breve di cronaca
Gli scheletri balcanici
Libertà - 27-09-2003
La prima Jugoslavia nacque alla fine della prima guerra mondiale nel 1919 dalle macerie dell'impero austro ungarico soprattutto per volere americano come rappresentato dal programma di pace detto dei 14 punti del presidente americano Wilson.
Il principale difetto di quella Jugoslavia stava nella difficile convivenza di croati e serbi culminata in due assassini politici: quello del più amato dei leader nazionali croati ucciso dalla pistola di un deputato serbo in pieno parlamento e quello del re serbo ucciso da congiurati croati appoggiati - si dice - dai servizi segreti italiani a Marsiglia dove il re era sbarcato per una visita di stato che avrebbe schierato la Jugoslavia accanto a francesi e inglesi alla vigilia del secondo conflitto mondiale.
L'Italia di Mussolini considerava la Croazia cattolica, fascista e tradizionalmente fedele all'Austria diventata intanto un pezzo del Terzo Reich tedesco. Mentre la Serbia era ovviamente ortodossa dunque eretica, nemica degli amici dei croati e comunque tradizionalmente fedele alla Russia che questa intervenisse o meno nel conflitto. Durante la seconda guerra mondiale la Croazia era uscita proclamandosi Nuovo Stato Indipendente dalla federazione jugoslava sotto la guida di un duce (poglavnik) nazionalista, Pavelic, alleato di Hitler.
Questi aveva fatto dono a Mussolini della sventurata Croazia così come gli imperatori austriaci avevano ai primi dell'800 dato la Croazia in protettorato da amministrare ai loro vassalli ungheresi feroci negatori della nazionalità autonoma croata e bosniaca nell'ambito dell'impero. Con l'arrivo del comunismo alla fine della seconda guerra mondiale la Jugoslavia si ricostituisce come federazione dominata dalla Serbia. Nella visione italiana dei Balcani del dopoguerra la Serbia è antifascista e la Croazia fascista malgrado la purghe sanguinose nell'amministrazione e nell'esercito croato di Pavelic eseguite dai partigiani del croato Josip Broz al secolo Tito.
Ma nell'inversa visione comunista croata e serba dell'Italia, questa rimane una nostalgica fascista a mala pena celata dalle sottane dei preti amici dell'ancien régime croato che governano l'Italia attraverso la DC. Crollato il muro di Berlino e scomparsa l'Unione Sovietica con la seconda indipendenza croata subito riconosciuta solo dal Vaticano e dalla Germania l'Italia ha dovuto aiutare la Croazia protetta come sempre dalla Chiesa nella guerra di secessione dalla Serbia che continuava a chiamarsi Jugoslavia. Ma, pagato alla Croazia questo tributo di solidarietà per i di lei profughi dalle pulizie etniche serbe, i governi italiani sia di centro sinistra che di centro destra per doveroso antifascismo si sono sentiti naturalmente portati all'indulgenza verso Miloševic, il capo del governo serbo-jugoslavo e alla severità verso Tudjman, il capo del governo croato.
Particolarmente penosa fu la prima visita a Trieste dopo le elezioni del 1994 del leader di AN che ingiunse pubblicamente a sloveni e croati di inginocchiarsi e chieder perdono all'Italia delle foibe e della pulizia etnica inflitta nel 1944 - 45 agli italiani di Istria e Dalmazia. Erano i giorni in cui alcuni fedeli missini di Pino Rauti si arruolavano nel nuovo esercito croato e i deputati regionali di Forza Italia invitavano a Trieste il leader serbo di un territorio secessionista croato che aveva promesso di restituire all'Italia Zara non appena l'avesse riconquistata ai croati.
Nell'affare Telekom Serbia se maggioranza e opposizione non temessero di estrarre gli scheletri balcanici dai rispettivi armadi gli stracci volerebbero per tutti in uno straordinario polverone. Stracci politici, non certo mazzette, a illustrazione dell'antico italico vizio di fare della politica estera un utile prolungamento di tutte le faide interne alla Patria.
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