Una domanda a Panini e alla sinistra
Marino Bocchi - 30-09-2003
Questo governo fa paura. La senti, la paura, se giri per le strade, fra i banchi dei mercati, sull’autobus, a scuola, dovunque. E’ quasi sempre una dimensione esistenziale, informe, quasi mai consapevole. Non è neppure detto che, votando oggi, si tradurrebbe in voti all’opposizione. C’e’ motivo di pensare, anzi, che potrebbe accadere il contrario, perché la paura può prendere strade imprevedibili e sfociare in atteggiamenti di chiusura, nella tentazione di sbarrare porte e finestre, di dar sfogo a pulsioni irrazionali.
E non è allora neppure da scartare l’ipotesi che la paura, da parte di chi ci governa, nasca da un progetto scientificamente predisposto e infine veicolato dall’apparato mediatico tutto concentrato nelle mani di uno solo.
La paura ha giocato un ruolo importante, a questo fine, nella storia dell’occidente; è stata voluta, artificialmente provocata, strumentalizzata dal potere in tutte le sue declinazioni. I regimi totalitari ne hanno sempre fatto un puntello al sostegno plebiscitario.

La paura può produrre pregiudizi, intolleranza e violenze di massa, fino al genocidio. L’angoscia l’alimenta, l’aggressività è il suo canale di sfogo
Se resta allo stato latente, se nessuno ci aiuta a sottoporla al vaglio del giudizio critico, di frequente finisce per spostare la causa che la produce e allora individua la sua origine in un bersaglio fittizio, quello che il potere, con la sua macchina propagandistica, ci instilla nella mente, facendoci il lavaggio del cervello.
La storia è ricca di tali, tragici esempi di rimozione, di uso occulto dell’arte di mistificare, deviare, camuffare. Esistono al riguardo molti saggi sull’argomento, a partire dal vecchio ma fondamentale, almeno per me, “La paura in Occidente”, di Jean Delumeau , SEI, Euro 11,36.
I meccanismi di fondo della paura possono dunque essere analizzati sia nell’ambito della psicologia individuale che di massa. E medesimo è il ruolo degli agenti, dal Potere propriamente detto, ai micro-poteri: famiglia, scuola, mass media, ecc.

Ciò che sta accadendo oggi in Italia è l’ennesima conferma alla regola. Prendiamo, come primo esempio, la scuola. Il disagio giovanile è, nell’opinione di tutti gli studiosi, l’effetto di uno stile di vita imposto dalla cultura dominante che produce sofferenza e senso di inadeguatezza. Invece di aiutare i giovani, tramite le agenzie della formazione primaria (insegnanti, famiglie), a compiere un’opera di introspezione, di riflessione che illumini le cause profonde del disagio, il potere gioca, come al solito, la carta della rimozione e sostituzione del dato reale, oggettivo, con un feticcio: il disagio sarebbe il frutto di scelte sbagliate, di una perdita di valori, di una mancanza di ruolo della famiglia, ecc. Si verifica qui un classico esempio di inversione, per cui la causa diventa l’effetto e viceversa. E il recupero di quegli stili di vita che sono all’origine del fenomeno viene invece posto come obiettivo terapeutico. Trasformano il disagio da fenomeno culturale, collettivo in problema medico-psicologico, individuale. Si tratta di una strategia pericolosissima perché riduce la scuola da ente di formazione ad apparato disciplinare.

Lo stesso processo lo si può verificare anche nel modo in cui viene gestito il problema della sicurezza. L’ansia dei cittadini, la paura dovuta ad un sistema di governo che per insipienza, approssimazione, indifferenza, cancella i valori del senso civico, della tutela ambientale, della manutenzione efficiente delle grandi infrastrutture, e lo fa per interessi speculativi, vengono orientate su alcuni falsi obiettivi, dove non sai mai se prevale il cinismo o l’incultura: e quindi i migranti diventano il capro espiatorio, gli untori, la minaccia principale al benessere e al nostro sistema di vita, come se non fosse proprio questo sistema di vita la fonte del senso di generale insicurezza che ci affligge. E il problema delle infrastrutture, dai trasporti all’energia, si risolve gettando tonnellate di cemento o costruendo nuove centrali, alimentate da gas, carbone e petrolio, tutte sostanze gravemente inquinanti. Di nuovo il capovolgimento causa-effetto.

