Caro Ministro, grazie.
In questo marasma di idee poche e confuse, deliri ferragostani, mea-culpa fassiniani, rivalutazioni di questo e di quello, adesso so che lei non sarà mai rivalutata. Non mi fraintenda, lo dico sinceramente, a Suo merito. Il merito che Le deriva da una ostinata coerenza, da un’adesione totale ad un orizzonte di idee e principi intangibili. Non ho la presunzione o la sfacciataggine di credere che abbia mai letto quello che
(**) Fuoriregistro ed il sottoscritto, nella fattispecie, è andato scrivendo sui Suoi indirizzi ministeriali fin dal giorno dell’insediamento. Se avesse la bontà e il tempo di farlo ora, non dico che condividerebbe i giudizi, le analisi ma almeno potrebbe ritenersi soddisfatta per essere stata compresa. Ho sempre pensato che il suo modello di scuola fosse San Patrignano. Adesso che, proprio a San Patrignano, il 3 e 4 ottobre, nell’ambito del semestre di presidenza italiana, Lei ha convocato la riunione dei ministri europei dell’istruzione e del welfare, per discutere le strategie di contrasto al disagio e alla dispersione, io non ci trovo niente per cui indignarmi o sorprendermi.
Ma se i miei interventi precedenti erano in qualche modo di denuncia, segnalavano un rischio, un pericolo, la lettera che ora Le indirizzo è del tutto priva di tali stati d’animo e propositi. Le devo anzi confessare che quando ho letto la notizia del prossimo appuntamento un po’ ho sorriso. Perché nel frattempo sono arrivato alla conclusione che il suo modello è perdente. Anche qui non mi fraintenda. Spero poco nel fatto che sarà una grande mobilitazione delle coscienze e delle masse a sconfiggerlo sul campo, come si dice. Niente di tutto ciò. Lo ritengo, piuttosto, incongruente con le attuali concezioni che indirizzano l’azione del governo di cui Lei fa parte e che sono poi le stesse che dirigono gli atti dei centri di dominio del mondo
(USA, WTO, FMI, Multinazionali, ecc.).
So che queste osservazioni potranno risultare eccentriche e forse sconvenienti agli occhi dei miei amici e compagni democratici e di sinistra. Ma tant’è. Io, nel mio piccolo credo infatti che se la Sua riforma ha tardato tanto a farsi legge dello stato e poi a vedere la luce nel primo decreto attuativo e, ancora oggi, trova ostacoli nell’essere fissata in precise norme e regolamenti, è proprio a causa di quella incongruenza di cui Le dicevo.
Ho sempre pensato che san Patrignano sia il Suo modello perché Lei intende l’istituzione scolastica essenzialmente come un centro di riabilitazione e recupero ai valori della morale cattolica, della famiglia, di un ordine gerarchico graduato su una scala di diverse responsabilità: sul piolo più alto i genitori, su quello più basso i figli, e su quelli intermedi gli insegnanti, gli operatori, i consulenti, gli esperti, tutti orientati a fornire ai ragazzi gli strumenti utili a superare il “disagio” che produce la “dispersione”. Ma il fatto è, caro Ministro, che Lei sbaglia su due punti. Intanto non considera che l’altra destra, quella che con lei governa, ha bisogno e di questo e di quella. Del disagio, in quanto alimenta gli apparati repressivi e la retorica della sicurezza, aspetti sui quali il potere si sostiene. Della dispersione, perché da un lato ingrassa un apparato industriale costruito sul trinomio riduzione dei costi, negazione dei diritti, estensione della flessibilità e dall’altro, deprezzando il valore della cultura, crea una massa informe di sudditi utenti-acquirenti. Quindi sia il disagio che la dispersione sono funzionali all’attuale sistema del governo degli uomini.
