Contratto, ma non solo!
Leonardo F. Barbatano - 30-05-2003
Direi che non abbiamo mai avuto un “buon contratto” ! Tradizionalmente, ogni rinnovo contrattuale di questa nostra strana “categoria” è accolto dalla pubblica opinione con un misto di fastidio e sopportazione che è dovuto, a mio parere, al tipo di percezione che essa ha del nostro lavoro e della nostra funzione. ( “Gli insegnanti lavorano poco” è un luogo comune ricorrente non solo tra i non addetti ai lavori ma anche tra alcuni insegnanti, i quali effettivamente lavorano poco, tutti presi dall’impegno di frequentare gli uffici dei dirigenti e dedicarsi ad “iniziative” che nulla hanno a che fare con il lavoro di docenza e che trovano giusto proporre, poi, una differenziazione tra i docenti, perché “non sono tutti uguali”: ci scommettete che, poi, i docenti in carriera sarebbero questi frequentatori di presidenze?).
Dicevo della percezione che la società italiana ha della nostra funzione. La nostra è una figura non molto amata dalla società, diciamocelo. Il nostro ruolo, che conserva ancora alcune caratteristiche normative e sanzionatorie, sia pure a livello soltanto etico, non piace, infastidisce poiché disturba il lassismo tipico degli italiani, specie ora che il berlusconismo imperante esalta ed esaspera l’edonismo e la ricerca del facile successo, il mandare alla malora regole e doveri, impegno e fatica, lealtà e senso civico, solidarietà e reciprocità. Chi insegna sa che questi principi, oltre naturalmente ai contenuti delle singole discipline, sono alla base del proprio lavoro quotidiano. Non aspettatevi, non aspettiamoci molto. Altre società, che tengono in ben altra considerazione i docenti, li pagano naturalmente meglio. Ma a me sembra risibile aspirare ad avere “stipendi europei” proprio mentre la qualità civica del nostro paese va allontanandosi dal resto d’Europa.
Può sembrare paradossale, ma questo contratto costituisce una “vittoria”. In determinate situazioni, mantenere le posizioni significa “vincere”. Non mi riferisco certo alla parte economica. Vorrei, però, chiedere a tutti i miei colleghi: ma ci rendiamo conto che la scuola è sotto attacco? E non certo per farla più bella, più funzionante, ma per screditarla, per abbassarne il livello e vanificarne il ruolo (il provvedimento, tra numerosi altri, sulle cattedre a 18 ore dimostra tutto il disprezzo che questa classe dirigente nutre per il buon funzionamento della scuola e per la professionalità degli insegnanti, molti dei quali proprio in questi giorni vengono arbitrariamente allontanati dalle loro classi e dai loro studenti!), per far vincere il privato anche in questo settore. La scuola è sotto attacco perché si basa sul principio di uguaglianza, sul dettato costituzionale della pari opportunità dei cittadini. Per lo stesso motivo sono sotto attacco la magistratura e il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libera stampa e il diritto dei cittadini alla informazione, senza la quale smettono di essere tali. Attenzione: questi sono i muri portanti della nostra casa, non è che sia proprio la stessa cosa che ci siano o non ci siano.



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 Domenico Francullo    - 01-06-2003
Sembra risibile aspirare ad avere “stipendi europei”?
Certo che no. E come? Allargando l'Europa.

I Sindacati hanno chiesto per anni stipendi europei e pian piano ci stanno arrivando ad ottenere un risultato.
Ma il problema, come il collega espone, non è più questo, anche se c'è gente che ha difficoltà ad arrivare a fine mese.
Il problema è proprio legato alla professione che occupa parzialmente il docente a scuola e che negli ultimi 20 anni, o poco più, ha permesso ai sindacati di barattare aumenti di cattedre in cambio di esigui aumenti, fatta eccezione per il contratto siglato nell'era Pomicino.
Nella categoria manca la consapevolezza di essere importanti e probabilmente mancano troppi insegnanti uomini, che sono fuggiti ad altre professioni che permettessero il decoroso mantenimento di una famiglia.
Il docente deve riacquistare la propria autorevolezza sociale, ma come? Dimostrando di lavorare di più? dimostrando di essere a scuola 35 ore la settimana (accontentando almeno in un comparto Bertinotti)?

Secondo me si può riacquistare la propria autorevolezza allontanando i fannulloni, o coloro i quali non sanno fare gli insegnanti (e io potrei essere uno di quelli da allontanare). In 17 anni di scuola, l'unica volta che ho visto un ispettore venire a controllare l'operato nella scuola, è stato quando ero tutor di un insegnante che faceva l'anno di prova entrato con doppio canale, non vincitore di concorso, ma maturo per anzianità. Peccato non è stato dichiarato idoneo a fare l'insegnante. Oggi lavora, mi dicono in qualche segreteria scolastica.

Ancora una volta cerchiamo di conservare il conservabile. Così non andremo lontano e faranno di noi "carne da macello" perchè di 745.000 inseganti quanti si interessano alla propria condizione professionale? Quanti hanno letto il contratto che li riguarda, e i precedenti per poter fare confronti, Quanti sono in grado di dimostrare che 147 € mediamente non vanno in tasca ai docenti se consideriamo solo docenti?

E infine quanti soldi si sperperano nella scuola dei mille progetti che non vedono un minimo di valutazione a fine anno, in collegi che approvano tutto ormai per inerzia?