Tornando alla scuola e per restare in tema, ho letto con molto interesse le dichiarazioni del segretario della CGIL Scuola Enrico Panini sul Convegno di San Patrignano. Dichiaro subito che mi sono parse inconsistenti e reticenti e siccome si tratta del sindacato a cui sono tenacemente iscritto da 20 anni, mi spetta il diritto al dissenso.
Panini evita di parlare delle cause del disagio: gli stili di vita improntati al darwinismo sociale dell’ideologia liberista. Verso la quale la CGIL ed il centro sinistra nella passata legislatura hanno mantenuto un atteggiamento compromissorio e in parte connivente. Quindi non basta affermare che il disagio va gestito dalla scuola pubblica, dagli insegnanti. Occorre aggiungere che la scuola, se vuole davvero assolvere alla funzione che Panini le assegna, deve essere svincolata dalle logiche dell’apparato di dominio sociale e culturale, dai suoi dogmi e principi ideologici: tutte cose che invece erano presenti nella riforma Berlinguer, anche se all’interno di un disegno che teneva conto di ben altri e alti valori rispetto a quello della Moratti.

E' disposto Panini, sul tema del disagio, a fare questa puntualizzazione?
E' disposta l'opposizione, sul progetto complessivo di società, a fare altrettanto?
Si tratterebbe di una revisione radicale della cultura politica che ha guidato gli indirizzi della sinistra negli ultimi decenni ma non c’è alternativa. Perché senza questa operazione di verità, il disagio, la sofferenza, la paura di tutto un popolo non è detto che prendano la direzione che noi vorremmo. Come la storia insegna.

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 ilaria ricciotti    - 30-09-2003
La tua analisi sociale e politica di una situazione italiana che sta andando alla deriva, pur condividedola nella sostanza, mi induce a risponderti così:
-Io quando ha governato il centro sinistra non provavo paura, anzi, quando avvertivo che esso stava sbagliando, più di una volta, come cittadina ed insegnante, mi sono sentita in diritto-dovere di esternare le mie opinioni, senza mezzi termini. Tanto che avevo istituito un "filo diretto" ad esempio con Il Ministro Berlinguer, chiamandolo "school list": un interscambio di idee, di bisogni, di verifiche positive e negative. E' stata un'esperienza molto civica molto bella, con la quale ho voluto ed ho percepito che le Istituzioni fossero vicine a noi cittadini. Ora, caro Marino, anche se continuo lo stesso ad esprimere civilmente, come ho sempre fatto, il mio dissenso, avverto che esso è comune a tanti altri italiani, ma che l'istituzione non ne tiene conto, anzi...E qui mi fermo perchè potrei dar sfogo a quella paura di cui tu parli, ma essere più semplice ed immediata nell'esprimerla. Comunque sia, aspetto con ansia le prossime elezioni e spero tanto che ritorni a vincere il centro sinistra, non commettendo più quegli errori che l'ha fatto naufragare. Per questo in molti stiamo iniziando fin da ora, pur non avendo mezzi di comunicazione a nostra disposizione, una propaganda quotidiana contro le scelte politiche inaccettabili di questo governo. E tu?

