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Un dettato per scoprire l'italiano perduto dai bambini
Repubblica.it - 06-09-2003

Una maestra ha riproposto ai suoi alunni un compito i 50 anni fa: gli errori sono quadruplicati

di Michele Smargiassi

URBINO - I nonni non andavano a scuola; i nipoti vanno a squola. Una catastrofe ortografica sembra essersi abbattuta sull'Italia nello spazio di due sole generazioni. L'insolito esperimento didattico che stiamo per raccontare, per quanto circoscritto, lascia purtroppo pochi dubbi: alle prese con le parole scritte, gli scolari di oggi fanno quattro volte più errori dei loro coetanei di cinquant'anni fa.

È una curiosa gara a cavallo dei decenni quella che Alba Polenta, maestra elementare e neo-dottoressa in psicologia a Urbino, è riuscita a organizzare nella sua città, Osimo, grazie alla collaborazione dei colleghi maestri e a un colpo di fortuna: il rinvenimento quasi miracoloso di un pacco con 92 dettati svolti per l'esame di quinta elementare nel lontano 1956. Di solito vengono buttati dopo qualche anno. Questi erano stati dimenticati in una soffitta del Primo circolo scolastico.

Occasione d'oro per la sua tesi di laurea in Scienze della formazione dedicata proprio alle abilità ortografiche, e Alba non se l'è lasciata scappare. Ha copiato le 120 parole di quel piccolo testo sdolcinato dal titolo "Primavera in città", e le ha ri-dettate pari pari a 105 alunni delle quinte elementari di oggi.

Stesso testo, stessi banchi, mezzo secolo dopo: un disastro. Sui fogli protocollo ormai ingialliti dal tempo i bambini del '56 depositarono in media 1,56 errori a testa; su quelli ancora candidi del nuovo millennio Alba ne ha contati ben 5,47. Quasi quattro volte di più, per l'appunto. E se nel '56 un alunno su tre riusciva a raggiungere l'ultima sudata riga senza neanche uno strafalcione, ora i primi della classe sono crollati a meno di uno su cinque.

Un'epidemia micidiale di somarite, un morbillo di errori rossi (e blu)? La dottoressa-maestra s'è fatta un'idea diversa: "I bambini li conosco, li vedo in classe tutti i giorni. Non è colpa loro. C'è qualcosa che non va nei metodi di insegnamento". Cercare in cattedra, più che tra banchi. Del resto, l'esame attento dei dettati rivela cose interessanti. Il peggioramento generale è dovuto soprattutto all'aumento abnorme degli errori fonologici (erano 65 nei compiti di mezzo secolo fa, sono 364 oggi), che sono la conseguenza di una cattiva percezione del suono delle parole: scambi, omissioni, aggiunte di lettere (scialva anziché scialba, malincolia invece di malinconia). Vittime sono le parole meno familiari.

Il serbatoio dei vocaboli dei nostri figli è paurosamente a secco, questo spiega perché gli errori lessicali (dovuti alla cattiva comprensione del significato delle parole) sono raddoppiati. Eppure la prosa un po' piagnucolosa di quel vecchio dettato stile Ada Negri non è poi così astrusa. Gli undicenni d'oggi non sanno cos'è un crepuscolo? Pare di no, visto che nelle loro mani diventa crepusco o cropuscolo. Le cose peggiorano perché i ragazzini tendono a ricondurre ogni espressione strana al loro basic italian di poche centinaia di lemmi.

Di fronte alla misteriosa e un po' spaventevole parola ottenebrato, ad esempio, uno dei cento scolari d'oggi s'è arreso e l'ha addomesticata in un'altra che non le somiglia quasi per niente, ma risuona ogni sera sui telegiornali: attentato. La spiegazione, ahimè, è evidente: la scuola s'è adattata alla vulgata televisiva, rinunciando al faticoso dovere di arricchire il bagaglio linguistico dei ragazzi.

Non basta? Ecco un'altra prova. L'unico inciampo che perseguita più i nonni dei nipoti (20 contro 15 per cento del totale) appartiene all'altra grande famiglia di errori, quelli propriamente ortografici: si tratta delle "doppie" ignorate o messe a sproposito. Ma i nonni le sbagliavano perché pensavano ancora in dialetto. Almeno in questo l'omologazione dell'idioma nazional-televisivo ha prodotto un miglioramento.

Ma non evita errori molto simili: l'omissione della H, principe dei tranelli ortografici, che quadruplica; l'inversione O/A, una sciatteria apparentemente solo calligrafica, che risulta addirittura decuplicata; e in particolare la confusione tra C e Q (quadruplicata) che forse ci porta alla radice di tutto lo sfacelo: la sempre più scarsa familiarità con la lettura. Nessuna regola, infatti, può spiegare perché si scrive squalo ma non squola: solo abituandoci a vedere quelle parole scritte ne abbiamo appreso la grafia corretta.

