Cosimo Scarinzi - 05-06-2003 |
Scarinzi (CUB) Siamo pochi, ma la categoria è tutta con noi I colleghi han capito e vogliono difendere la dignità professionale. È la prova generale della prossima sfida alla riforma Moratti Marco Trabucco in “La Repubblica” 3 giugno 2003 È un Coordinamento delle rappresentanze sindacali di una cinquantina di istituti superiori, quello che ha fatto nascere la protesta contro il decreto delle 18 ore. Ne fanno parte esponenti di molti sindacati. Ma, come si sarebbe detto un tempo, il movimento è “egemonizzato” dalla CUB, “piccolo” sindacato di base. Sono stati loro a tessere la tela che porta oggi all’occupazione. Cosimo Scarinzi, docente del Liceo Umberto I°, della CUB è una delle anime. Scarinzi, non siete un po’ pochi per occupare? Questo movimento è combattivo, certo. Ma partecipa solo una minoranza di professori. “Chi occuperà rappresenta certo un’avanguardia. Ma il movimento è molto più ampio. Ormai sono decine le scuole superiore di Torino e provincia che nell’ultimo mese hanno approvato in collegio docenti documenti contro il decreto delle 18 ore e hanno bloccato l’adozione dei libri di testo. In più alla protesta delle superiori si è unita quella di molti docenti di elementari e materne, contro la riforma Moratti e l’abolizione del tempo pieno. Stiamo facendo un sacco di assemblee con i genitori su questo”. Come mai sulle 18 ore per adesso si è mossa solo Torino? “Ci sono proteste anche in altre parti di Italia. Qui però siamo partiti prima. Noi della CUB a Torino abbiamo messo in rete e distribuito, già prima delle vacanze di Pasqua, documenti in cui dimostravamo quanto fosse pericolosa per la scuola questa norma. È una nostra ossessione distribuire documenti, ogni tanto penso che sia inutile. Invece questa volta è servito: i professori hanno capito e la protesta nelle scuole è nata subito, spontanea”. Che tipo di movimento è questo? “Credo parta dalla motivazione che attraversa tutte le proteste degli insegnanti: la difesa della dignità professionale. Un tema che va al di là delle appartenenze politiche. In piccolo è la stessa cosa che era successa per il “concorsone” di Berlinguer: qui è stata messa in discussione la continuità didattica che è alla base dell’idea di insegnamento che abbiamo in molti. Poi c’è un ragionevole timore: quello di perdere il posto. Per la prima volta tra gli insegnanti si sta insinuando il dubbio che stiano togliendoci quella che era la nostra unica sicurezza. Questa norma fa sì che chi è di ruolo, magari da vent’anni, si trovi improvvisamente soprannumerario. E non è una bella sensazione anche se sa che, per ora, non sarà licenziato”. Voi siete un piccolo sindacato. Quanti iscritti avete? “Nella scuola a Torino circa quattrocento. Ma abbiamo l’8% delle RSU, quasi come la UIL”. In cosa siete diversi dagli altri? “Prima di tutto il nostro è sindacalismo militante. Tutti gli iscritti danno una mano, non si usa il sindacato come un’agenzia. Poi siamo di sinistra certo, ma senza collateralismo con i partiti. Voglio dire che se un preside di Rifondazione fa qualcosa che non ci piace gli piazziamo uno sciopero come a uno di destra. Alla base del nostro movimento c’è l’idea dell’unità dei lavoratori, rifiutiamo ogni logica corporativa o di categoria”. E che rapporti avete con CGIL, CISL, UIL e SNALS? “Su singoli problemi abbiamo anche manifestato insieme. Loro spesso ci propongono di collaborare, ma sempre sottotraccia, mai in modo pubblico. Poi nelle scuole o nelle trattative non ci riconoscono pari dignità. Comunque non ci perdiamo il sonno”. Dove potrà arrivare questo movimento? Le vacanze sono vicine. “Ridurre gli effetti della norma sulle 18 ore e salvare qualche centinaio di posti di docenti precari sarebbe un buon risultato. Soprattutto però può essere la prova generale per la mobilitazione dell’anno prossimo, contro la riforma Moratti”. |
La Repubblica - 07-06-2003 |