 Enrico Panini    - 30-09-2003
Caro Bocchi,
appena avuto conoscenza del Convegno europeo promosso dal Ministro Moratti, ho ritenuto prioritario denunciare l’avvenimento e lanciare una mobilitazione contro le chiare scelte che emergono dalla decisione di parlare a San Patrignano di disagio giovanile e dispersione scolastica.
Mi riferisco al modello del contenimento, della separazione, all’affidamento al volontariato. Mi riferisco alla negazione della scuola (alcuni direbbero, la disconferma) e del lavoro fatto dagli insegnanti.
Non ho parlato delle cause del disagio perché intendevo denunciare il valore dirompente dell’iniziativa del Ministro. Quindi nessuna reticenza, semplicemente la scelta di una modalità di comunicazione perchè delle ragioni del disagio e della dispersione avremmo voluto discutere negli stessi giorni a Rimini (in un appuntamento che stavamo già definendo) ma altre iniziative sono state programmate sul territorio in quei giorni e sarebbe stato incomprensibile dividerci in tanti rivoli.
A maggior ragione sono assolutamente d’accordo con te sull’esigenza di indagare le radici vecchie e nuove che determinano i disagi. Per altro, considero molte delle cose che tu hai scritto sull’argomento assolutamente convincenti. Rimango convinto che sia necessario un ruolo esplicito delle istituzioni democratiche e del territorio rompendo ogni delega impropria alla sola scuola. Ma ritengo che su questo punto anche tu sia dello stesso avviso. Considerami, fin da ora, disponibile al confronto che tu solleciti anche perché le reticenze non mi hanno mai convinto. Troviamo un luogo, una sede, e facciamolo rapidamente. Poi c’è la rete ma ritengo utile mettere insieme, contemporaneamente, tutti coloro che sono interessati. Nel caso, nessun problema, per quanto mi riguarda, ad organizzare direttamente questo appuntamento considerato che ci stavamo già lavorando. Il confronto mi aiuterà anche a capire meglio alcune affermazioni che hai fatto sulla Cgil e che non condivido. A Presto.
Enrico Panini



 Grazia Perrone    - 30-09-2003
La "paura" - o disagio sociale - di cui parla Marino la si avverte nella misura in cui il dissenso viene criminalizzato e la libertà di espressione - ridotta a simulacro - viene considerata alla stregua di una "pazzeria" o, peggio, di un insulto da ... querelare.

Vi sono scuole nelle quali il diritto di parola viene inibito, contrastato, ostacolato, calpestato, censurato.

In cui i verbali degli organi collegiali non vengono mai letti per l'approvazione e - quando dopo reiterate ed estenuenti richieste verbali - ciò avviene, alcuni interventi sono riportati in modo ... "originale". Diciamo così.

In talune scuole avviene anche di peggio ... in verità.

Il Segretario Generale CGIL-scuola, fino ad ora, poteva far finta di non saperlo.

Ora non più.

 Emanuela Cerutti    - 30-09-2003
Rapidamente possiamo già farlo, Enrico, senza aspettare un convegno. E la rete credo sia il posto giusto, il posto migliore, quello che apre le porte e permette la discussione a 360°. La rete significa la possibilità di accogliere critiche e dissensi non guidati attraverso gli strumenti che conosciamo, esprimendo dubbi e idee, rispondendo giorno per giorno alle domande e alle critiche di molti. Molti che costituiscono la trama su cui il sindacato o la sinistra, per restare agli interlocutori di Bocchi, si costruiscono. Senza non esisterebbero, siamo d'accordo credo.
La rete permette di uscire fuori dalle chiuse porte dei meeting e di allargare il confronto, con democratica correttezza. I convegni li conosciamo: parla chi deve, tante volte, e non c'è mai il tempo di andare fino in fondo. Ora, se da tante, tantissime parti sale la richiesta di un "programma", che sia davvero alternativa al Governo che non ci rappresenta, quale luogo migliore per la sua costruzione?
Certo, la rete, libera e vasta, potrebbe riservare sorprese: storie locali o esperienze personali che, insieme, danno quadri poco rassicuranti rispetto al futuro. Ma noi, che da buoni insegnanti crediamo alla forza educativa dell'errore, non ne abbiamo paura.
La rete non ha fretta: abbiamo avuto tanto di quel tempo prima che la fretta, ora, è persino ridicola.
Ma ha una grossa forza, quella di entrare nelle case della gente che chiede risposte. A noi la responsabiltà di non darle.
Ciao
Emanuela

