire perdere tempo con POF, IDEI e altre sciocchezze del genere.

"Per fare tutto questo deve essere compiuta una scelta decisa sulla destinazione delle risorse pubbliche: una quota più elevata del PIL deve essere destinata al sistema dell'istruzione e della formazione. Insomma, ci sembra che sulle macerie del governo di centro destra, anche in questo campo, si debba aspirare ad una vera trasformazione, in una linea di decisa discontinuità".

Benissimo. Ma vogliamo scommettere che se vincerà il centro-sinistra, il Ministro dell'Economia di turno (chi sarà? Visco? Draghi?) dirà subito che non ci sono soldi perché bisogna rimediare ai guasti di Tremonti? E se invece le parlamentari in questione con un atto di coraggio si impegnassero, sempre nel caso di vittoria della sinistra, a un raddoppio sic et simpliciter della quota del PIL destinata a istruzione e ricerca, pena le loro dimissioni in caso contrario?

Prof. Teo Orlando - dottore di ricerca in filosofia


 ilaria ricciotti    - 07-11-2003
Vorrei tanto sapere da Teo Orlando, lette le sue disquisizioni, da me non condivise, sul tema proposto dalle deputate DS, che tipo di scuola vorrebbe per gli studenti italiani , poveri e ricchi, intelligenti ed "asinelli" e che ne pensa dell'appello di " Fuoriregistro"indirizzato a tutti gli italiani .

 Teo Orlando    - 08-11-2003
Per Ilaria Ricciotti:
Cercherò di rispondere brevemente, anche se gli argomenti richiederebbero molto spazio.
Riguardo l'appello: se ti riferisci a quello relativo agli istituti tecnici e professionali, lo condivido nello spirito e nella sostanza. Rilevo però una contraddizione latente: come si può sostenere con tanta convinzione il modello dei "vecchi" istituti tecnici e professionali, contro il sistema "duale" prefigurato nella riforma Moratti e poi sostenere l'idea del biennio delle superiori unitario fino quasi all'unicità? In qualche modo, questa idea è figlia di un pregiudizio: quello della subalternità della cultura tecnico-pratica, per cui il modello di formazione più "alto" da assicurare indiscriminatamente a tutti sarebbe necessariamente quello liceale. Questo poteva valere ai tempi di Don Milani, quando un tipo di scuola per le classi subalterne si contrapponeva realmente ai licei classici e scientifici a cui erano destinati i rampolli delle classi dirigenti. Ma ora i meccanismi dell'esclusione e discriminazione sociale sono altri e più complessi. In qualche modo, l'istituto tecnico potrebbe mantenere la propria identità proprio perché già dal biennio saranno presentate in forma robusta le sue materie caratterizzanti, come il liceo classico la manterrà se il latino e il greco non saranno ridotte, come all'estero ormai è pratica invalsa, a materie opzionali. L'alternativa è quella di una scuola appiattente con contenuti indifferenziati. Se si vuole una selezione per
merito e non per censo, occorre proprio sottolineare il fatto che le vocazioni, i talenti e le attitudini saranno valorizzati con contenuti forti e non con una generica assistenza sociale agli studenti. Di una scuola pubblica qualitativamente indifferenziata, potrà giovarsi solo la scuola privata, verso cui i genitori più ambienti dirotteranno i propri figli.
Quanto al tipo di scuola che vorrei per gli studenti italiani, mi limito a rimandarti al libro di Lucio Russo, "Segmenti e bastoncini", Milano, Feltrinelli, 1998 sperando che possa trovare un po' di tempo per leggerlo
Qui trovi comunque un'intervista in cui riassume le sue idee sulla scuola:
http://www.agesc.it/PoliScol/RioCicli/PuntaBas.htm
E una recensione del suo libro:
http://www.graffinrete.it/tracciati/storico/anno98/seg&bast.htm
Infine, vorrei precisare una cosa: essere contro l'attuale governo (la cui sciagurataggine emerge soprattutto in provvedimenti come il blocco delle assunzioni nella scuola e nell'università), non vuol dire avallare automaticamente tutto quello che è stato fatto dai governi precedenti: anzi, se il centro-sinistra ha perso le elezioni, questo è dipeso anche, a mio sommesso parere, dalla sua politica scolastica che gli ha alienato tante simpatie della classe docente. Anche se almeno Berlinguer discuteva e si confrontava pubblicamente con tutti, mentre la Moratti no.
Prof. Teo Orlando - dottore di ricerca in filosofia

 Maria Cristina Rinaldi    - 20-11-2003
Perfettamente d'accordo! Mi preoccupa molto, comunque, ascoltare e leggere le opinioni di certi esponenti del centro-sinistra, che inviterei ad un "viaggio" nelle scuole pubbliche italiane (con o senza pullman) per vedere le condizioni degli edifici, ascoltare il personale e cogliere il loro stato d'animo, rendersi conto di come si fa scuola ogni giorno, con grande qualità grazie soprattutto ai salti mortali del personale della scuola e di una pattuglia di genitori consapevoli. Però che stanchezza!