Sbagliando s'impara? Sì, se qualcuno corregge. Gianni Rodari, che aveva indulgenza e quasi passione per gli strafalcioni, "necessari, utili come il pane e spesso belli, come la torre di Pisa", nel suo poetico Libro degli errori avvertì i maestri che "il mondo sarebbe bellissimo, se fossero solo i bambini a sbagliare". Se i nostri bambini diventeranno adulti portando nella penna tutti questi disastri, povera Itaglia!

6 settembre 2003

Segnalato da Roberto Cammarata
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 ilaria ricciotti    - 06-09-2003
Con un dettato al giorno ,
si toglieranno gli "orrori" ortografici di torno.

A parte gli scherzi, pur non entrando nel merito di una ricerca così impegnativa e valida, a mio avviso ci sarebbe da puntare il dito non solo nei confronti della TV, ma dei Mass Media in generale. Il linguaggio viene trasformato da vari protagonisti che occupano un ruolo determinante in questa società. Esempio: quel si affermativo, ha perso da tempo l'accento che anni fa, se omesso, veniva segnato con il bleu. I linguisti lo sanno che la lingua italiana viene ogni giorno modificata, anche ortograficamente per ragioni diverse. Altro esempio l'uso della maiuscola, dei punti, delle virgole ecc... Con l'avvento del sistema multimediale certe regole ortograsiche sono state eliminate.
Ed allora di chi è la colpa se oggi gli studenti italiani sono più asinelli? Della scuola che non fa notare certi cambiamenti? Di coloro che hanno cancellato certe regole? O degli studenti che non amano più usare carta e penna, ma prediligono il linguaggio parlato, utilizzando il telefono, i cellulari ed altro che sono stati inventati da altri anche per loro?

Gli studenti di oggi se non conoscono molto l'ortografia,
sanno percorrere, rispetto alle generazioni passate, un'altra via.
Sono attenti e critici osservatori,
e non credono che tutte le cose che brillano siano per forza degli ori.
Ogni generazione ha poi le sue qualità,
è la storia che va avanti, che va e va.

 ciao    - 07-09-2003
Siamo sicuri che la maestra abbia dettato cosi' come si faceva 50 anni fa? Cioe' molto diversamente da ora.

E i bambini erano stati ... allenati con: un dettato al giorno come si faceva allrora?

L'esperimento non e' scientifico, se volete vi presto mia mamma, insegnante in pensione (beata lei) e lo ripetiamo.

 M. Lucia Moica    - 07-09-2003
Non sono totalmente d'accordo sulle "cause" alle quali viene addebitata la carenza (che tutti possiamo riscontrare).
1) Cinquant'anni fa la scuola del "leggere, scrivere, far di conto", esercitava molto in calligrafia e in ortografia.
Contenuti, logica, autonomia critica, trovavano sicuramente uno spazio più limitato.
Se dedicassimo tutto il tempo scuola a perfezionare l'ortografia, ne resterebbe ben poco per coltivare la capacità logica e argomentativa nel rispetto degli interessi deli alunni. Oggi a scuola si fa molto di più, quasi negli stessi tempi.
2) Troppa TV, è vero, che fa visualizzare un'infinità di parole straniere la cui pronuncia non corrisponde alla loro grafia... Non così 50 anni fa!
Non mettiamo in ballo il metodo di insegnamento, per favore, nè l'appiattimento della scuola sulla vulgata televisiva. Se si volesse fare una ricerca seria, ci sarebbero tanti altri punti da approfondire.
Ho 52 anni e insegno alle elementari: non disdegno il dettato e combatto gli errori di ortografia, ma ricordiamoci che oggi, a scuola,si coltiva l'intelligenza molto più che la convergenza. Con tutta la fatica del caso.
Sono d'accordo con Ilaria Ricciotti.

 simonetta    - 11-09-2003
E' vero i ragazzi di oggi sanno percorrere altre vie ma l'ortografia e la conoscenza delle regole grammaticali sono comunque alla base del sapersi esprimere e del poter comunicare. Mentre per i nostri nonni "ho andato" era legato all'utilizzo del dialetto per i nostri ragazzi è legato a una non conoscenza (dovuta alla mancanza di letture, di studio e di dettati?)
Sono un'insegnante di scienze matematiche nella scuola media ed è demortalizzante scoprire che i ragazzi non ti seguono durante le spiegazioni o non si interessano alla visione di documentari perchè non riescono a comprendere spesso semplici termini di utilizzo quotidiano.

 patty    - 13-09-2005
Sono d accordo con Cammarata. Oggi gli errori non si contano! Ci sono docenti che scrivono strafalcioni nei registri, immaginate i loro alunni. Oggi a scuola si perde tempo in progetti... progetto Natale, progetto carnevale, progetto...