 ilaria ricciotti    - 30-09-2003
Pur non essendo nè il portaborse nè l'amica di Panini, non capisco le esternazioni di Grazia, quando riferisce ciò che avvengono nelle scuole e, riferendosi proprio a Panini, termina col dire "...ora lo sa". Io penso che non occorra ricordare al segretario della CGIL ciò che avviene nelle scuole italiane. Ci sono gli stessi iscritti ai vari sindacati che dovrebbero denunciare le diverse illegalità. A mio avviso è ora di smetterla nell'attribuire sempre le colpe agli altri, a quelli che ci rappresentano, quando noi per primi non abbiamo sempre il coraggio di rappresentarci, di farci rispettare e di pretendere che vengano applicate le regole. Se può servire a farmi capire meglio, vorrei riferire uno scabroso episodio accaduto durante la mia carriera di insegnante. In un collegio dei docenti, pur non avendo fatto nulla di illecito, sono stata vittima da parte del preside di un atto vessatorio. I colleghi non hanno alzato un dito per difendermi, perchè avevano paura di eventuali rappresaglie, però in sala professori o fuori dalla scuola quasi tutti mi hanno manifestto la loro solidarietà. Con questo voglio dire che è inutile nascondere la testa sotto la sabbia, sappiamo benissimo cosa avvengono nelle scuole. Ciò che non è accettabile è che non abbiamo il coraggio di denunciare le varie brutture. Ed allora non possiamo lamentarci di ciò che succede, o dare le colpe al sindacato di condizioni di illegalità che potrebbero essere proprio dal sindacato risolte. Sindacato e/o RSU a cui ci rivolgiamo tanto per fare due maldicenze sui difetti di un preside o di un altro, proprio come fanno i nostri alunni verso di noi.

Mi scuso per il periodare a volte poco chiaro o scorretto,
ma io quando scrivo, scrivo di getto.

 Enrico Panini    - 30-09-2003
Cara Emanuela, nulla da aggiungere a ciò che scrivi.
A mio avviso tutti gli strumenti e le sedi per discutere e comunicare vanno bene. Bene la rete. Bene anche i Convegni ed altri strumenti.
Mi prenoto, nei prossimi giorni, per mandare alcune riflessioni dopo la manifestazione a Rimini.
Mi permetto di aggiungere che vorrei che nessun insegnante prendesse sottogamba l'appuntamento del 3 ottobre.
Non siamo in presenza di una scelta scontata, da liquidare fra l'indignazione e la presa di posizione. Infatti, c'è ben altro.
Si sta lavorando ad un progetto di affidamento a privati, con soldi pubblici, di iniziative pomeridiane di vario genere per raccogliere e far crescere i ragazzi che accusano disagio o i dispersi.
Insomma, oltre ai simboli (il Convegno a San Patrignano) ci sono gli affari (un progetto del quale si sussurra ma che la dice lunga sulla profondità dell'operazione e sulla restaurazione in corso).
Da questo punto di vista siamo in presenza di un salto di qualità molto significativo.
Non a caso le uniche esperienze che verranno illustrate, durante il Convegno, riguarderanno il rapporto fra scuola e volontariato.
La linea di riferimento scelta lega questo Convegno con le affermazioni di Fini sulle droghe e con il voto sulla libertà di parola dei magistrati, per stare agli ultimi esempi.
Anche per questo andiamo a manifestare lì: la Cgil Scuola si è sempre battuta, e non smetterà mai di farlo, per altri valori.
Ciao, un caro saluto.
Enrico Panini

P.S
A Grazia Perrone:
se fosse in difficoltà nel trovare elementi per criticarmi (cosa che trovo obiettivamente difficile) ne indico, con affetto, uno subito: sono nato in Francia!

