Il testamento di un insegnante
Ilaria Ricciotti - 28-05-2003
Dopo 33 anni di scuola, escludendo quella che mi ha visto come discente e non come docente, debbo dire che essa ha subito nel tempo diversi cambiamenti. Alcuni accettabili perchè aventi come fine di porre al centro del sistema educativo l'alunno, altri un po' meno in quanto più concentrati nel sottolineare gli interessi sindacali dei docenti, senza puntare il dito sulla loro crescita professionale.
Insomma debbo dire che ho assistito a varie "idee"di scuola.
Ma...il modello di essa che avevo sempre in mente, fin dai tempi di Don Milani, l'ho sfiorato con il Ministro Berlinguer e la legge sull'autonomia. Mi sembrava di respirare finalmente una ventata d'aria fresca, di poter finalmente vivere un tipo di scuola come l'avevo sognata: una scuola viva, colorata, la cui struttura rimaneva illuminata dal mattino fino alla sera , ed i ragazzi potevano attingere da essa ciò che era più consono ai loro interessi ed ai loro bisogni.
Questo bellissimo sogno è durato poco ed io mi sono sentita catapultare indietro di decenni. Ed allora ho ricordato quando alcuni dei miei compagni, figli di operai dovevano scegliere forzatamente, pur avendone le capacità, l'avviamento professionale. Quando l'insegnante era colui "che aveva poteri di vita o di morte nei confronti dell'alunno" ed anche di certi ingenui e semplici genitori. Di quando era lui il barone distaccato da tutti, che sedeva sopra un trono per dettare quelle regole che bisognava incondizionatamente rispettare: derisioni, punizioni corporali, umiliazioni che ti lasciavano il segno per tutta la vita. Passati gli anni anch'io sono diventata un'insegnante. Ho commesso anch'io errori, ma ho giurato a me stessa che non avrei mai dovuto assomigliare a quei "docenti" che avevo incontrato sul mio cammino e che molte volte avevano fatto del male ai miei compagni ed indirettamente a me. Ci sono riuscita? A volte sì, a volte un po' meno, ma un fatto è certo, ho lottato con tutta me stessa perchè gli alunni, ricchi o poveri fossero rispettati. Questa è in fin dei conti la scuola che ho voluto e voglio. La scuola doveal centrodel processo educativo c'è l'alunno che viene aiutato sia dagli insegnanti che dalla famiglia e dall'ambiente in cui vive. Viene aiutato perchè diventi una persona matura,sicura, autonoma, preparata, critica che trovi nella società la sua giusta dimensione. Che non si senta frustrata, delusa, che sappia sempre far valere i suoi diritti, ma che sia rispettosa anche di quelli che sono i suoi doveri. Che non cerchi di perseguire i corrotti, nè i corruttori, ma valuti con ponderazione situazioni e fatti, secondo la sua coscienza. La scuola che si sta propinando, questa società, questo mondo, a mio avviso non sono certamente consoni affinchè un domani vengano formati uomini e donne onesti, leali e preparati al rispetto, alla tolleranza ed alla diversità come fonte di ricchezza. I minori imitano ciò che vedono attorno a loro e di conseguenza anche gli insegnanti, con cui forse trascorrono più tempo che non con le famiglie. Pertanto ritorniamo sui nostri passi, osserviamo più attentamente ciò che avviene attorno a noi e non cerchiamo di compiere delle ingiustizie gratuite: lasceremmo un pessimo ricordo e, forse dovremmo cambiare mestiere, oltretutto anche perchè non siamo neanche ben pagati.
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