Il burn-out non è un'invenzione giornalistica
Giuseppe Donnarumma - 05-10-2003
in relazione a certe prese di posizione sull'inchiesta pubblicata dall'Espresso, credo che sia opportuno chiarire alcuni aspetti. Infatti l'articolo non mi sembra affermasse che tutti i professori sono scoppiati, ma è innegabile che un'inchiesta condotta a Milano sulle cause di uscita anticipata dal lavoro di varie categorie del pubblico impiego, ha, dati alla mano, dimostrato che i docenti escono anticipatamente dal lavoro per motivi psichiatrici in misura doppia o tripla rispetto alle altre categorie prese in esame. Quindi c'è poco da scandalizzarsi, ma solo da ragionare e d'altra parte la presenza della sindrome del burn-out tra i docenti è stata anche evidenziata da una ricerca condotta negli anni ottanta nel Friuli dalla Università di Padova e pubblicata dalla Biblioteca dell'Immagine nei quaderni di Medicina sociale. D'altra parte ancora la Commissione Europea per la definizione delle "Linee guida per la sicurezza sul lavoro" per il quadriennio 2002-2006 raccomanda che i datori di lavoro prestino particolari attenzioni all'integrità psici-fisica dei loro dipendenti e non credo che il richiamo sia estemporaneo o casuale. Allora teniamo presente che la scuola è caratterizzata da un'incessante attività relazionale complessa e lo diventa sempre più per i mutamenti nell'organizzazione del lavoro, per la necessità ormai sempre più sentita, perchè inevitabile, di offrire un servizio il più possibile di qualità in condizioni ambientali e strutturali spesso poco favorevoli quando non impossibili ( ricordiamo che per la dispersione scolastica siamo quasi ultimi in Europa); un'attività relazionale che diventa sempre più difficile per i cambiamenti di costumi, comportamenti e stili cognitivi dell'utenza, senza risorse a disposizione per potervi fare fronte e per di più assistiamo a provvedimenti sugli organici e a criteri di formazione delle classi che rendono sempre più pesante il lavoro. Inoltre, il training insufficiente, l'assenza di possibilità di carriera, i controlli sugli apprendimenti e la valutazione del dirigente scolastico non contribuiscono certo a rendere più leggera la condizione docente. Tutto ciò provoca profondo disagio sui docenti, ancorchè appassionati, generando assenteismo e conflittualità, ma sulle personalità più deboli o su quei docenti con problematiche private particolari non è peregrino intuire che possa generarsi un disagio psichico profondo, quindi la sindrome del burn-out, prodromo, per alcuni, della malattia psichiatrica. E su questo il sindacato deve rivolgere la sua attenzione perchè altre figure entrino nella scuola a sostenere il lavoro del docente o perchè sia rivisitata per la scuola la figura del medico competente previsto dal D. L.vo 626/94.
Vi ringrazio per l'ospitalità.
Giuseppe Donnarumma, docente e componente Commissione Parità
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 ilaria ricciotti    - 05-10-2003
Ho ritenuto doveroso intervenire tanto per far sapere a coloro che hanno fatto tale sondaggio che io e molti altri colleghi abbiamo scelto liberamente di "essere colocati a riposo", non perchè stressati, tutt'altro, perchè fortemente spaventati dal destino pensionistico che ci veniva propinato. A 55 anni io avrei avuto ancora tanto da offrire ai miei alunni, ma ho dovuto fare, con molto rammarico, che non digerisco ancora, una scelta di vita drammatica, perchè costretta e non voluta. Per quanto concerne il fatto che molti nsegnanti abbiano turbe psichiche, be' vorrà dire che come i giudici il nostro DNA è predisposto a certe malattie, forse perchè amiamo molto quello che io considero non un mestiere, ma un'arte, quella di essere insegnante. Inoltre se veniamo considerati poco sani di mente, il nostro lavoro, come quello di molte altre categorie, dovrebbe essere considerato un lavoro "usurante" e non dovremmo rimanere fino a 60 o 65 anni a scuola a far danni.