 Giuseppe Aragno    - 01-10-2003
Caro Panini, mi consentirai, spero, di ricordarti pubblicamente ciò che, pubblicamente scrivevi di me su "Valore Scuola", il giornale degli iscritti alla CGIL, a dicembre del 1997 - sei anni appena e sembra un secolo - per riconoscermi il contributo dato - cito testualmente - "alla comprensione del problema scolastico meridionale di non comune spessore storico e di serena riflessione teorica", che, proseguivi, "incarna al più alto livello una forma di meridionalismo in cui la passione all'appartenenza non riesce a sottrarre nulla al lavoro di scavo documentario e di analisi critica".
Mi ringraziavi tu, allora, ed io, tornato al mio posto di lavoro dopo due anni di militanza a tempo pieno, me ne rallegrai: le differenti posizioni politiche non pregiudicavano i rapporti umani. Acqua n'è passata sotto i ponti, è vero, ma te l'assicuro, non ho perso la passione all'apparteneza né il senso critico che tu generosamente mi riconoscevi. Sono ancora al mio posto, ho la tessera, rappresento con estrema fatica la CGIL come RSU e condivido i valori di fondo che tu oggi difendi nel tuo articolo e nella replica. Mi colpisce soprattutto l'accento che poni sul silenzio che si tenta di imporre ai magistrati: una preoccupazione che, credimi, comprendo perfettamente. E come non potrei? Col silenzio si uccide, di silenzio si muore. Ed il silenzio può fare più male di una espulsione. Ora tu dimmi, per favore, e te lo chiedo con estrema pacatezza, senza alcuna intenzione di ferire, per capire, non per rompere - perchè è questo, a mio avviso lo spirito del dissenso entro una casa comune, capire, non rompere, spiegare e se serve rispiegare - te lo chiedo ripeto, per me, che hai lasciato pochi giorni fa senza risposta, in un silenzio che non meritavo, nonostante l'asprezza dell'attacco, perchè ponevo problemi che hanno cittadinanza nella CGIL, e te lo chiedo per quei militanti che una diaspora avviata anche da incomprensioni fatte marcire nel silenzio, ha condotto altrove, dove importa assai poco: firmare un accordo che sottrae al singolo componente di una RSU il diritto di convocare un'assemble di lavoratori, non è in qualche modo imporre il silenzio?