L’altro errore che ha commesso, Signor Ministro, è quello di non aver tenuto conto che un progetto come il Suo (lotta al disagio e alla dispersione attraverso la trasformazione della scuola in un’istituzione totale) richiede una percentuale di investimenti in rapporto al Pil del tutto incompatibile con le politiche di un governo che ha ben altre priorità, basate sui tagli alla spesa sociale. Obiettivi che peraltro Lei condivide. Per questo, i Suoi progetti, compreso l’
Enjoi presentato a suo tempo a San Patrignano, si avvalgono del contributo e dell’intervento di associazioni private. Ma tali enti devono comunque essere finanziati dallo stato e allora, come può vedere, siamo al punto di prima. Perché mai il governo dovrebbe farsene carico, quando invece è interessato al mantenimento dello status quo? Per questo Tremonti ha negato, di fatto, la copertura finanziaria alla Sua riforma.
Vado a tirare le somme del mio ragionamento, nella speranza che altri lo precisino o lo confutino perché
Fuoriregistro di questo vive: del più assoluto confronto dei punti di vista. Che vi sia l’intenzione di trasformare la scuola in una rete di luoghi recintati e chiusi, pubblici e privati (meglio privati) in cui esercitare su alcuni individui, la maggioranza, un feroce controllo sociale e su altri una repressiva e classista opera di formazione della futura classe dirigente, è un fatto e non riguarda solo l’Italia ma tutti i paesi ricchi del mondo occidentale. Tale operazione viene condotta ricorrendo ad un duplice armamentario ideologico: quello antichissimo del Panopticon, che più in generale nasce dall’idea della società come di una struttura rigida, da tutelare e proteggere dagli agenti esterni, dal popolo proveniente da tutti gli altrove possibili, e quello modernissimo, a supporto del precedente, del linguaggio pedagogico ridotto ai nudi termini economico-aziendalistici elevati a categorie di pensiero universalmente esplicative. Non è certo casuale, in tal senso, che il modello San Patrignano sia alla base anche del progetto di tolleranza zero contro le droghe, attualmente in via di definizione. Si tratta della stessa ratio, insomma. Che si può rinvenire in un altro dei provvedimenti in cantiere, quello della radicale riforma della legge 180, con la reintroduzione de facto dei manicomi.
La medicalizzazione del “disagio” che considera solo uno degli aspetti di un problema in gran parte di tipo culturale, perché nasce da un rifiuto a volte inconsapevole dei modelli imposti opponendo, per vie informi e traverse, schemi alternativi di organizzazione della propria vita, è appunto la risposta univoca e ideologica, sottolineo, che Voi date, utilizzando un linguaggio nuovissimo per mascherare una pratica antica. Se questo vale ovviamente anche per Lei, la Sua opera, però, caro Ministro, si distingue per una assoluta buona fede nelle intenzioni. Perché Lei è davvero convinta che rinchiudere un uomo o una donna in una segreta sia una terapia efficace per recuperarlo e restituirlo ad una esistenza dignitosa. Ma, per le ragioni che ho cercato di esporre nei paragrafi precedenti, Lei è anche l’unica a porsi un obiettivo, diciamo così, nobile. A chi dà le carte, Signor Ministro, questi buoni propositi non interessano. Il disagio e la dispersione producono utili e profitti, di immagine ed economici. E i luoghi di contenzione servono solo ed esclusivamente a rinchiudere i non adatti, quelli che vanno e-marginati nel senso storico ed etimologico del termine: messi fuori dai margini, dalla cinta muraria delle città. Esclusi. E non per rieducarli ma per lasciarli lì a soffrire e marcire.
Caro Ministro, auguro al suo prossimo incontro il miglior successo. Ed è, lo riconosco, un auspicio ipocrita, altrimenti non glielo farei. Perché, qualunque accordo raggiungerete sui temi del disagio e della dispersione sarà puro flatus vocis. E Lei, che immagino sia una cultrice di filosofia medievale, saprà senz’altro cosa intendo. Distinti saluti.
Marino Bocchi
(***)
I titoli della Moratti
Scuola di classe
Gianni e Pierino