lidia levi - 02-11-2003 |
Non siamo tenuti a comunicare lo sciopero all' amministrazione, ma non vedo perchè non comunicarlo agli allievi: oltretutto è un modo di spiegare le proprie ragioni e di fare una lezione di educazione civica. non scioperiamo certo contro i nostri alunni! |
RICCARDO RICCIONI - 03-11-2003 |
MI SEMBRA CHE NELLA NS/ COSTITUZIONE CI SIA UN CERTO ART 39 OLTRE A QUESTO DATOSI CHE GLI INSEGNANTI SI RITENGONO "EDUCATORI", DOVREBBERO COMPORTARSI IN CONSEGUENZA, COMUNICARE L'ADESIONE AD UNO SCIOPERO, MI SEMBRA PIU' EDUCATIVO CHE FAR ARRIVARE ALLE PORTE DI UNA SCUOLA ALUNNI, MAGARI ANCHE DA FUORI CITTA' E RIMANDARLI A CASA, SE POI INVECE SI VUOL CREARE IL MAGGIOR DISSERVIZIO POSSIBILE E' CERTAMENTE UN DIRITO, MA PER FAVORE NON AUTODEFINITEVI "EDUCATORI", FATE SCHIFO COME AVETE SEMPRE FATTO, TOLTE LE DEBITE ECCEZIONI E SE LO DICO IO CHE HO UNA VENERANDA ETA' E' CHE VI HO "ASSAGGIAT0" COME ALUNNO E COME GENITORE PENSO DI AVERE ARGOMENTI IN MERITO. PER FAVORE SCENDETE UN POCHINO DAL VS/ SCRANNO |
Emanuela Cerutti - 03-11-2003 |
L'articolo 39 recita: L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. Questo significa, tra le altre cose, che un lavoratore ha diritti intrinseci al suo stesso stato. Non ci sono azioni di protesta che non nuocciano a qualcuno o qualcosa, neppure quelle dei bambini che fanno i capricci ed incrociano le braccia rifiutandosi di mangiare. Ma naturalmente le categorie più a rischio, quelle che hanno a che fare con un'utenza più debole, cercano di darsi da fare per creare il minor disagio. Questo si chiama compromesso, cioé apertura, tentativo di mediazione tra esigenze di lavoratori (tali sono anche i genitori). In quanto allo schifo, è la sensazione che provo io stessa davanti a commenti offensivi, generalizzanti e certamente parziali, sulla categoria di cui faccio parte (ma arriverei a dire del mio mestiere), e di cui contribuisco a disegnare l'immagine. Del testo il conflitto pare essere la nostra natura più profonda e rabbie o delusioni provocano allontanamenti pericolosi e poco costruttivi. Sarebbe più utile tentare strade di dialogo: ancora non mi arrendo all'impossibilità. |
andrea biso - 04-11-2003 |
Premesso che, sul piano morale, apprezzerei piut-tosto l'insegnante che apertamente dichiarasse anti-cipatamente le proprie intenzioni, limitando le "non risposte" ai pochi che effettivamente fossero incerti fino all'ultimo, ritengo tuttavia che il problema sia mal posto. In effetti è al dirigente che spetta la comunica-zione alle famiglie e, nei limiti del possibile, la limita-zione del disagio: se il dirigente ha garanzia di pre-senze in servizio sufficienti può comunicare alle famiglie che "causa sciopero le attività scolastiche potrebbero subire variazioni" il che vuol dire:"mandate pure a scuola i vostri figli: non sappiamo cosa faran-no in realtà ma non li rimanderemo indietro"; se inve-ce ha solo delle "non risposte" dovrebbe concludere che neppure l'accoglienza e la vigilanza potrebbero essere anticipatamente garantite e allora, come chia-ramente dispongono le norme, dovrebbe dichiarare la chiusura ufficiale della scuola, comunicandolo ai CSA almeno 24 ore prima e informando le famiglie della sospensione del servizio. In realtà quest'ultima ipotesi è vista come il fumo negli occhi dai dirigenti, non si sa se per spirito proprio o per dissuasioni superiori e quindi più in là della "non garanzia" non vanno. Ma allora sono i dirigenti che, magari perchè pensa-no di conoscere i loro "polli" anche senza risposte, che giocano d'azzardo sul rischio per gli alunni. Ritengo tuttavia che, in assenza di una preventiva comunicazione di chiusura, i minori che arrivano a scuola non possano essere rifiutati: si faccia con quel che c'è, magari si chieda l'aiuto dei servizi sociali o delle forze dell'ordine, ma li si trattiene fino all'orario di uscita previsto (salvo poi rispondere degli errori previsionali eventualmente commessi). |