 Enrico Panini    - 02-10-2003
Caro Aragno,
io sono un navigatore casuale perché il tempo a mia disposizione è limitatissimo. E tantissime volte non è risparmiata neanche la sera. Sono onorato della possibilità di rappresentare un’organizzazione importante come la Cgil Scuola e faccio tutto ciò che c’è da fare molto volentieri. Quindi non mi sto lamentando, semplicemente ti prego di non considerare la mia mancata risposta ad una tua presa di posizione nient’altro che il frutto del fatto di non averla vista. Poi, scusami, non scomodiamo il silenzio come forma di negazione delle relazioni nel caso di un’organizzazione come la Cgil Scuola che annualmente organizza circa 10.000 occasioni d’incontro e di discussione di varia natura (assemblee, unitarie e d’organizzazione; convegni; riunioni di organismi; attivi; gruppi di lavoro; riunioni RSU; assemblee di scuola per le contrattazioni; ecc.) in tutto il Paese.
Potranno essere considerate poche ma un po’ di “rumore” lo fanno.
Ti dirò poi, a margine, che sono restio a tutto le forme nelle quali avverto il rischio che si personalizzi la politica (sto parlando del mio modo di sentire la politica) perché la Cgil Scuola ha sedi, luoghi e momenti di discussione, e perché i collettivi continuano ad affascinarmi di più che altre modalità.
Mi hai fatto ricordare, e te ne sono davvero grato, cose scritte, sembra, un secolo fa (dal punto di vista dei fatti che si sono rapidamente susseguiti) e la lettura di un bel libro che tu, con un altro caro compagno, hai scritto. Belle emozioni!
Confermo quelle valutazioni e, credimi, anche il fatto che il confronto politico non può mai pregiudicare i rapporti umani, avendo ben chiaro però il significato di entrambi i termini.
Nel merito ti dico, con altrettanta pacatezza, che non capisco quale rapporto possa esserci fra militanti che sono andati altrove, come tu dici, e il rapporto con “… un accordo che sottrae al singolo componente di una RSU il diritto di convocare un'assemblea di lavoratori, non è in qualche modo imporre il silenzio?”.
Mi spiego, chiarendo, preliminarmente, a chi ci legge che stiamo parlando di una norma che vale per tutti i contratti pubblici e che esiste da alcuni anni.
Gli eletti nelle RSU, ancorché eletti su liste di organizzazione, rispondono ai lavoratori del loro luogo di lavoro, non ai sindacati che li hanno proposti con i quali mantengono un rapporto fatto di confronto e di relazioni (non a caso una nostra parola d’ordine è: “La Cgil Scuola sarà la persona che tu eleggerai”). Il prezioso valore delle RSU sta nel fatto che esse rappresentano lavoratori e che lo fanno in modo Unitario. Ma che senso ha che, appena votati, gli eletti decidano di dividersi i “beni” (in questo caso le ore di assemblea) per gestirle, ogni eletto, per gli affari propri? E la sfida alla rappresentanza unitaria di tutti i lavoratori dove la mettiamo? Diventa la solita scusa da furbetti? E la definizione di regole condivise e comuni nelle relazioni con i lavoratori la risolviamo alla “chissenefrega”? Io sono di ben altro orientamento: gli eletti gestiscono, insieme, per il mandato che hanno ricevuto dai lavoratori della loro scuola, i diritti sindacali, ne rispondono ai lavoratori (non ai sindacati) e lo devono fare in modo trasparente e chiaro. Altrimenti, tanto varrebbe tornare ai vecchi terminali associativi di ogni organizzazione, ma allora addio ad ogni idea di rappresentanza diretta. Io, come la Cgil Scuola, la penso così e ti dirò di più. Troppi gli attacchi di chi (non mi sto riferendo a te ma a proposte di legge in discussione alla Camera e a posizioni di alcune organizzazioni sindacali) vuol tornare indietro per cancellare una spinta unitaria sui luoghi di lavoro e forme di validazione diretta del mandato a rappresentare, che io considero irrinunciabili, oggi più di ieri. Oggi, come nel 2000 alle precedenti elezioni, questi sono i valori che difendiamo e rappresentiamo. Se un eletto rompe con l’organizzazione perché non può convocare assemblee direttamente, sbaglia. In realtà, quell’eletto, con questo suo modo di intendere l’uso dei diritti sindacali, rompe non con il sindacato ma con i lavoratori della scuola (intendo anche quelli che non lo hanno votato, perché lui ha il dovere di rappresentare le decisioni assunte da tutti e non solo da alcuni) ed impone a loro il silenzio.
Non confondano, quei militanti, le parti!
Ciao e un caro abbraccio.