TORINO —Per ora sono pochi-—sei scuole a Torino e provincia, duecento professori — ma sono i pionieri di un nuovo modo di respingere al mittente un progetto di riforma che ritengono penalizzante per la qualità della scuola italiana. Pochi, ma orgogliosi e arrabbiati, che hanno preso sacco a pelo e montato le tende nel cortile deila scuola perspiegare a tutti, genitori, allievi e non addetti ai lavori, perché, a qualche giorno dalla fine delle lezioni, con pile di compiti da correggere e chilometri di registi da compilare, hanno deciso di occuparela scuola. Come hanno fatto tante volte, a torto o a ragione, i loro studenti. Ma come invece non accadeva da anni tra gli insegnanti. La decisione di rompere il silenzio con un’iniziativa che non appartiene al Dna della classe docente è partitadaCub e Cobas, due delle sigle sindacali che non hanno firmato il nuovo contrattodilavoro. In poco tempo èperò diventata trasversale, ha coinvolto docenti iscritti ad altri sindacati e “Cani sciolti”. La ragione che ha portato i duecento di Torino ad abitare la scuola notte e giorno, almeno fino adomanisera, è quello che loro chiamano il "decreto sfasciacattedere". La norma (contenuta nella Finanziaria 2003) che per risparmiare risorse obbliga tuttiidocenti delle superiori a 18 ore cattedra’. Per chi non conosce il mondo della scuola può sembrare un’ ovvietà (18 ore di lezione alla settimana rientrano fra gli obblighi contrattuali degli insegnanti) ma la norma introduce invece una forma di rigidità paralizzante per lavita quotidiana degli istituti. Per spiegarlo gli arrabbiati docenti torinesi hanno disegnato cartelloni, preparato tabelle: «Sono tabelle dadaiste — ironizzavano ieri i professori dell’istituto tecnico Sraffa di Orbassano —guardate a cosa ci costringono peralzareunpiccolo scudo in difesa della continuità didattica». «Già oggi — dice Enza D’Ambrosio del tecnico commerciale Luxemburg di Torino — il nostro orario settimanale è di 18 ore. La maggior parte le facciamo in classe ma ne restano una o due che vengono utilizzate per le attività integrative o le supplenze brevi. E poi, in questo modo salta la continuità didattica, un principio cardine della scuola italiana». Aggiunge Anna Indiacolo del liceo scientifico Copernico: «Per completare l’orario settimanale di 18 ore gli insegnanti useranno spezzoni di cattedre. Così in molti casi gli studenti cambieranno docente ogni anno,in moltematerie». Ulteriori corollari della legge saranno poi la perdita secca di posti di lavoro, alcune centinaia solo in Piemonte, che non ricadranno su chi è in ruolo, ma andranno a colpire i precani. E la diminuzione degli insegnanti di sostegno per gli alunni disabii. Occupano la scuola e intanto pianificano assemblee, organizzano cene e correggono i compiti in pubblico «Nessuno si rende conto di quante ore di lavoro servono per valutare le verifiche —dice CinziaBertolotto del Coperfico — e per preparare le lezioni». Lezioni, che, comunque, in nessuna delle scuole occupate, sono state interrotte: «Siamo alla fine dell’anno e non vogliamo in alcun modo danneggiare i nostri studenti che anzi rischiano di essere le principali vittime di queste riforme — dice Alfredo Tassone, docente al Rosa Luxemburg — il nostro unico obiettivo è difendere la qualità della scuola pubblica». Mentre parla arrivano tre studentesse: «professore, se stasera ha bisogno di un caffè ci chiami, glielo portiamo subito. Ma per favore tenga duro». Sara Strippou e Marco Trabucco |
Cub Scuola Torino - 02-06-2003 |
MOMENTI DI LOTTA In otto scuole di Torino gli insegnanti iniziano l'occupazione. Altre, forse, si aggiungeranno "Era da circa dieci anni che non avveniva un fatto del genere e allora è capitato in una sola scuola di Roma - osserva Cosimo Scarinzi, Coordinatore Provinciale della CUB Scuola. Che gli insegnanti occupino le scuole non è certo un fatto usuale. D'altro canto - prosegue - decine di scuole hanno bloccato per settimane l'adozione dei libri di testo nonostante le riconvocazioni a raffica dei collegi docenti per le quali richiediamo la retribuzione dovuta, centinaia di colleghi hanno manifestato e bloccato il traffico davanti alla Direzione Scolastica Regionale, la tensione è alta". La CUB Scuola sostiene la mobilitazione stabilita dal Coordinamento delle Scuole in Lotta contro la normativa sfasciacattedre e rileva che si sta allargando alle scuole medie ed elementari dove i colleghi sono preoccupati, principalmente, per l'attacco al tempo pieno che comporta l'applicazione della Riforma Moratti. Le concessioni promesse dalla Direzione Scolastica Regionale del Piemonte sono, infatti, vaghe e, soprattutto, non comportano il ritiro della normativa sfasciacattedre. Nelle scuole occupate sono previste assemblee aperte, conferenze, spettacoli, iniziative varie. Iniziative comuni con gli studenti ed i genitori sono in cantiere. Per la CUB Scuola Benedetto De Gaspari Materiale utile: mozioni, comunicati stampa, volantini, verbali sono disponibili sul sito www.cubscuolatorino.netfirms.com
Torino, 30 maggio 2003 |