 Grazia Perrone    - 02-10-2003
La risposta - che mi auguro ironica e non meditata a sufficienza - fornita dal preside Enrico Panini ad una mia precisa DENUNCIA SOCIALE denota quanto superficiale sia la conoscenza che, il già citato preside, ha della situazione REALE nelle scuole italiane. Nonché della, scarsa, sensibilità umana dimostrata di fronte ad un disagio psicologico che può avere ripercussioni gravissime. Ragione per la quale mi permetto di segnalare ai colleghi e amici di Fuoriregistro la lettura di una lettera che una collega "mobbizzata" ha inviato agli organizzatori del concerto del 1° Maggio e - per conoscenza - anche a me. Il segretario generale Cgil-scuola è dispensato dalla lettura e dal commento. (gp)


MOBBING NELLE SCUOLE
All’interno di molte, troppe, scuole, oggi chi lavora seriamente e chiede rispetto di regole e persone, nella trasparenza e nella legalità, rischia di essere emarginato e psicologicamente massacrato. Soprattutto se il soggetto è persona competente e pacata, dà molto fastidio a chi è irascibile e incompetente.
Molti dirigenti, spesso con la connivenza di docenti-gregari, DSGA, funzionari e ispettori, esercitano il loro potere con tracotanza, per intimidire e fare tacere i “sovversivi”, non disdegnando di ricorrere alla maldicenza, alle calunnie, alle intimidazioni, ai ricatti. Certi che nessuno oserà fiatare se non altro per un malinteso, ma molto comune, concetto del “quieto vivere”.
Si mettono in atto sistematici tentativi per distruggere chi reclama il diritto di parola e il confronto costruttivo, si ricorre alle menzogne, alla maldicenza alle allusioni pesanti anche sulla serietà professionale, morale oltre che sulle competenze, dei malcapitati, solo con lo scopo di fare deserto attorno a tali scomodi individui, di isolarli e sminuirne la professionalità. Al mobbing verticale, si aggiunge così quello orizzontale.
Nel mio caso sono intervenuti in mia difesa, in maniera chiara e inequivocabile, alcuni colleghi, le RSU e tutti i genitori dei miei alunni, che però cambiano ogni tre anni e quindi per quanto possono prendere a cuore le questioni importanti della scuola, con i tempi lenti della burocrazia, si ritrovano ad iniziare opere di “risanamento” che, per forza di cose, vengono interrotte prima che arrivino ad una conclusione.
L’Amministrazione alla quale mi sono rivolta sperando che potesse ristabilire la serenità e il rispetto delle regole all’interno dell’Istituto, invece di colpire chi compie irregolarità e forse anche illegalità, (a cominciare dalle assenze massicce e non “ufficiali” del DS o alle manomissioni dei verbali, alla mancata convocazione del Collegio per la designazione delle FF.O. per finire alla mancata contrattazione d’Istituto, alla mancata presentazione del programma annuale – cose che sono sotto gli occhi di tutti –) ha archiviato già uno dei miei esposti, considerandolo infondato. L’ispettore inviato dall’ Amministrazione ha deciso il tutto senza sentire il bisogno di ascoltare me e tutti i testimoni ai fatti che esponevo.
Non ho mollato per due anni. Ci sto rimettendo in salute perché ho dei picchi pressori pericolosi, per cui sono finita in ospedale già due volte, e sono tutt’ora in cura. Se avessi avuto la speranza, come ce l’avevo quando mi sono rivolta all’Amministrazione piuttosto che agli avvocati, che si potesse mettere rimedio senza troppi clamori ad una situazione che è andata via via peggiorando, grazie proprio agli “appoggi” di cui si vanta di godere il DS, non avrei mollato.
Ma ho constatato che non è così e che nessuno si vuole mettere contro chi gestisce, anche se malamente, un piccolo, meschino potere. Ho quindi presentato domanda di trasferimento da un posto di lavoro dove per dieci anni ho speso la mia vita e la mia professionalità senza risparmiarmi, con generosità ed abnegazione, contribuendo a fare crescere la scuola dove lavoro, ricevendone gratificazione e gratitudine dagli alunni e dai rispettivi genitori, dai quali sono molto stimata, e dove ho ricoperto, e, nonostante la guerra fatta alle mie spalle, continuo a ricoprire, cariche elettive, negli OO:CC. Non è stato facile decidermi, ma ho ceduto al volere della mia famiglia. Non so se otterrò il trasferimento, ma è certo che non voglio arrivare ai ricoveri, alla depressione per avere riconosciuta una situazione di “mobbing”. Il mobbing c’è ed è sotto gli occhi e, soprattutto, gli orecchi, di tutti coloro che hanno avuto modo di “ascoltare” gli sproloqui, sovente “privati”, spesso pubblici, del DS contro la mia persona.
Ben venga quindi la lega antimobbing. Ben venga una legge antimobbing.
Ma non aspettate che le persone perdano la gioia di lavorare, se non di vivere, per decidere che sono mobbizzati. Già questo toglie la speranza e la forza di lottare e spinge piuttosto ad allontanarsi dalla “fonte” del proprio malessere, e a gettare la spugna, con grande gioia di chi di quel malessere è responsabile.
Tutto ciò è grave che avvenga, in qualunque posto di lavoro. Ma lo è particolarmente nelle scuole dove siamo noi educatori che dobbiamo dare ai giovani fiducia nella giustizia, nella legalità e nella valorizzazione delle competenze.
P.N.

 Pierina Dominici    - 04-10-2003
Una serie di problemi personali mi ha tenuta per qualche giorno lontana da "Fuoriregistro". Oggi, con amarezza e sconforto, leggo le risposte del dott. Panini.
Non so quali siano le sue letture, ma giustificare il suo silenzio con l'affermazione di non seguire una rivista on line, curata da docenti, in cui si svolge un dibattito, serio e sofferto, sui "mali" della sinistra e dell'organizzazione sindacale più rappresentativa, mi sembra veramente grave. Il dott. Panini non è il Segretario Nazionale della CGIL scuola?! Mi sconcerta il rifiuto di non raccogliere "provocazioni", considerazioni e "malcontento" della base (tale mi considero). Non venga a dire che i problemi si discutano in altri luoghi. Le assemblee sindacali sono tra gli eventi più avvilenti e mortificanti a cui abbia mai partecipato. Penso che il dott. Panini (e con lui la CGIL) perda una grande occasione rifiutando il confronto sulla rete. Come chiarisce Emanuela Cerutti è proprio la rete, il luogo migliore per un dibattito onesto e allargato, aperto al confronto e al dissenso, alla crescita e al miglioramento.
Mi sta venendo un terribile sospetto: dovrò andare a votare ancora "caporali"?! Non so se ce la farò.

 Franco Dore    - 05-10-2003
Dopo aver letto con attenzione l'articolo e i vari commenti, salto direttamente tutte, eccetto una, le considerazioni che avrei voglia di esprimere; molte sono già state espresse nella sostanza da tutti gli altri interventi. Se si andasse all'estremo di questa analisi, si scoprirebbe inevitabilmente che l'aver "inventato" il tema dell'autonomia scolastica, così come impostata tempo fa dalla sinistra è servita esclusivamente a spianare la strada all'attuale qualificazione di "Dirigenza Scolastica", ivi inclusa l'invenzione delle attuali RSU di scuola che tutto possono essere tranne effettivo e determinante contropotere sindacale. Come si può evitare, infatti, che la permanenza oltre 4 o 5 anni dello stesso dirigente in una scuola non finisca inevitabilmente per ingessarla ?
Perchè allora non prendere il coraggio a due mani ed accettare finalmente una discussione a tutto campo che consenta di eleggere il Dirigente Scolastico, così come in altri Paesi anche della stessa Europa ??
La configurazione delle attuali Autonomie Locali rende inevitabile la scelta di Sindaco elettivo; uguale soluzione viene utilizzata dalle Università: Rettore e Presidi di Facoltà sono elettivi. D'altro canto le Amministrazioni Militari, che hanno ufficiali e sottufficiali di nomina, risolvono il problema mediante trasferimenti ciclici di queste categorie di personale.
Coraggio Segretario Panini, il tema è ormai maturo per la discussione !!
Franco Dore